Maurizio Nicita, La Gazzetta dello Sport 11/12/2014, 11 dicembre 2014
SCEICCHI SPIANTATI E ZII D’AMERICA SENZA SOLDI
Presunti sceicchi e zii d’America, probabili magliari. La storia recente del nostro calcio è piena di personaggi al limite della macchietta poi scomparsi nel nulla. Sono i limiti di un Paese dalle regole labili. E il calcio non sfugge. «Un recente episodio ricorda quello della Fontana di Trevi di Totò». Così parlò Giuseppe Vegas, presidente della Consob a margine di una vicenda dell’inverno 2013 con un presunto sceicco pronto a rilevare azioni della As Roma.
Su Adnan Adel Aref Qaddumi al Shtewi, per comodità Al Qaddumi, l’unica cosa che resta è una indagine per aggiotaggio: nessuna traccia dei 50 milioni promessi a Pallotta, che aveva sottoscritto un preliminare. Ai tempi furono proprio gli impertinenti giornalisti a scoprire che lo «sceicco» risiede a Cordigliano, frazione di Perugia, in un paio di camere e servizi, e il fratello Azzam vive in Cisgiordania dove vende collanine al mercato di Nablus.
Predicatori Mauro Di Marco o Marco Di Mauro? L’identità è uno dei dubbi che resta a Napoli in una esilarante situazione del 2003. Salvatore Naldi – il presidente del Napoli che un anno dopo vedrà fallire la società – sottoscrive con un americano la cessione della squadra di serie B. Marco Di Mauro rappresenta la «Free mission action movement church for all people inc.», società che non ha scopi di lucro ed è d’ispirazione religiosa, con sede a Brooklyn. Vende sogni in una intervista, poi scompare al momento di firmare. O meglio prima di svanire si ripresenta come Mauro Di Marco alla redazione di «Repubblica» a Roma. Stavolta chiede udienza al settore economia: «Sono qui per acquistare la Fiat». Nessuno abbocca: rimane in portineria, neanche lo fanno salire.
Joseph Calà nasce a San Cataldo (Caltanissetta) nel ’60 e pare faccia fortuna negli Anni 90 a New York dove costruirebbe alberghi sottomarini che nessuno ha visto, forse inabissati. L’uomo di Atlantide appare in Italia nel 2010, ha perso l’accento – si fa chiamare Cala – per provare ad acquistare, in ordine cronologico: Torino, Ascoli, Salernitana, Gaeta, Lecco, Sanremese, Legnano, Viareggio. A Salerno raggiunge l’apice della sua megalomania: per undici giorni, nel 2011, diventa presidente della Salernitana, ma al momento di firmare dal notaio non presenta garanzie finanziarie e si trasforma in vittima di mafia: «La camorra mi ha sparato nelle gambe mentre ero a Mondragone invitandomi a lasciar perdere. Il mandante è un calciatore della squadra». Nessuna traccia di proiettili e ferite, tantomeno di denunce. Non basta. A Lecco nell’estate 2012, rileva il club finito fra i dilettanti, ma non ha nemmeno 11 giocatori. Contestato dai tifosi, Cala trova la via di fuga: dice di essere stato picchiato da alcuni ultrà, ma anche qui niente denunce.
A Bari per due mesi, fra agosto e settembre del 2009, un’intera città si illude con un sogno proveniente dal Texas. Timothy Barton, classe 1963, nato nel Connecticut vive a Dallas dove ha fondato la Jmj holdings, che agisce in campo immobiliare e soprattutto investe sul fotovoltaico e questo sarebbe il business che lo porta a Bari. Lo accoglie in pompa magna l’allora sindaco, Michele Emiliano. Ovazione quando si presenta al San Nicola: i tifosi non hanno dubbi e scrivono sugli striscioni «Io passo a Tim». Il bluff viene scoperto dagli inviati dei quotidiani locali a Dallas: alle radici del fenomeno Barton scoprono ben poco. La sua Jmj non è iscritta alla camera di commercio texana: i suoi possedimenti? Solo virtuali su internet. Il finale non cambia: non versa il milione di euro di caparra e l’affare salta. La lista sarebbe ancora lunga. Il risultato non cambia. Mentre fra poco dall Inghilterra ci restituiscono Cellino.