Antonio Massari, il Fatto Quotidiano 13/12/2014, 13 dicembre 2014
IL SISTEMA DI VIOLENZA DEL “RE”
Ame non mi frega un cazzo della vita” dice Massimo Carminati ai suoi amici. Piuttosto, ha un progetto per l’eternità e l’ha affidato al suo pollice: “Tanto io mi faccio crema’... e mi faccio butta’ nel cesso...” continua il “cecato” davanti agli amici che ridono “e lascio in giro soltanto un pollice... voglio lascia’ in giro un pollice così, magari, dopo che sono morto... fanno qualche ditata su qualche rapina, su qualche reato, così dicono che sono ancora vivo...”.
Finché è in vita davvero, però, Carminati è a capo di Mafia Capitale e la Procura di Roma non ha dubbi sulla sua forza d’intimidazione. Da un semplice parcheggio al recupero crediti la minaccia della violenza è costante. Mario, il posteggiatore abusivo di piazza Vigna Stelluti, per esempio, considerato il suo mestiere, potrebbe rivelare agli sbirri i suoi spostamenti. E non è il caso. Peraltro, Mario ha commesso l’errore di definire, il “cecato” e i suoi compari, come i “quattro d’oro”. E così, quando parcheggia l’auto, insieme con il suo braccio destro Riccardo Brugia, decidono di fargli un discorsetto: “Mario... guardace ‘na cosa, l’avevi visto da dove siamo scesi? Così se te lo chiedono le guardie glielo dici da dove siamo scesi, glielo dici te alle guardie... vieni qua, mettiti seduto, che gli dici te alle guardie di noi... niente, ma queste battute che fai... quattro uomini d’oro, chi te le dice queste cose, perché fai battute che noi siamo i quattro uomini d’oro...”. E Carminati sottolinea il concetto: “Quattro uomini di piombo... guarda che noi la carta di identità te la famo manda’ dentro al cimitero, quattro uomini di piombo bello mio, stai sempre accorto a quello che dici...”. E se c’è qualcosa che gli “uomini di piombo” non ammettono sono i ritardi nei rientro dei soldi dati a usura. Ne sa qualcosa un tale Riccardo, che chiede soldi al “bancomat” del clan, il distributore di Corso Francia, e deve pagare le sue rate al gestore delle pompe di benzina, Roberto Lacopo. “Robi, m’hanno massacrato ieri sera. Mi hanno picchiato in via Cola... avevi detto che non mi toccavano...”. “Chi io?”, risponde Lacopo, “mica so er Padreterno... Quando uno picchia qualcuno è perché se vede che ha fatto quarcosa, sennò uno non lo picchiano...”. “M’hanno rotto le costole...”, continua Riccardo che, un anno dopo, indebitatosi per 180 mila euro, ha chiesto al “Curto di Montespaccato” di intermediare con il clan di Carminati. Che non la prende bene. Questo comportamento, scrive il Ros dei carabinieri, per Carminati equivale “alla violazione del riconoscimento del potere dell’organizzazione”: “lo ammazzo come un cane... ma magari me viene con qualcuno, glielo dico: entro 48 ore sei morto... ti saluto! ti saluto... entro 48 ore o ti ammazzo io o c’hai un uomo che m’ammazza...”.
Al lido di Ostia, invece, c’è un ragazzo che si comporta in modo “scorretto” con Lorenzo Alibrandi, fratello di Alessandro, uomo dei Nar ucciso nel 1981 durante un conflitto a fuoco. “Ho dovuto annà a cercà da solo ...”, dice Carminati a Brugia, “gli ho fatto fa una cagata... a uno che faceva il malandrino lì sulla spiaggia là, so annato giù...”. Il ragazzo prova a spiegargli di non sapere che Ali-brandi era protetto dal “cecato” e Carminati. Continua a raccontare di avergli risposto: “Invece no, lo sapevi, lo sapevi... che il fratello di quello era un compagno mio... il fratello di quello era un mio compagno che è morto... cane pezzo di merda”. Sui soldi e sul rispetto dei patti, il “cecato” non pare far sconti a nessuno, neanche a Riccardo Mancini, l’amministratore di Eur Spa, in affari con Carminati e il patron delle coop rosse Salvatore Buzzi. Quando Mancini si mostra restio a pagare il dovuto alle cooperative di Bussi e Carminati ecco il commento del boss: “Mo’ o famo strilla’ come un’aquila sgozzata”.
Antonio Massari, il Fatto Quotidiano 13/12/2014