Paolo Mauri, la Repubblica 13/12/2014, 13 dicembre 2014
UN VIAGGIO INIZIATICO NEL ROMANZO NON-ROMANZO DI FRANCO CORDERO
La prima cosa che si nota prendendo in mano il ponderoso volume di Franco Cordero (589 pagine) intitolato Toson d’oro è che non c’è mai, né in copertina né all’interno, il termine “romanzo”. E infatti, pur essendo composto da più narrazioni tra di loro intrecciate, un romanzo vero e proprio non è, ma piuttosto un “itinerarium mentis”, che poggia su alcuni accadimenti, ma che, soprattutto, innesta glosse su glosse celebrando una sorta di beatitudine del sapere e della sottile disquisizione.
Tutto muove da un certo Iulius che vive in una soffitta di 49 metri quadri in piazza dei Tigli in una città innominata. La società immobiliare che possiede lo stabile intende vendere gli appartamenti (soffitta compresa), ma Iulius non ha abbastanza denaro, anzi si presenta come persona molto colta ma povera, con qualche risparmio e modeste entrate. Risolverà il problema affrontando ricchi avversari in un torneo di poker. Ora può comprare la soffitta e traslocare in albergo in attesa che si compiano i lavori di restauro. Nel frattempo un suo vicino di casa musicista, che si chiama Kaus, gli ha regalato un biglietto per assistere all’ Orfeo ed Euridice di Gluck dove Iulius conosce Marita sua vicina di poltrona.
Ma allora, dirà il lettore, una trama c’è. Sì, c’è, ma è opportuno dire che la trama non è così lineare e asciutta poiché l’autore non ha affatto fretta di andare avanti: piuttosto indugia volentieri, per esempio, sulla vicenda narrata dall’opera, sui personaggi, sulle loro azioni e valenze simboliche e ancor prima sul biglietto e sul dépliant che riproduce un particolare dal Giardino delle delizie di Bosch. Intanto Iulius racconta e dà voce al proprio alter-ego Fert, protagonista di un romanzo settecentesco che egli stesso sta scrivendo. A pagina 60 Cordero immagina un piccolo processo alla sua prosa. Il-leg-gibile, scandiscono commissari d’ars novissima con un colpo del martello sul banco: costui pretende lettori muniti d’enciclopedie e vocabolari… Cultori del brodo rosa invocano l’ordine pubblico…».
Insofferente del brodo rosa (dunque polemico nei confronti dello spaccio di storie facili) Iulius, a sua volta alter ego del giurista e scrittore Cordero, vagabonda a suo piacere con frequenti stazioni bibliofile (è un esperto di libri antichi e non esita a descriverli comunicando la sua passione anche al settecentesco Fert) e incursioni nel vasto repertorio dei soprusi e abusi di potere spacciati per difesa della vera religione o dell’ordine costituito. Ricostruisce, per esempio, tutta la vicenda di Michele Serveto che Calvino mandò al rogo per aver scritto, tra l’altro, che Gesù nasce umano e diventa poi divino e parimenti ci porta a visitare il vecchio marchese de Sade nella sua lunga prigionia, ragionando ovviamente di edizioni delle sue opere e più volte rivendicando il possesso dei volumi della Pléiade che le contengono. E neppure nasconde, Cordero, che un antenato del marchese, Hugues de Sade detto il Vecchio, aveva sposato Laura de Noves cioè nientemeno che l’immortale Laura del Petrarca.
Dunque beatitudine del sapere, corroborata da molti fantasmi a cominciare dal se stesso bambino: un orfano che sogna di superare esami difficili, oppure il medesimo ormai studente universitario che affronta altri esami risolti cum laude dopo l’avvio sospettoso del professore. Fantasmi come Merlino evocato per la sua incredibile sapienza e padronanza di tutti gli eventi del passato e del futuro, beatitudine del sapere che la musica (jazz, moltissimo jazz, e molto classico) accompagna ad ogni fine giornata, e culto del corpo sano (piscina e sauna) per favorire il lavoro mentale. Di tanto in tanto Marita, partita per l’America senza lasciare indirizzo, viene citata con un sospiro. È palesemente la donna assente dei Trovatori (evocati anch’essi con ampie citazioni) salutata mentre prende il taxi senza che lui abbia il tempo di chiedere l’indirizzo. Se ne annuncerà il ritorno nelle ultime righe, quando la storia si avvia alla fine senza che si possa dire che si concluda. Ancora: in molte pagine affiorano riferimenti visivi, quadri per lo più come il Kirchner (è la Potsdamer Platz ora in copertina) ammirato e perfettamente datato da Iulius in casa del giocatore di poker.
Sì, c’è anche un po’ di esibizione delle proprie molte competenze e in questo senso Toson d’oro è un libro lussuoso. L’“Itinerarium mentis” non ricalca san Bonaventura, che cercava Dio, ma è viaggio comunque iniziatico e il riferimento al vello d’oro e al poema di Apollonio Rodio, tenta di saldare alfa ed omega, poiché Cordero tesse il libro della saggezza che investiga e commenta gli errori e le deviazioni del passato a cominciare dal gran capitolo che riguarda le eresie e dunque processi e roghi, colpa e pena. En passant ricordiamo che l’autore ha al suo attivo anche un saggio su Savonarola.
Come Cordero sa benissimo Toson d’oro non è un libro facile e richiede dunque lettori complici che del sapere sentano la nostalgia e siano disposti a perdersi e a ritrovarsi nella complessità di una storia che fluttua incessante come una marea.
Paolo Mauri, la Repubblica 13/12/2014