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 2014  dicembre 12 Venerdì calendario

A QUALCUNO PIACE FREDDO


Natale con i tuoi, giusto? Con i tuoi dubbi, anche. Nel caso, miei. L’antipasto, che precede il pasto, dovrebbe chiamarsi antepasto, allo stesso modo di anteposto, antelucano, anteguerra, antefatto. Antipasto contiene un’opposizione, come antimafia, antieroe, anticrisi, antipatico, antitarme, antibiotico. Il dubbio è: quel che precede il pasto può essere contro il pasto stesso? Sì e no. La funzione è di aprire lo stomaco, come si dice in gergo. Ovvio che se uno si strafoga di antipasti poi ha qualche difficoltà a reggere il pasto vero e proprio. Dal dubbio alla proposta antipastica (antipatica, forse) per una tavolata natalizia: antipasto come pasto. E formaggio, per una questione di forma. E tante verdure crude.
Vi sembra una cosuccia striminzita? Non lo è. E ha dei vantaggi: nessun lavoro in cucina, o quasi. O preterite che le donne di casa lavorino anche a Natale e vigilia a preparare ripieni, tirare sfoglie, curare salse, cuocere capponi o tacchini? Immagino la risposta: non si lavora in cucina, tutti al ristorante. Doppia obiezione: Natale con i tuoi, al ristorante perde d’intensità (direbbe Arrigo Sacchi) e se c’è un giorno in cui abbondano le possibilità di mangiare maluccio al ristorante quel giorno è Natale. Dopo san Silvestro, naturalmente. San Piatto, invece, è l’anagramma di antipasto. Tostapani, anche, ma non ci serve. Due-tre varietà di pane non tostato sono sufficienti. Grissini facoltativi, e soprattutto nessun adulto si azzardi ad arrotolarci intorno il prosciutto crudo. Maggior tolleranza e comprensione per bambini e anziani.
Cosa occorre? Una buona salumeria, un buon negozio di gastronomia. Che propone anche primi e secondi già cucinati, lo so bene. Basta evitarli e attenersi al piano. Meglio informare del piano commensali, così se uno non ci sta, o molti, fa in tempo a prenotare un tavolo al ristorante. Una volta che ci si è assicurati la curiosità o la complicità degli altri, si può procedere. La mia convinzione è che da nessuna parte al mondo si sappia trattare il maiale come in Italia e che nessun Paese abbia la varietà di formaggi e l’eccellenza che può vantare l’Italia. O che potrebbe vantare, se ne fosse più consapevole.
Un paio di aperture ragionate a prodotti esteri si può fare, le dirò più avanti. Un paio di precisazioni, subito. Quelli del Venerdì mi hanno chiesto di raccontare il pranzo così come lo farei a casa mia. Quindi, non ci trovate ostriche, pesci crudi in varia veste, caviale (non per quel che costa ma perché proprio non mi piace), salmone più o meno affumicato, foie gras (abolito dal 2005). Poi, dipende dall’assortimento del negozio. Prosciutto crudo, scrivo genericamente. Che sia di Bosses, di Sauris, di San Daniele, di Parma, dei Colli Berici, di Carpegna, di Villagrande Strisaili, basta che sia buono. Se, prima apertura all’estero, è spagnolo, pata negra de bellota, va in coda ai salumi. Lo so, a vederlo fa un po’ impressione, siamo abituati a prosciutti di un rosso tenue, o anche acceso, non a quella carne di un rosso cupo, quasi violaceo, a quel grasso che sa di nocciola, vagamente, ma è un signor prosciutto.
Come anti-antipasto una minima ma significativa presenza casearia: burrata di Andria, mozzarella di bufala o vaccina. In quest’ultimo caso, non sconsigliato un abbinamento con acciughe. Con affetto e non ad effetto, affettati. Salame cotto, prosciutto cotto, salame crudo (meglio se stagionato e se pavese o piacentino), prosciutto crudo, coppa. La migliore è piacentina, segue l’Oltrepò pavese, ma merita la giusta attenzione il capocollo di Martina Franca. Questo è il minimo indispensabile. Si può arricchire la tavola con: ciccioli, pancetta, lardo, mortadella anche nota come bologna, mortadella di fegato, culatello, culaccia, spalla cotta e cruda, coppa di testa, sopressa del Cilento o lucana, quelle giuste sono da inginocchiamento, ventricina vastese. Se c’è la ventricina, o un insaccato calabrese infuocato di peperoncino, il pata negra cede il passo.
A tener compagnia al maiale in molte regioni sono i sottaceti: cipolline, scalogni, peperoni. Si può. Ma anche i sottoli: funghi porcini o misti, carciofini, fave, lampascioni, asparagi selvatici, melanzane. E l’agrodolce, allora? Si può. E l’insalata russa, che in Russia chiamano insalata italiana? E le olive, i cetriolini? E le uova sode perché no, se già ci sono le acciughe? Perché no e perché le aperture all’estero erano due e non di più. Fossero state tre avrei suggerito pickled eggs, le uova sode sott’aceto che si trovano in molti pub inglesi e scozzesi. Peccato che da quelle parti non sappiano cosa sia un aceto decente, ma questo è un altro discorso. Torniamo al nostro tavolo e cambiamo i piatti.
Ci sta, e fa anche allegria, a centrotavola un assortimento di verdure crude: radicchio rosso tardivo, ravanelli, carote, peperoni, finocchi, sedano, carciofi. Pinzimonio facoltativo. Formaggi indispensabili, sempre tenendo presente che le regole si possono infrangere: Parmigiano-Reggiano stagionato almeno 18 mesi, Taleggio (mangiare anche la crosta, per favore), Pecorino sardo (almeno 12 mesi, anche 18 se si conosce lo spacciatore giusto). Gorgonzola, meglio se naturale, lasciate la goccia alla pubblicità. Questi, con la mozzarella già citata, costituiscono il pokerissimo, la cinquina, la manita o manata in faccia alla douce France che crede di essere la patria dei formaggi ma così non è (je regrette, Madame). In panchina: Provolone. Sono gli indimenticabili. Che possono essere dimenticabilissimi, basta cascar male. Secondo ingresso estero: Roquefort, che somiglia al Gorgonzola ma il latte è di pecora. In panchina Stilton o Cabrales, ma ad essere sinceri i vertici difficilmente sono esportati. Un 14 luglio d’una ventina d’anni fa a Miliau il dio dei suiveurs mandò sulla nostra strada un carrello con una quindicina di Roquefort diversi per etichetta e concentrazione. Lì, l’inginocchiamento. Da lì in poi, una certa stima.
Voce dal fondo: e di caldo, niente? Non è vietata una scodella di brodo, con facoltativa aggiunta di vino, ma siete sicuri di volere qualcosa di caldo? Non vi basta il calore degli affetti e degli affettati, di tutto il pane che avete mangiato, di tutto il vino che avete bevuto? Ma allora siete senza fondo, allora meritereste che aggiungessi frutta secca, mandarini, torroni, panettoni e quant’altro, come si usa dire quando non si sa bene cosa dire, e magari pure un amarino, un liquorino? No, non aggiungo. Tolgo l’eventuale disturbo. L’antipasto-pasto si ferma qui. Tutto il resto è fuori pasto. Ma, se vi piace, non è fuori posto.