Massimo Lopes Pegna, La Gazzetta dello Sport 13/12/2014, 13 dicembre 2014
GALLINARI NON SA PERCHE’ NON GIOCA
Gallinari, è stato fuori nell’ultima partita per infortunio. Come sta? «Ho preso una botta all’interno del ginocchio — racconta Danilo —, quello buono andato in iperestensione. Ho provato a giocarci sopra per quattro gare. Invece, l’altra sera ho deciso di fermarmi e starò a riposo per qualche altra giornata. Preoccupato? No, non ci sono danni strutturali: è solo una contusione».
Due partite da titolare su 21: spiegazioni?
«Non mi è stato spiegato. Non credo che c’entri il ginocchio, perché fisicamente sto bene. Bisognerebbe chiedere all’allenatore. Ci ho parlato, ma temo che la situazione rimarrà questa. E’ il modo in cui vuole gestire la squadra e me».
Cioè preferisce farla partire dalla panchina, anche quando sono fuori diversi giocatori per infortunio?
«Esatto, nell’ultima settimana eravamo in dieci contati per tre partite consecutive. Semplicemente, vede Wilson (Chandler) in quintetto».
Giocando meno minuti, le statistiche non possono essere straordinarie, anche per colpa di un po’ di ruggine al tiro. E’ questo il problema? C’è un modo per fargli cambiare idea?
«Ho fatto tante buone gare, con ottimi numeri. Riguardando i video con i vice-allenatori, nonostante la mira, per il minutaggio che faccio sono cifre discrete e migliori di chi sta in campo più di me. L’unica cosa che posso fare è impegnarmi al massimo e lo sto facendo»
Dipende dagli schemi di coach Shaw, che si adattano meno alle sue caratteristiche?
«Ma il problema è proprio questo: dovessi descriverle come giochiamo, non saprei da dove cominciare. Cambiamo ogni volta, in questo momento non abbiamo un nostro marchio di fabbrica. Io sono versatile, uno che può adattarsi a qualsiasi tipo di modulo: insomma, una soluzione per me dovrebbe sempre esserci. Naturalmente nelle ultime gare ho giocato talmente poco, che risultare decisivi in quegli scampoli la vedo dura. E il ginocchio non c’entra, non ho più limitazioni di tempo».
A Denver c’è malumore, c’è il rischio che salti la panchina di Shaw?
«Sicuramente non si trova in una situazione facile, perché le aspettative erano altre. Invece, abbiamo avuto una partenza difficile. Se ce l’hai a Est magari riesci a recuperare, a Ovest non sarà semplice».
In città qualcuno rimpiange l’ex George Karl.
«Normale, con lui sono stati nove campionati importanti. Non hanno mai vinto, ma la gente si è divertita. A me piaceva molto, il mio salto di qualità nella Nba l’ho fatto con lui. Dunque ho proprio un bel ricordo».
In certe partite, i Nuggets di Shaw ricordano quelli di Karl.
«Vorrebbe giocare con quel sistema lì. Ma non sta funzionando granché. Quando una squadra attraversa periodi di alti e bassi come la nostra, ci sono tante ragioni, non una soltanto. Bisognerebbe creare un’identità più precisa in attacco e difesa. Minutaggi e ruoli stabiliti. Nei team vincenti si fa così».
Non è un gran momento per noi italiani: Bargnani infortunato a New York, Datome in panchina a Detroit.
«No, non è un periodo facile: si può solo migliorare. Spero che saremo tutti al massimo quest’estate in Nazionale».
A proposito, sorteggio sfortunato. Gruppo con Spagna, Germania, Serbia e Turchia.
«Ma alla fine per vincere le medaglie devi comunque scontrarti con le più forti —ride —. Prima o dopo ha poca importanza. Non è un girone agevole, ma se hai obiettivi di un certo tipo non bisogna preoccuparsi troppo».
Qualche team che l’ha sorpresa a Ovest?
«Non pensavo che Memphis potesse fare così bene. Avrei detto i playoff, ma un inizio con il botto non me l’aspettavo».