Morya Longo, Il Sole 24 Ore 13/12/2014, 13 dicembre 2014
LA GERMANIA VINCE SUI TASSI, MA PERDE QUOTA IN ECONOMIA
In Germania lo Stato paga un tasso d’interesse dello 0,63% per emettere debiti decennali. Ennesimo record storico. Fino alla scadenza dei quattro anni, i rendimenti dei titoli di Stato tedeschi sono addirittura sotto zero: questo significa che gli investitori pagano pur di avere l’onore di prestare denaro alla Germania. E i mini-rendimenti non sono storia recente:?ormai è da anni che la Germania gode di questo vantaggio rispetto agli altri Paesi europei. Idem per le imprese, che beneficiano di questa immensa fiducia che gli investitori ripongono sul loro Stato. Per non parlare della Borsa di Francoforte:?settimana scorsa ha registrato il suo ennesimo record storico.
Eppure la Germania sembra non riuscire a sfruttare questo enorme vantaggio competitivo per diventare la vera locomotiva economica europea. Ha il vento a favore, ha un sistema economico solido, ha tutte le carte in regola, ma non riesce a svettare veramente. Infatti il Pil tedesco è calato dello 0,2% nel secondo trimestre per crescere di appena lo 0,1% nel terzo: la Commissione europea prevede un misero +1,3% nel 2014. L’alibi di questi numeri deludenti viene spesso cercato nella domanda estera: la crisi in Russia e il rallentamento globale pesano sulle esportazioni tedesche. Questo è vero. Ma solo in parte.
Perché la Germania delude anche sul fronte interno. «I dati più recenti - sottolineano gli economisti di Rbs - suggeriscono debolezza anche sul fronte della fiducia e della domanda interna». Per non parlare degli investimenti delle imprese, diminuiti del 2,27% nel secondo trimestre. Ancora peggio quelli pubblici, che - secondo il Fondo monetario - sono negativi in termini netti dal 2003: questo sta erodendo la pur forte competitività tedesca. Il Governo ha annunciato un piano di investimenti pubblici, ma lo sforzo - calcola Rbs - è appena dello 0,1% del Pil annuo. Così, nonostante l’enorme vantaggio che ottiene dal mercato, la Germania fatica a mantenere competitività.
È un’analisi di Commerzbank, basata sui dati del rapporto «Doing Business» della Banca mondiale, a dimostrarlo: nella classifica sulla facilità di fare impresa, Berlino arretra in termini relativi in Europa. Perché negli ultimi anni sono migliorate notevolmente le posizioni di altri Paesi europei, anche periferici: per esempio Portogallo e Irlanda. Anche sul fronte della competitività nei prezzi la Germania perde vantaggio: il costo unitario del lavoro infatti sale, tanto che - prevede Commerzbank - tra cinque anni Parigi raggiungerà Berlino su questo fronte.
Per non parlare delle banche. Il sistema creditizio resta il più frammentato d’Europa (nel Paese ci sono 1.813 diversi istituti): questo riduce le economie di scala e l’efficienza. Infatti soprattutto le piccole Sparkassen e le Landesbanken non hanno più redditività:?l’Fmi calcola che nel periodo 2000-2009 il Roe medio si sia fermato allo 0,8% per le prime e al 3,6% per le seconde. Per questo l’Fmi ritiene che le banche tedesche saranno costrette a riformarsi. Per non avvizzire. Insomma: la Germania vince su tutti, ma dietro lo splendore finanziario perde il vantaggio nell’economia. Perché mentre pretende riforme da tutti, rimanda le proprie.
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Morya Longo, Il Sole 24 Ore 13/12/2014