Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  dicembre 13 Sabato calendario

LE DUE FACCE DEL CROLLO DEL GREGGIO

Continua la caduta dei prezzi del greggio, con il Brent che si avvicina ai 60 dollari per barile (e il Wti crolla a 58), soglia non raggiunta dal luglio 2009, quando la crisi finanziaria, innescata dal fallimento Lehman del settembre 2008, aveva innescato un tonfo analogo. Oggi, invece, sono più i fondamentali e la politica che alimentano il ribasso, in particolare l’Arabia Saudita che non vuole fare spazio a un probabile ritorno dell’Iran, dovessero essere tolte le sanzioni sul nucleare. Già nel 1985, nel 1988, nel 1998 si comportò così, sempre per non perdere quote di mercato a favore dei suoi concorrenti storici più importanti e minacciosi, Iraq o Iran. Per questo la caduta potrebbe durare più a lungo. L’ultima volta, nel marzo del 1999, ci volle una minaccia di prezzi a 5 dollari per riportare a maggiore saggezza sia Riad che gli altri membri Opec. In Iraq, paradossalmente nonostante la frammentazione politica, la produzione sarà di nuovo verso il picco storico di 3,7 milioni di barili al giorno. In Iran la produzione è ferma a 2,6 milioni di barili, ma in caso di fine delle sanzioni potrebbe quasi raddoppiare nell’arco di pochi mesi.
Per tutta l’economia mondiale l’effetto complessivo del crollo è positivo, al di là delle consuete lamentele della finanza. Il calo di 50 dollari, rispetto ai 110 dollari su cui si era stabilizzato negli ultimi anni, rappresenta un risparmio, sui 4,2 miliardi di tonnellate di petrolio consumati all’anno, di 1700 miliardi di dollari, circa l’1,5% del Pil mondiale. Soldi questi che finiranno soprattutto nelle tasche degli automobilisti, nel mondo quasi un miliardo, e che saranno più bravi nel spenderli, per attivare l’economia globale, rispetto ai gestori dei ricchi fondi sovrani dei Paesi produttori.
In passato, proprio le cadute del prezzo del greggio, sempre del tutto inaspettate, furono una dei principali elementi a sostegno di cicli espansivi molto sostenuti e che oggi sembrano quasi un miraggio, in particolare per l’Europa. L’Italia, nonostante la caduta dei consumi e la crescita delle rinnovabili, ha una dipendenza da importazioni di energia ancora intorno all’80%, una delle più alte in assoluto fra i Paesi industrializzati. Queste riguardano soprattutto petrolio e anche gas, i cui prezzi sono ancora in parte legati al barile. La bolletta energetica quest’anno viaggia intorno ai 53 miliardi di euro e, dovesse il prezzo del petrolio rimanere su questi livelli, il risparmio sarà di 13 miliardi di euro, circa l’1% del Pil, musica per l’asfittica economia italiana. I prezzi di benzina e gasolio stanno continuando a calare, anche se con una lentezza raramente riscontrata in passato. I prezzi del gasolio sono già sotto 1,5 euro per litro e la benzina è sotto 1,6, valori inferiori di quasi 0,2 euro rispetto ai picchi della scorsa estate. Il prezzo del gas rimane ancora legato, direttamente o indirettamente, al petrolio. Nei prossimi mesi vedremo anche le bollette del gas alle imprese ridursi del 10-15%. Oggi pagano intorno ai 35 centesimi al metro cubo, valore che dovrebbe scendere sotto i 30 centesimi. Più lenta e più contenuta sarà la contrazione dei prezzi dell’elettricità, sul cui prezzo pesano troppo oneri diversi dai costi dei combustibili, in particolare gli incentivi per le fonti rinnovabili. I prezzi per le imprese dovrebbero scendere di 2-3 centesimi verso i 14 centesimi per kWh. È una boccata di ossigeno, ma i nostri prezzi sono sempre molto più alti delle medie di 10 centesimi del resto d’Europa e si collocano a distanze siderali rispetto ai 6-7 centesimi degli Stati Uniti o ai 5 centesimi della Cina. L’elettricità sarà sempre un elemento fondamentale per le moderne industrie e il distacco competitivo rispetto ai nostri concorrenti rimane eccessivo. I prossimi auspicabili cali non facciano dimenticare che l’Italia rimane ancora troppo esposta agli umori del mercato petrolifero, debolezza su cui la politica non ha potuto molto negli ultimi 40 anni.
Davide Tabarelli, Il Sole 24 Ore 13/12/2014