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 2014  dicembre 13 Sabato calendario

BINGO, KEBAB E LAVANDERIE IL PAESE DOVE TUTTO È VIETATO

In centro, vietati friggitorie, kebabberie, pita gyros, sex shop, centri di telefonia internazionale e di trasferimento di denaro, negozi di «compro-oro», sale bingo, agenzie di scommesse, distributori automatici, lavanderie self service ed «esercizi commerciali con vendita prevalente di prodotti di origine extra Ue». E, anche fuori dal centro, sex shop, bingo e «compro-oro» devono essere ad almeno 700 metri da chiese, scuole, edifici pubblici e cimiteri. Dracone, al confronto, era un lassista.
Solo botteghe
La delibera è stata adottata a Covo, paesino di 4.100 abitanti nella Bassa bergamasca, segni particolari nessuno, principale attrazione la testa di San Lazzaro regalata da Bartolomeo Colleoni e conservata nella chiesa locale, ma purtroppo raramente ostensa. Il legislatore si chiama Andrea Capelletti, agronomo, 27 anni, da maggio sindaco leghista dopo aver stravinto le elezioni (63 e rotti per cento) alla testa di una lista civica. Il bello di tutta la storia è che gli esercizi commerciali che non piacciono al sindaco, in realtà, non ci sono. Già adesso chi vuole sbafarsi un kebab deve spostarsi verso le mille luci di Romano di Lombardia, la metropoli più vicina.
«Ma io non voglio nemmeno che ci siano - spiega lui -. Diciamo che la mia è una misura preventiva. Io a Covo voglio le botteghe tradizionali». D’accordo, sindaco, ma le lavanderie a gettone che male fanno? «Nessuno. Però funzionano senza gestore, quindi non c’è il presidio sociale».
Questo sindaco «no kebab» è un personaggio. Cattolicissimo, simpaticissimo, critica «da destra» Matteo Salvini («E’ bravissimo, va come un treno, ma non vorrei che la Lega dimenticasse le battaglie originarie», insomma la Padania libera) e s’immagina Covo come uno di quei cantoni svizzeri che sembrano sempre appena usciti dalla candeggina: «Vorrei che chi arriva dicesse: ma che bel paesino ordinato!». Però a Zurigo i kebab ci sono: «Lì magari sì. Qui certamente no». E cerca di rivitalizzare il centro storico assegnando aiuti alle «attività tradizionali» e organizzando con una notte bianca che ha avuto un gran successo. Peraltro, visto che fra Covo e Manhattan c’è qualche percepibile differenza, il centro sono, in sostanza, quattro strade.
L’opposizione
In questo quadretto svizzero, gli extracomunitari stonano. Sono circa il 20% della popolazione, soprattutto indiani, romeni e magrebini, molti disoccupati causa crisi. La macelleria islamica ha già chiuso di suo, senza interventi del sindaco. E qualche recente fatto di sangue nei dintorni ha fatto crescere la paura. Il giro di vite di Capelletti, comunque, dà un’idea di déjà vu. L’impressione è che questi sindaci leghisti si ispirino uno all’altro: «Verissimo. Del resto, esiste un coordinamento provinciale».
Nonostante questo, o forse proprio per questo, Capelletti piace a quasi tutti. Basta fare quattro passi (e quindi uscire dal centro) per rendersene conto. Approva perfino Abdelaaziz Chahboun, che proprio bergamasco doc non sembra: «Ma io sono italiano, ho la cittadinanza - dice con orgoglio -. E posso tranquillamente fare a meno del kebab». All’opposizione non resta che protestare. Però Andrea Brambilla, 30 anni, leader della lista civica di centro-sinistra, sulla decisione si è astenuto «perché su alcuni aspetti sono d’accordo. Resta il fatto che in tutta Italia si liberalizza il commercio e qui lo si restringe». Ma intanto la delibera è passata e il kebab non passa. A Covo, solo polenta.
Alberto Mattioli, La Stampa 13/12/2014