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 2014  dicembre 11 Giovedì calendario

SARRI: «IL MIO EMPOLI A KM 0»

Adesso che di lui si sa tutto: che ha lavorato in banca, che vestiva sempre di nero, che ha inventato decine di schemi su palle inattive, che fuma più di Zeman, che legge buoni libri. Adesso che Maurizio Sarri ha smesso di essere un personaggio naif, di lui si può ricordare una cosa molto semplice: che il suo Empoli è una delle squadre che gioca meglio.
Il Sassuolo ha rischiato di vincere a Roma, voi a Napoli. Sono i centri più piccoli della Serie A, insieme fanno meno della metà degli abitanti di San Siro, inteso come quartiere. Va di moda la provincia.
«In un momento di crisi del sistema è normale che esca qualcosa di nuovo, ma non paragonateci al Sassuolo e tanto meno al Genoa: quei club hanno una forza economica molto più grande della nostra. Se hanno bisogno di un giocatore, lo comprano. Noi lo si deve costruire».
Sassuolo in campo con 9 italiani su 11, l’Empoli con 8.
«Gli stranieri servono solo se fanno la differenza, se alzano il livello del campionato: lo dico da sempre, i nostri giovani sono penalizzati da scelte societarie assurde».
Quanti sono i debuttanti in A dell’Empoli?
«Vediamo: Rugani, Valdifiori, Tonelli… Ho perso il conto».
Il segreto sono i ragazzi del vivaio e quelli a chilometro zero?
«Anche: Rugani è di Lucca, Tonelli di Firenze, Pucciarelli di Prato. Tutti toscani come me. Se c’è un’identità territoriale, è più facile raggiungere un’identità del gruppo e anche di gioco».
L’Empoli come l’Athletic Bilbao?
«Ma sì, ci può stare».
Poi c’è gente che torna, che non dimentica.
«Tavano e Maccarone: erano qui a 20 anni, dopo esperienze non molto felici hanno voluto ritrovare un ambiente dove si sta bene».
Ma Empoli non è fin troppo tranquilla?
«Guardate che i nostri tifosi sono meno freddi di quel che sembra: ti stanno vicini durante la settimana, vogliono vedere i giovani».
Ricorda l’ultima contestazione?
«Due anni fa in B dopo aver perso 3-0 in casa con l’Ascoli. Niente di particolare in realtà: dopo i tre fischi dell’arbitro, sono arrivati quelli del pubblico».
Era stato un inizio terribile: 4 punti in 9 partite. Bisoli ha fatto meglio (8 in 14), ma è stato esonerato.
«Il solito problema: c’è troppa fretta. Se un giocatore sbaglia tre o quattro partite, va messo sul mercato mentre l’allenatore, si sa, paga per tutti. Il presidente Corsi ha rischiato, mi ha dato fiducia: abbiamo vinto in due. In un’altra squadra mi avrebbero cacciato».
Il calcio di provincia è da tutelare?
«Tutti devono dare un contributo, a cominciare dagli arbitri. Intervenire di meno, far correre di più. Ha ragione Garcia: il calcio deve tornare al centro del villaggio».
Squadre piccole solo per gli arbitri?
«Non voglio entrare in polemica perché sono stato appena punito…».
Già, quante volte è stato espulso?
«In totale tre: anche contro Roma e Milan avevo chiesto spiegazioni all’arbitro su decisioni che non condividevo. Nessuna scena da invasato, ho il sospetto che se al mio posto ci fosse stato l’allenatore di una grande squadra non sarebbe successo nulla. E’ chiaro che il nome conta, condiziona».
Ha vinto con la Lazio, pareggiato con Milan e Napoli, eliminato dalla Coppa il Genoa rivelazione: non può essere un caso.
«Certo che no. Anzi, stiamo raccogliendo meno di quello che si meritava».
Ha detto: «Nei primi 40 minuti col Milan ho visto il nostro calcio migliore».
«Vero, ma abbiamo giocato bene anche in B: l’anno scorso col Crotone, due anni fa a Bari. Ma nessuno se lo ricorda».
Oltre alla Coppa Italia, cosa c’è di antidemocratico nel calcio?
«Gli stadi: brutti, scomodi, insicuri. E poi i campi. Verona, Genova, Parma: un disastro. In queste condizioni come speriamo di rendere appetibile il prodotto? E’ inaccettabile».
La crisi delle milanesi?
«Ci può stare, in estate nessuno le dava per favorite. Si parlava di un anno di transizione».
Il boom delle genovesi?
«Il Genoa è una sorpresa assoluta. Ha qualità, spesso è indecifrabile tatticamente».
Lei è sempre fedele al 4-3-1-2.
«Se serve, si cambia durante la partita: con la Lazio per esempio siamo passati al 5-4-1. Ma l’idea di partenza non si tocca. Avere un sistema di gioco collaudato dà molti vantaggi, aiuta l’inserimento dei nuovi».
Puntate alla mitica quota 40?
«Con il livellamento generale l’obiettivo salvezza si è abbassato. Lo scorso anno al Sassuolo sono bastati 34 punti».
Il Parma è messo male.
«Sì, non è un gran momento, ma attenzione: ci può essere una reazione positiva, il gruppo si ricompatta. Fatte le debite proporzioni ho vissuto qualcosa di simile ad Alessandria».
A 55 anni poteva immaginarsi un impatto migliore con la A?
«Sinceramente no».