Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  dicembre 13 Sabato calendario

IL POSTINO SUONERÀ SEMPRE MENO

Torna la posta ordinaria, ma il portalettere suonerà sempre di meno alla porta di casa. E soprattutto aumenteranno i prezzi delle affrancature. Per le Poste si annuncia una nuova rivoluzione, figlia del nuovo contratto di programma e del nuovo piano industriale che il nuovo ad Francesco Caio presenterà ufficialmente martedì, primo passo in vista della privatizzazione prevista nel 2015-2016.
Lettere, pessimo affare
Le Poste, nei piani di Caio, devono ritrovare il senso della loro missione, ma soprattutto devono rimettere in ordine i conti. E se non si intervenisse ristrutturando tutto il servizio di recapito nel 2019 il gruppo arriverebbe a perdere per questo tipo di servizi addirittura 2,7 miliardi di euro. Già nel 2013 il recapito ha comportato costi per un miliardo a fronte di un contributo dello Stato che si ferma a 262 milioni contro i 5-600 del 2010. Un’emorragia continua figlia del crollo verticale dei volumi di consegna, scesi del 36% dal 2004 al 2013 con una accelerazione che si è fatta sempre più forte negli ultimi due anni. Nessuno, o quasi, usa più le lettere, soppiantate da mail e ogni altro tipo di comunicazione elettronica. Tanto che dal 1998 al 2013 mentre le spese delle famiglie per servizi di telecomunicazione sono passate da 27,9 a 57,4 euro al mese quelle per i servizi postali sono letteralmente crollate da 6 ad appena 2,3 euro mensili. Di contro le Poste devono mantenere in piena efficienza una struttura monstre fatta di 19 centri di smistamento e 36 mila postini in turno giorno e notte. Avanti di questo passo le Poste sono insomma destinate a diventare di qui a tre anni una «nuova Alitalia» con perdite colossali a carico dello Stato. Meglio dunque intervenire per tempo.
Il governo con gli emendamenti presentati ieri alla legge di Stabilità ha deciso di assecondare i piani di Caio in vista della privatizzazione del 40% del capitale del gruppo da cui si pensa di ricavare 4-6 miliardi. Come prima cosa si è deciso di restituire alle Poste 535 milioni in esecuzione di una sentenza della Corte europea, ma soprattutto sono stati fissati alcuni paletti in vista della definizione del nuovo contratto di programma che sarà siglato entro marzo. Quanto al punto dolente del servizio universale, ovvero gli obblighi di servizio pubblico che ricadono sulle Poste, messo di fronte al bivio se aumentare i contributi o accettare di introdurre una certa flessibilità della consegna il governo, dopo il vertice di giovedì a palazzo Chigi con Renzi, Padoan e Caio, ha dato semaforo verde alla seconda soluzione.
Rischio stangata
Il nuovo piano recapito prevede essenzialmente tre mosse: la reintroduzione della posta ordinaria, cancellata nel 2006 per far posto alla posta prioritaria che prevedeva la consegna urbana in giornata a fronte di un aumento delle affrancature da 45 a 60 centesimi; e dall’altro la differenziazione dei prezzi su cui però si dovrà pronunciare il Garante delle comunicazione. Per la posta ordinaria, che verrebbe consegnata in 4 giorni, si pensa ad un costo di 1 euro per ogni lettera. Per la «nuova prioritaria», attività che verrebbe completamente ristrutturata per realizzare un servizio di eccellenza, con consegna in giornata «stile Dhl», il costo potrebbe invece salire sino a 3 euro. Non è un caso che ieri le associazioni di consumatori Adusbef e Consumatori, di fronte al «pacchetto Poste» presentato in Senato dal governo, abbiamo fiutato l’aria parlando di «stangata».
Postini a giorni alterni
L’altro novità riguarda le modalità di recapito. Che verrà alleggerito e diventerà più flessibile. In pratica la consegna della posta, che oggi (teoricamente avviene dal lunedì al venerdì) avverrà a giorni alterni sino ad un massimo di quarto del territorio nazionale. E tra le ipotesi si parla anche di graduare la frequenza in base al numero degli abitanti: nei grandi centri verrebbe confermata la possibilità di consegna quotidiana e poi a scalare verrebbe via via diradata man mano che si riduce il bacino di utenza. Mossa non indolore anche dal punto di vista occupazionale, ma le Poste hanno già smentito le stime della Cisl che nelle scorse settimane parlava di 17-20 mila esuberi. I numeri però sono lì a dire che la ristrutturazione è di fatto «inevitabile». In generale l’idea di Caio è quella di riposizionare il gruppo, la più grande impresa pubblica italiana con ben 143 mila dipendenti, per rimetterlo realmente al servizio del Paese, trasformando questo gigante che oggi si regge soprattutto sulla raccolta del risparmio e le polizze vita in quella che viene definita una «piattaforma per la modernizzazione del paese», «azienda sociale» e al tempo stesso anche «di mercato».
Paolo Baroni, La Stampa 13/12/2014