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 2014  dicembre 12 Venerdì calendario

IL BOOKSTORE DEL FUTURO CHE STRIZZA L’OCCHIO AGLI AMANTI DELLA CARTA

Ci si prova in ogni modo a rianimarlo: con eventi, festival, invasioni metropolitane (BookCity ha appena travolto Milano con mille eventi); e poi grazie alle app, ai trailer, gare di biglie o in televisione, al BookCrossing negli spazi pubblici.
Si sono messi in tanti, attorno al capezzale di un amico adorato, non più giovane, e dal futuro incerto: il libro. Quel solido piccolo, capace però di regalare energie straordinarie, e senza bisogno di batterie per funzionare.
Il mercato è in crisi, l’elettronica avanza, la sfida con Amazon fa paura. Questo in un Paese che, a differenza di altri, non fa molto per scrittori, lettori e librai. Per ricordarlo, basta leggere il finale di un’intervista ad Antonio Moresco, un romanziere che a ogni opera dedica anni. È appena uscita sul portale de Il Libraio, riservato all’industria editoriale. «L’Italia, e non da oggi, è fatta così: quando nasce uno scrittore, gli fanno la guerra». Sullo stesso sito, gli fa eco Alberto Galla, presidente dell’Associazione librai italiani, a nome dei 300 iscritti: «Ci sentiamo lasciati soli dalle istituzioni».
Con queste premesse, l’apertura di una libreria di mille metri quadri nel centro di Milano, benché si tratti di una riapertura, più che una notizia sembra uno schiaffo al buon senso, un gesto da carbonari; anche se dietro gli storici locali completamente rinnovati della Libreria Rizzoli in Galleria Vittorio Emanuele II, accanto al Duomo, c’è un importante gruppo editoriale.
Quando, in un pomeriggio della settimana successiva all’inaugurazione dei tre piani, ringiovaniti, ariosi, di facile consumo per i clienti, spingo le vecchie maniglie con la “R” slanciata, iniziale della casa editrice, e che come il resto della facciata è intoccabile per ordine della Sovrintendenza, ho la sensazione di mettere il naso in una stravagante startup delle parole, rivestita di blu, e grigio ardesia. D’altra parte, se non ci provano loro, i librai, a compiere un tentativo estremo di conquistare lettori, mostrando come un oggetto così semplice, spesso abbastanza da fermare una pallottola, ceda facilmente alla curiosità, si lasci sfogliare, ci accolga, chi può farlo? Mi colpisce vedere le copertine finalmente non affollate tra loro, mai sovrapposte. Puoi guardarle in faccia a una a una, quasi parlarci.

Poco spazio ai gadget. Ci sono milioni di titoli su Amazon. In una grande libreria non si arriva a un decimo di questa cifra. Non è la quantità che conta, piuttosto la possibilità di muoversi in equilibrio, tra ciò che non può non esserci, e ciò di cui, ancora per poco, non conosci l’esistenza. La cifra esatta la dà il direttore (dal 2003), Massimo Taulli: «Ci sono circa 40 mila titoli». Sembra provato, ha passato tre giorni e tre notti ad aprire 1.500 scatoloni per l’inaugurazione del 3 novembre.
Sono abbastanza? «Il progetto della nuova Rizzoli», spiega Taulli, «era mettere al centro i libri, in uno spazio più accogliente; dove il cliente possa muoversi con facilità. Nonostante questo risultato sia stato raggiunto, siamo riusciti a far crescere il numero di titoli disponibili rispetto a prima».
Il cambiamento è evidente soprattutto là, dove si combatte la battaglia più impegnativa, e in cui la Rizzoli Galleria ha notevole esperienza. Il sotterraneo. Lontano dalle novità, dai pochi gadget in vendita (tutto ruota attorno al libro, non c’è nemmeno il bar che accompagna le altre grandi superfici). Nel settore della saggistica, dove lo spazio è aritmeticamente identico a prima, ma è diventato così più agevole e meglio distribuito, che a molti clienti abituali pare di entrare in un altro mondo, sconosciuto.
Una libreria è spesso il risultato di uno scontro feroce, tra la necessità di conservare i titoli che non possono mancare e quella di cambiare il turnover delle uscite, ormai rapidissimo. Chi deve vincere? «La soluzione ideale non esiste, è sempre una scommessa», risponde il direttore, uscito per una sigaretta davanti alla vetrina, affollata dal volto giovanile di Oriana Fallaci.
Oltre il grande display della narrativa, novità e catalogo, e che occupa quasi tutto il piano dell’ingresso, e lo spazio più interno, quel celebre “Ottagono”, e da tempo dedicato ai libri illustrati, gli altri due piani della libreria sono ora divisi in “stanze”.
Nel sotterraneo ci si muove tra gli ambienti di Storia, Psicologia, Cucina e il resto. L’approfondimento è garantito anche dalla scelta di rendere “diffusa” l’edicola, ora divisa per argomento, in modo che accanto ai saggi sul mondo dello spettacolo, si trovano le riviste dedicate a cinema e musica. Al primo piano, totalmente destinato a bambini e ragazzi, ogni ambiente è specializzato per fascia d’età, con estremo riguardo per la narrativa “Young Adult”, settore trainante, dai successi di Hunger Games a Colpa delle stelle di John Green. I lettori sono cacciatori strani, umorali e però fedeli. Ogni libreria cerca di mantenere soddisfatto il famoso zoccolo duro. Nel caso della Rizzoli Galleria, 65 anni di storia, sono lettori forti, i professionisti e gli impiegati del centro, oppure i turisti attratti dall’offerta di libri illustrati. Un dato li accomuna: l’età superiore ai quarant’anni.

Lo smartphone guida tra i libri. «Per cercare di abbassare la soglia di un decennio, per catturare i trentenni, la libreria offre questi servizi», spiega il direttore. «Grandi schermi in ogni ambiente, sia per offrire contenuti in più: interviste, possibilità d’interazione con il lettore, collegamento con siti di news e i social network dedicati all’editoria. Una app, BOOKtoBOOK (per iOS e Android), che oltre a portare sullo smartphone novità, dati e consigli per ogni settore, inclusi quelli legati alle emozioni, introduce una novità. Digiti il titolo che cerchi: con la geo-localizzazione, sei guidato allo scaffale in cui si trova il tuo libro».
In mezzo all’esercito in attesa dei titoli “normali”, ci sono i “privilegiati”, consigliati dai commessi, anzi librai, e collocati su pile dedicate. Conforta, affrontando quel mare di parole ancora sigillate, sapere che qualcuno abbia fatto una scelta. Oltre al consiglio professionale, c’è spazio per quello dei clienti. Si può pescare un titolo amato, e spostarlo sulla pigna dei “migliori”. Gesto di riconoscenza per l’autore, generosità per i futuri clienti. Un “like” fisico. Camminare lungo i corridoi di una libreria, anche per i lettori forti, presenta il rischio di esercitare i propri pregiudizi, favorevoli o sfavorevoli. A liberarci dai soliti giri mentali ci sono loro, i librai. La cura più efficace per salvare il paziente-libro, perché rivela al potenziale lettore quel “capitale” che lui non conosce, se ne sta sullo scaffale, ma potrà produrre, proprio per lui, interessi incalcolabili.
Sono in diciotto, ognuno segue il settore amato. Parlo con una delle due esperte di narrativa, si chiama Stefania: divide i titoli in arrivo con la collega Daria. Il primo che consiglierebbe è TransAtlantic di Colum McCann: le emozionanti pagine iniziali rivivono come se le avessi appena lette. Prosegue con nomi a me ignoti: Nickolas Butler e il suo romanzo stile vecchia America che s’intitola Shotgun Lovesongs. Poi la copertina azzurro piscina de I nuotatori di Joaquín Azaústre, e che fa immaginare a un Murakami spagnolo. Sarà così? Usciti dai pregiudizi, cominciano le domande. Perché ho l’impressione che sempre più scrittori si affidino al nuoto, per trovare ispirazione?
Al primo piano, chiacchierando col giovane Bartolo, che presidia, insieme al collega Nikita, il settore “bambini e ragazzi”, e dove però entrano soprattutto ragazzine, mamme e nonne, mi aspetta un’altra domanda. È Bartolo a formularla, dopo avermi mostrato la parete piena di romanzi “Young Adult”. «Passata l’ondata di titoli in cui si parla di malattie gravissime, quale sarà la Next Big Thing per i ragazzi?». Bartolo è giovanissimo e tenta di gettare in avanti la sua professione: «Vorrei poter legare sempre di più l’offerta all’attualità».
Ancora Stefania, dopo avermi detto che il suo lavoro assomiglia a quello di una psicologa del quotidiano, perché il difficile è «Capire cosa vuole leggere il cliente in quel momento della vita, non in generale», mi dà una risposta che da sola non basterà a salvare il libro, ma è già un inizio, un disporsi dalla parte giusta. Lavorare come libraia le fa sentire di svolgere un lavoro del passato? Risposta, espressa come fosse un dato oggettivo, non rivolta al giornalista: «Per niente, per me è un lavoro contemporaneo».