Paolo Conti, Corriere della Sera 14/12/2014, 14 dicembre 2014
LETTERE A BABBO NATALE
«Caro Babbo Natale». Una volta nella vita è capitato a tutti. La lettera, la speranza, l’attesa. Sempre sul filo del ci credo-non ci credo. Benedetta (niente città e cognomi, ovviamente, sono dati personali) ha una grafìa sicura da adolescente e scrive a Babbo Natale, in realtà a se stessa, e confessa il suo amore per Rocco: «Un ragazzo bellissimo, ha un sorriso che fa invidia al mondo, ha una risata che vorrei sentire tutti i giorni, ha quegli occhi che guarderei tutta la vita». Babbo Natale, voglio Rocco. È lui il regalo che chiedo.
Ogni anno Poste Italiane raccolgono le lettere impostate per Babbo Natale. Quest’anno ne sono già arrivate 70 mila e Poste Italiane contano di chiudere il 2014 a quota 130 mila. Ogni missiva avrà una risposta, un prestampato firmato «Babbo Natale». In più è stata creata una app in cui i bambini potranno curare la crescita di un albero virtuale contribuendo alla messa a dimora di uno vero.
Navigare tra le lettere è un viaggio nell’Italia di oggi, tra allegrie, speranze e capitoli di disperazione. Daniele scrive dalla Sicilia e ha idee chiare e bellicose: «Caro Babbo Natale, vorrei una lupara, un incrociatore e un fucile a pompa». Ma il disegno dell’albero è pacificamente pieno di colori e luci. Samuele mischia problemi e giochi: «Vorrei una sorellina, un lavoro per papà, una casa, i giochini di Spiderman, le tartarughe Ninja». Un’altra Barbara chiede regali per una sfilza di cugini («Martina ha solo 7 mesi, andrebbe bene un pupazzo morbido, scegli tu», «Francesco e Alessandro sono fratelli, potresti portargli lo stesso gioco?») ma non si occupa di se stessa, nemmeno in una riga. Un famiglia gioca con ironia. Thomas, 5 anni, detta la lista dei desideri al papà («fucile con pompa, l’allegro chirurgo...»), la mamma Serena si accoda («una scopa a vapore e un massaggio completo dall’estetista»), infine il papà Luca («Visto che sono stato bravissimo e mia moglie porta alla luce un altro bambino, vorrei... che non rompete più le scatole, gabinetto per il bagno ancora da fare, bottiglione da 5 litri di Cà del Bosco»).
Poi c’è il capitolo amaro, che è una parte della vita. Vittoria racconta del suo tumore e della chemio: «Fai star bene tutta la mia famiglia, perché hanno sofferto molto per starmi vicina, ma io faccio vedere tutti i giorni che sto bene e loro sono contenti». Giovanni è adulto, scrive da Genova, spinto chissà da quale impulso, forse affidare all’ignoto un peso insostenibile: «Sotto l’albero portami un negozio nuovo, avevo un esercizio che serviva un intero quartiere, ora è solo fango e polvere, con me lavoravano tanti bravi operai che non hanno più lavoro, nessuno ci ha dato una mano...».
Simone chiede a Babbo Natale un lavoro: «Da due anni la mia fabbrica ha chiuso, sono tornato a vivere da mia madre con mia moglie e mia figlia, la crisi mi ha tolto tutte le speranze, aiutami a ritrovarle». Teresa un lavoro per il marito che vorrebbe emigrare: «Io pulisco le case altrui ma non basta, trovaglielo qui, il lavoro, non voglio lasciare l’Italia che amiamo tantissimo». Emma, «ex bambina cinquantenne», chiede a Babbo Natale «di regalare anche a noi adulti un po’ di innocenza per credere che sulla slitta trainata dalle renne possa ancora viaggiare la speranza in un futuro». Grande Emma. Sei tutti noi.