Giulio De Santis, Corriere della Sera 14/12/2014, 14 dicembre 2014
POSSESSIVO, VIOLENTO, PRONTO ALLA FUGA IL FIDANZATO DI FEDERICA VISTO DAL GIP
ROMA Un ragazzo con un’«indole violenta» che, consapevole della gravità della situazione, pensava di fuggire. Usa una frase stringata il gip per descrivere Marco Di Muro, il 25enne arrestato con l’accusa di aver annegato la fidanzata Federica Mangiapelo nel lago di Bracciano la notte dell’1 novembre del 2012. Rimane oscuro, in ogni modo, il motivo del litigio che lo avrebbe spinto ad affogare la sedicenne. Lui, per adesso, si dichiara innocente, ma non aggiunge altro. Non fornisce spiegazioni, non è collaborativo.
La storia giudiziaria ricalca la personalità introversa di Di Muro. C’è una parola pronunciata più volte da chi l’ha visto crescere e che spiega meglio di ogni altra definizione chi sia il presunto assassino di Federica: un antipatico. Un sentimento che accumuna chiunque lo abbia conosciuto. E, infatti, non si ricorda una sola dichiarazione di solidarietà o di difesa per questo ragazzo, fin da piccolo relegato ai margini dai suoi stessi coetanei.
Prima della morte di Federica, Di Muro aveva un lavoro in un bar e aveva qualche amico con cui andare a una festa o bere una birra. I conoscenti lo descrivevano come una persona chiusa, talvolta aggressiva, ma mai violenta. Anche il rapporto con Federica si muoveva sulle note dello stesso spartito. Lui si limitava a sillabare qualche parola, mentre lei era chiacchierona.
La storia, però, stava per concludersi perché Marco era diventato possessivo. Non voleva che Federica uscisse con le amiche e la obbligava a indossare vestiti che celavano la sua femminilità. La tragedia ha moltiplicato i lati oscuri del carattere di Di Muro che, fin dal momento successivo al decesso della ragazza, ha cominciato a vivere come un fantasma. I pochi amici sono scomparsi senza che lui abbia mai fatto qualcosa per evitare questa deriva. Ha perso il lavoro di barista e, al tempo stesso, non si è ingegnato per trovare una nuova occupazione. Da due anni trascorreva intere giornate solo nella camera della casa a Formello. Ad Anguillara o Bracciano nessuno ricorda di averlo visto passeggiare da quella notte dell’1 novembre del 2012. Il padre di Federica, Luigi Mangiapelo, l’ha sempre indicato come l’assassino. «È stato una persona ambigua, era debole con me e aggressivo con la madre di Federica», ha ricordato più volte.
L’incapacità di Di Muro di crearsi un ambiente favorevole è emersa nello scorso aprile, quando sul suo profilo Facebook si rivolse direttamente al papà e alla mamma di Federica: «Se un giorno mi andasse di parlare farei uscire i pessimi genitori che siete realmente e neanche mi farei pagare per farmi intervistare, perché io non ce mangio sopra alla morte de mi’ figlia». Affermazioni quantomeno inopportune dalle quali sentirono di dover prendere le distanze senza indugi addirittura i suoi avvocati, Cesare Gai e Massimiliano Sciortino. Malgrado il fastidio che ha saputo generare verso la sua figura Di Muro era sempre rimasto ai margini dell’inchiesta, al punto che la procura aveva chiesto l’archiviazione del caso, respinta solo grazie all’intervento di Andrea Rossi, legale dei Mangiapelo. Scavare sulla morte di Federica d’altronde significava anche studiare la personalità del ragazzo. Con il quale nessuno voleva avere rapporti.