Notizie tratte da: Alberto Angela # I tre giorni di Pompei # Rizzoli 2014 # pp. 496, 20 euro., 14 dicembre 2014
LIBRO IN GOCCE NUMERO 17 (I
tre giorni di Pompei)
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DUE ORE PER FUGGIRE POMPEI –
Somma. All’epoca di Pompei il Vesuvio non esisteva ancora. A distruggere Pompei, Terzigno, Ercolano, Boscoreale, Oplontis e Stabia è stato un altro vulcano, molto più antico, che si trovava nello stesso punto: il Somma.
Dimensioni. Il Vesuvio che vediamo oggi s’innalza esattamente al centro dell’antico cratere del Somma. Fu proprio l’eruzione del 79 d.C. a dare inizio alla sua crescita. Ma impiegò secoli a raggiungere le dimensioni attuali. In alcuni affreschi medievali che raffigurano san Gennaro con il Vesuvio alle spalle lo si vede ancora più piccolo del Somma.
Vesuvius. I romani non chiamavano l’antico vulcano Somma, come facciamo noi oggi, ma Vesuvius o Vesbius e poi hanno trasferito questo antico nome al nuovo cono. Quindi dovremmo parlare di Vesuvius al tempo di Pompei e di Vesuvio in seguito.
Nascosto. I romani, guardando il Vesuvius, vedevano un ampio monte basso e lungo, pianeggiante al centro e con qualche rilievo lungo i margini. A rendere ancora più nascosta la sua vera identità contribuiva la copertura creata da boschi, vigneti e campi coltivati.
Studiosi. Alcuni studiosi di epoca romana avevano compreso la reale natura del luogo: Strabone, famoso geografo greco morto cinquant’anni prima dell’eruzione, aveva intuito la vera identità di quel rilievo, perché si era accorto che, pur avendo sulle pendici dei fertili campi coltivati, in alto era piatto, arido, con tonalità color cenere e con frequenti caverne e spaccature tappezzate di rocce che sembravano addirittura bruciate. Concluse che in passato in quest’area doveva esserci stato un vulcano che poi si era spento. Anche lo storico Diodoro Siculo era giunto alla stessa conclusione un secolo prima dell’eruzione che distrusse Pompei.
Botto. Al momento dell’eruzione un gran botto, a cui ne seguono altri minori di tanto in tanto, ed esplosioni freatiche causate dall’interazione tra il magma in risalita e l’acqua del sottosuolo. Dopo l’esplosione iniziale (che ha infranto il muro del suono), la colonna eruttiva non produce alcun rumore.
Fuga. Secondo gli studiosi, per riuscire a sopravvivere all’eruzione era necessario fuggire entro le prime due o tre ore.
Crolli. A Pompei i primi crolli sono cominciati quando lo strato di pomici ha raggiunto i quaranta-cinquanta centimetri sulle terrazze e i tetti delle case.
Valanghe. Il getto che esce dal vulcano, diventato troppo pesante per spingersi verso l’alto, inizia a scivolare lungo i pendii: si tratta di micidiali valanghe ustionanti, velocissime e mortali. A Ercolano attraversano la città in due, massimo tre secondi.
Morti. Morti stimati tra Ercolano, Pompei, Stabia, Oplontis e Terzigno: tra i 15 e i 20mila.
Giorgio Dell’Arti, Domenicale – Il Sole 24 Ore 14/12/2014