Carlo Giorgi, Avvenire 14/12/2014, 14 dicembre 2014
OLMI: «LA MIA TERRA PROMESSA»
Maestro del cinema, autore di indimenticabili pellicole, da poco nelle sale con il suo ultimo film dedicato alla tragedia della prima guerra mondiale, per Olmi la Terra Santa, che pure fa da sfondo a tante sue opere, è ancora una meta da conquistare. Il sogno di un prossimo film che prenda spunto dal “Cantico dei cantici”.
«Prima di arrivare all’arcobaleno della mia vita, mi piacerebbe andare, chi lo sa, una volta, a vedere quei luoghi… ». Desiderata, sognata, addirittura già raccontata dall’obiettivo della sua cinepresa; ma non ancora conosciuta di persona. È una terra promessa come quella narrata dalla Bibbia, la Terra Santa del maestro del cinema italiano, Ermanno Olmi. Acuto conoscitore delle Scritture, credente dalla fede profonda e problematica, Olmi fino a oggi non è mai stato in Terra Santa. Ciò nonostante, la culla dei tre monoteismi è un luogo caro alla sua umanità: a Gerusalemme ha grandi amici come lo scrittore David Grossman; e alla Terra Santa ha dedicato film importanti tra cui Camminacammina (sul viaggio dei Re Magi alla ricerca del Salvatore, girato nel 1983) e Genesi: la creazione e il diluvio (del 1994).
Non l’ha mai vista, ma quando ne parla, la storia prende magicamente forma: «Ma come avranno fatto a immaginare il racconto della Creazione? – si domanda sbalordito –. I primi recensori della nascita del mondo erano pastori analfabeti. Però stavano tutte le notti là, sdraiati, con una pietra sotto la testa, a guardare queste lanterne del cielo... Credo che abbiano tentato di scovare il Supremo Artefice dentro alla loro conoscenza oggettiva, in questo caso i cieli, che narrano le origini del mondo. Oggi la nuova religione del mondo è la scienza. Ma la scienza, puntualmente, anche quando lo vuol negare, in realtà afferma tutto ciò che è stato intuito dalle Sacre Scritture. Ecco, i primi 11 numeri della Genesi sono una cosa incredibile; è un mistero come la ricerca del mistero di quegli uomini sia riuscita a tanto! », e il maestro ride.
La Bibbia parla spesso del rapporto dell’uomo con la terra; terra da attraversare e conquistare, terra promessa e che dà sostentamento. Anche nei suoi film si parla spesso di questo tema.
«La terra produce il cibo per l’uomo. In Genesi Dio ha detto in maniera chiara e definitiva qual è questo cibo: “La terra produca germogli, erbe che producono se me e alberi da frutto, che facciano sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la sua specie”. Non ha detto “ammazza il capretto”, l’uomo dovrebbe essere legato a questo comandamento. Allora l’uomo ha diritto, assoluto e inalienabile, ad avere la terra necessaria a produrre il proprio cibo. In questa prospettiva, il possesso delle terre da parte di potentati è un crimine, perché nega agli uomini la possibilità di sopravvivere, affama i popoli togliendo loro ciò di cui hanno diritto per disegno divino per motivi naturali.
Un altro delitto poi è la degenerazione dei comportamenti: ci sono colture estensive di mais sottratte all’uomo per produrre carburante. Per il profitto si porta via il cibo all’uomo! Si commettono peccati, che sono un crimine verso chi soffre e una bestemmia nei riguardi di Dio. Allora, se questi peccati sussistono, non vorrei che la Terra Santa per alcuni fosse un po’ come certe confessioni dove si andava per dare una lustratina all’anima...»
Il pellegrinaggio in Terra Santa come un modo per lavarsi la coscienza?
«Penso che si debba sempre ricominciare da san Francesco, che dice: “Ecco io mi spoglio di tutto”. A volte mi sembra che quello che gira intorno alla Terra Santa sia più un business che un fatto di fede… Invece fa bene ad andare in Terra Santa chi ha curiosità “belle” e desidera mettere a confronto la fede con il dato storico.
La fede non ha bisogno per forza del dato storico, chiarito ed esplicitato. Però è bello quando trovi che la fede, il rapporto tra l’intimo di un individuo e il trascendente, trova riscontro anche nelle cose. A chi guarda con questa curiosità viene in soccorso la stessa realtà oggettiva».
Dopo Genesi, quale altra storia della Bibbia le piacerebbe raccontare con un film?
«In assoluto il Cantico dei cantici. Il Cantico è un testo erotico. Ha nel sottotesto, perfettamente individuabile, tutto un rinvio all’erotismo amoroso. Quindi all’esaltazione del corpo, del maschio e della femmina, che si sublimano nel rapporto sessuale. E mi piacerebbe farlo, poiché l’erotico è predisposto dalla natura perché l’uomo e la donna si cerchino; fare dell’erotismo cioè una storia d’amore e non un fatto di “usa e getta”. Se qualcuno l’ha inserito nelle Sacre Scritture ci sarà un motivo! E il motivo è proprio questo: non abbiate paura dell’erotismo, perché è nella Creazione. Però anche questa, come ogni cosa, vale solo quando è onesta. L’onestà non è la virtù degli sciocchi. L’onestà è forse l’unica via per mettere in atto le nostre legittime curiosità.
Quindi anche quando si fa una ricerca, dentro argomenti importanti come questi, se non c’è l’onestà della domanda, non c’è neppure l’onestà della risposta. E allora tutto è vanità».
Girerebbe invece un film sul conflitto arabo-israeliano, sulla Terra Santa di oggi?
«Credo di no. Ricordo quando ogni anno, a Natale, andavo a salutare il cardinal Carlo Maria Martini, allora arcivescovo a Milano; lui mi diceva: “La prima cosa necessaria per la pace, è una pace vera tra Israele e Palestina. Finché lì ci sarà la guerra, non ci sarà pace nel mondo”. Se c’è una via per realizzare la convivenza tra i popoli, la condizione che non si può prescindere è quella dell’onestà. Coloro che comandano gli Stati, però, onesti non sono. A volte fingono la disponibilità alla pace, ingannandoci. Cosa c’entra tutto questo con quelle pietre testimoni di un passato di cui ancora oggi siamo qui a parlare? Proprio su quelle pietre hanno camminato, ragionato, combattuto opposti interessi: finché pensavano che questo giovanotto ribelle compisse miracoli, correvano tutti da lui; poi, quando hanno capito che i miracoli che Cristo compiva erano di altro genere, erano i miracoli dell’amore, beh, allora hanno pensato: non mi serve… e poi Cristo ammoniva tutti e condannava i trasgressori dell’onestà. Allora, questi trasgressori dell’onestà quando hanno capito che l’impegno era che loro stessi diventassero onesti, hanno preferito Barabba».
Il suo ultimo libro si intitola «L’apocalisse è un lieto fine».
«Nell’Apocalisse è scritto: “Fuori i cani, gli stregoni, i fornicatori, gli omicidi, gli idolatri e chiunque ama e pratica la menzogna” (Apoc. 22, 15.21). E quando se ne andranno, comincerà una nuova era per l’uomo. Infatti l’Apocalisse è la storia di un castigo perché l’uomo torni libero, con un nuovo slancio nella vita. L’Apocalisse non è una storia di morte, ma una storia di vita. Purtroppo nel tempo questo libro ha assunto solo il significato della condanna. Ma questa è per arrivare alla rinascita (si corregge), alla resurrezione. “Non ci sarà più lamento, né lutto, né affanno perché le cose di prima sono passate”, è scritto. È questo cos’è se non una resurrezione? »