varie, 13 dicembre 2014
PALLINATO SUL PD ROMANO PER IL FOGLIO DEI FOGLI DEL 15/12/2014
«Pacchetti di tessere comprate in bianco dai capibastone e restituite compilate. Code di extracomunitari ai seggi delle primarie. Pulmini di anziani prelevati dai centri ricreativi e ricompensati con buste alimentari. Soldi distribuiti fuori dai circoli per incentivare il voto. Congressi finiti a insulti e spintoni, e la polizia che arriva a sirene spiegate. Benvenuti nel meraviglioso mondo del Pd Roma» (Giovanna Vitale) [1].
«Mi sento umiliato, mi sento perso. Non pensavo d’anna’ a fini’ con la banda della Magliana». Valerio, sessant’anni di militanza, iscritto al circolo Pd di Castelverde, versante Prenestino, periferia romana oltre Tor Sapienza, oltre il raccordo anulare. È il circolo a cui è iscritto Salvatore Buzzi, il presidente della coop “29 giugno” arrestato nell’indagine su Roma Capitale [2].
Riccardo Pulcinelli, segretario circolo Pd di Castelverde: «Qui Buzzi l’abbiamo visto solo all’iscrizione e quando si votava per le primarie. Io non sono triste, sono incazzato. Vedo i capi del partito romano che fingono di cadere dalla luna, ma quando siamo andati a denunciare che alle primarie arrivavano persone cui era stata pagata la busta della spesa, quando abbiamo sospeso il congresso e il presidente di municipio lo ha fatto fare comunque incassando 92 tessere sospette in un giorno, non ci hanno ascoltato. Anzi, volevano espellere noi» [2].
«Nel Pd a livello locale, e parlo di Roma, facendo le primarie dei parlamentari ho visto, non ho paura a dirlo, delle vere e proprie associazioni a delinquere sul territorio» (Marianna Madia nel giugno 2013) [1].
Ernesto Menicucci: «La situazione del Pd romano è quella di un partito “balcanizzato”, diviso in correnti. O tribù, come le chiama Matteo Orfini. Un partito nel quale – finita l’era Veltroni e tramontata l’egemonia che ha sempre esercitato Goffredo Bettini (guru e stratega del centrosinistra anni 90 e 2000) – non c’è un vero e proprio capo riconosciuto. Anzi, dal 2008 in poi, c’è stata una crisi generale. Tanto che lo stesso Renzi – che su Roma ha sempre avuto i suoi problemi – ha difficoltà a governare la federazione locale» [3].
Gruppi che attualmente si fronteggiano nel Pd della Capitale: i «Noi Dem», ovvero dalemiani/bersaniani, popolari, turbo-renziani, tradotta in nomi Umberto Marroni, Enrico Gasbarra, Lorenza Bonaccorsi; gli ex Ds di Bettini, ovvero Nicola Zingaretti, Michele Meta, Roberto Morassut; l’Area Dem di Dario Franceschini, intorno a lui, l’eurodeputato David Sassoli, la consigliera comunale (e moglie del ministro) Michela Di Biase; infine i «Giovani turchi» di Orfini. Uno che contava era Marco Di Stefano: dopo i recenti scandali, non più [3].
Andrea Sgrulletti, fino all’anno scorso segretario Pd nella zona di Tor Bella Monaca: «Nell’aprile 2013, alle primarie organizzate in vista delle amministrative, il nostro municipio è stato l’unico dove hanno votato più persone rispetto alle primarie 2012 Bersani-Renzi. In alcuni seggi l’affluenza è raddoppiata, in altri triplicata. “Merito” di una campagna alimentata da un’enorme quantità di danaro dall’aspirante presidente del VI municipio, Marco Scipioni, e denunciata sia al partito romano, sia alla commissione di garanzia». Una propaganda a base di «pacchi alimentari e buste della spesa distribuite alle persone che venivano a votare per lui. A volte ha pure regalato piccole somme. Il che, in un contesto molto povero come il nostro, fa la differenza» [1].
Cristiana Alicata, il 7 aprile 2013 denunciò un episodio avvenuto in una sezione del Pd della Magliana durante le primarie per il sindaco. «Alcuni militanti mi avvisarono che nella sezione venivano accompagnati interi gruppi di persone e chi era lì aveva l’impressione che venisse detto loro per chi dovessero votare. E precedentemente alcuni avevano fatto mettere a verbale che avevano assistito a uno scambio di soldi». Fenomeni di questo tipo sono capitati altre volte? «Certamente, basta vedere i dati dei congressi a Roma e del tesseramento in prossimità dei congressi stessi. E ci sono altre cose strane». Quali? «Quando ci sono le primarie arrivano a casa lettere a tutti gli iscritti del Pd, come si fa ad avere tanti soldi per spedirle? O per far attacchinare manifesti abusivi in tutta la città e pagare cene nei palazzetti dello sport a centinaia di persone?» [4].
Le primarie vinte da Marino sono state regolari? «Non regolari; regolarissime. Quando si muove il voto d’opinione, le primarie non possono essere inquinate. Invece le primarie per designare i parlamentari sono state, almeno a Roma, una farsa. Ogni candidato doveva essere sostenuto da 500 iscritti, nessun iscritto poteva sostenere più di un candidato: era tutto chiaramente deciso prima dai capibastone». Sta dicendo che i parlamentari romani del Pd sono «abusivi»? «Sto dicendo che le primarie così non hanno senso. Andrebbero riservate a cariche monocratiche: sindaco, presidente di Regione, premier» (Goffredo Bettini ad Aldo Cazzullo) [5].
Fabrizio Mossino, già responsabile della sezione Portuense- Villini: «Se un circolo ha bisogno di soldi perché non riesce più a pagare l’affitto o ha un segretario con una forte appartenenza di corrente, può succedere che il capobastone di turno arrivi, chieda un pacchetto di tessere, anche 50-60, pagandole in contanti 20 euro a pezzo, e poi le restituisca compilate» [1].
A ottobre 2013, nella sfida per la leadership del Pd romano, i circoli in pochi giorni sono cresciuti del 200%. Tor Bella Monaca per tutti: passato da 170 a 430 tesserati. «Dai circa 16mila iscritti a Roma nel 2013 oggi siamo scesi a 9mila», dice l’ex responsabile organizzazione Giulio Pelonzi. Il 40% in meno. È bastato esigere che ogni singola tessera fosse richiesta per iscritto e abbinata a un nome e un cognome preciso [2].
Mercoledì scorso al Laurentino 38, periferia sud della capitale, è andato in scena l’auto-processo del Pd romano e l’auto-assoluzione del medesimo. A parlare sono arrivati il commissario nominato da Renzi Matteo Orfini, il governatore del Lazio Nicola Zingaretti e il sindaco di Roma Ignazio Marino. Orfini, dal palco improvvisato in piazza: «Ci chiederete: perché non ce ne siamo accorti? Perché il Pd di Roma era troppo impegnato in una guerra tra bande, in lotte di potere. E, magari, nei campi rom neppure c’eravamo». Qualcuno gli urla: «Comincia dalla banda tua!» [6].
Sotto il palco del Laurentino 38 si sono visti tra gli altri l’ormai ex segretario del Pd romano, Lionello Cosentino, abbracciato da consiglieri municipali e attivisti di circolo: «A Lione’, tu sei la purezza…»; il presidente romano dei dem, Tommaso Giuntella, che si divertiva a farsi i selfie; il deputato romanissimo Angelo Marroni, alle cui spalle volavano sussurri come questo: «Lui riempiva Roma di manifesti elettorali e molti di noi non avevano niente» [7].
Ora l’opera di ricostruzione morale e organizzativa del Pd romano è stata affidata all’ex ministro Fabrizio Barca. Brunella Bolloli: «L’ex uomo nuovo del Pd, quasi un messia per l’ala sinistra del partito, farà una “mappatura di tutti i circoli Pd di Roma girandoli uno per uno per ricostruire il partito sul territorio”. Un segnale chiaro, visto che Barca, iscritto al circolo dei Giubbonari, ha sempre rivendicato nel suo programma l’austerità di Enrico Berlinguer (di cui il padre Luciano è stato uno dei più stretti collaboratori) e ora avrà il compito di verificare costi, sprechi e gestione delle sezioni dem della città» [8].
«Che dovemo fa’? Marino nun sa gnente de Roma, ma se lo dovemo tene’» (conversazione al circolo dell’Alberone tra due vecchi militanti, Furio e Renato) [8].
(a cura di Luca D’Ammando)
Note: [1] Giovanna Vitale, la Repubblica 11/12; [2] Annalisa Cuzzocrea, la Repubblica 10/12; [3] Ernesto Menicucci, Corriere della Sera 11/12; [4] Paolo Boccacci, la Repubblica 12/12; [5] Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 12/12; [6] Mattia Feltri, La Stampa 11/12; [7] Mario Ajello, Il Messaggero 11/12; [8] Brunella Bolloli, Libero 11/12;