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 2014  dicembre 14 Domenica calendario

LE FATICHE DI NIBALI TRA ASTANA E SATANA

Papa Francesco in che ruolo potrebbe giocare? Ne parliamo più in là. Maiora premunt, come direbbero in Finlandia. Ma si resta sempre nel campo della fede. Google ha creato l’indice della felicità e il Washington Post ne ha ricavato un grafico. Repubblica ne ha scritto lunedì, io ho dovuto aspettare il sabato perché non sono cose da trattare alla leggera. La felicità, hai detto un prospero. Google Trends individua le tendenze online e ha stabilito quanto segue: i mesi più felici sono quelli delle vacanze. Ci siete rimasti di sale, no? Anch’io. Ero convinto che si stesse meglio lavorando come bestie. Altra tendenza: i giorni migliori sono sabato e domenica. E chi l’avrebbe mai detto? I momenti migliori: Natale e Capodanno. Siamo lì lì ma non Marleen: approfittiamone. Anche perché poi butta male, giusto un picco di felicità intorno a San Valentino (ah, l’amour) e a lungo saranno pianti e stridor di denti, ossia ansia, stanchezza, depressione, con un’impennata di buon umore a Pasqua (altra sorpresona), fino all’esplosione di felicità nell’ultima settimana di luglio.
Felicità mia no di certo perché nell’ultima settimana di luglio finisce il Tour.
La prima semmai, ma solo quando parte in terra francese e ha un percorso coinvolgente. Quindi, una croce sull’edizione 2015: due rette parallele, una chiavica (voto 2). Ci andrò per vedere l’effetto che fa, come nella canzone di Jannacci. E perché ci sarà Nibali, dacché l’Astana ha avuto disco verde dall’Uci, ma ha rischiato grosso. Non perché Satana è il suo anagramma ma perché tanti o troppi suoi tesserati hanno ciucciato il biberon del doping. Capisco il fastidio di Nibali che quest’anno si è sentito ogni giorno la stessa domanda (sul doping, sull’Astana, su Vinokourov) e nel 2015 la sentirà di nuovo. Quando uno risponde per sé, oggi e in ogni campo, è già molto. Nibali pensi che rispondere fa parte degli obblighi contrattuali. Quanto a me, quando avrò capito come comunicare il mio stato d’animo a Google Trends, farò sapere che un mercoledì di novembre a Roubaix, sotto la pioggia e senza ombrello, mi sono sentito totalmente, suinamente felice. E dovranno prenderne atto.
Prendiamo atto che il ct Conte il papa lo farebbe giocare «davanti alla difesa, dove sta il cuore della squadra». Padre Georg Gaenswein, Prefetto della Casa Pontificia, elogia Conte: «Vedo la Nazionale in tv e noto una grande passione e la convinzione di essere una grande squadra quando gioca d’insieme». La vedo anch’io in tv ma mi manca la fede, forse. Coraggioso, padre Georg: «Sono andato per la prima volta all’Olimpico in occasione di Roma-Bayern». Frase che non aumenterà l’affetto dei tifosi romanisti. E infine, sul ruolo del papa: «La penso come Conte. Non potrebbe essere un attaccante, è un eccellente libero che ha anche la capacità di inserirsi in zona d’attacco». Davanti alla difesa, una volta giocava Falcao e oggi molti cagnacci, non darei questo ruolo a Francesco. Libero con licenza di attaccare? Suggestivo, ma oggi i liberi — peraltro estinti con questo nome — vanno avanti solo sui calci da fermo. Se un difensore può attaccare, un attaccante può difendere. Francesco meriterebbe l’1 sulla schiena, come Ardiles, e la libertà del 10 tradizionale. Potrebbe tirare calci d’angolo, di punizione e di rigore. Sarebbe quello cui passi il pallone e ci pensasse lui, altre speranze non ci sono. Ricordarsi, però, che questo papa non gioca a zona ma a uomo. Parla a tutti e a ciascuno. Sarebbe sprecato, da libero.
Dai liberi ai libri. Precedenza a Gaia Piccardi, giornalista del Corsera, perché i suiveurs sono in calo ma per contare le suiveuses basta una mano, anzi due dita. Oltre alla cara Alessandra De Stefano, che tra le bici è di casa, al Tour 2014 c’era Gaia, esordiente. Se l’è cavata bene e dall’esperienza è nato un libro: “Giallo Francia”(ed. Polaris). Pedalata leggera, occhi curiosi. S’è accorta ben presto che per gli inviati al Tour il problema non è costituito dai servizi da spedire, ma da quelli più prosaici da frequentare, tanto più in cima a una montagna. Ancora ciclismo, più lontano. Mauro Parrini, “Pietro Chesi il ciclista in camicia nera” (ed. Mursia). Il controcanto riguarda Binda, che il regime mai amò. Chesi, detto Pelo per l’abbondante capigliatura, fascista convinto, usciva da una famiglia di boscaioli di Gambassi, in Val d’Elsa. Correva da isolato, più istinto che ragionamento in sella. Vinse una sola corsa tra i professionisti: la Milano-Sanremo del 1927. Andò in fuga prima di Tortona, non se lo filò nessuno perché nessuno era considerato lui e nessuno, neanche Girardengo, aveva vinto a Sanremo partendo da tanto lontano. Chesi tenne, arrivò con 9’ su Binda e Piemontesi. L’11 agosto 1944 Binda compie 42 anni e ne vivrà altrettanti. Quello stesso giorno, vicino a Palazzo Vecchio, i partigiani mettono al muro Pietro Chesi, detto Pelo, e parte la raffica.
Gianni Mura, la Repubblica 14/12/2014