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 2014  dicembre 11 Giovedì calendario

L’ITALIA SI STA CONSEGNANDO ALLA TROIKA

Lo stesso giorno nel quale l’agenzia di rating Standard and Poor’s ha nuovamente declassato il giudizio sull’Italia, la stessa agenzia ha invece migliorato, per la seconda volta in sei mesi, quello dell’Irlanda. Roma scende a BBB-, Dublino accede alla classe A. Guardare allo spread in tempi di deflazione è un esercizio poco utile, mentre invece è fondamentale capire se l’economia ha sufficienti capacità di riavviare un ciclo in grado di risollevare i prezzi medi dei fattori produttivi, prima di tutto del fattore lavoro. Si tratta di un termometro importante per capire dove vanno il pil e l’inflazione.
La nuova bocciatura nel rating obbliga a tirare le somme del lungo ciclo, iniziato con la coda di manovre estive del governo Berlusconi nel 2011 e proseguito con il governo Monti e quelli successivi, di mancato risanamento, e anche di fallito riposizionamento, dell’economia italiana. L’Italia non ha varato vere riforme, tranne il solito intervento sulle pensioni, in grado di scardinare i meccanismi che hanno messo in ginocchio la sua produttività negli ultimi lustri. Non ha trovato il coraggio di fare le privatizzazioni, la forza di affidare al mercato la palude delle municipalizzate, la visione necessaria a effettuare una vera spending review, quella cioè che taglierebbe la spesa corrente più importante: gli organici e gli stipendi dei pubblici impiegati.
A Dublino, per esempio, nel 2008, ultimo anno prima della crisi, la pubblica amministrazione impiegava 320 mila persone, che ora si sono ridotte a 282 mila, dopo un taglio degli organici di poco inferiore al 12% e un risparmio annuo in termini di spesa corrente (quindi di tasse da pagare) di 2,5 miliardi. Certo, si dirà, l’Irlanda ha dovuto subire la cura della Troika e non ha avuto alternative. Vero, ma è davvero difficile che qualcuno riesca a spiegare quale alternativa ci sia alla spending review se si vuole continuare a galleggiare senza aumentare la dinamica del pil e senza generare occupazione per un tempo indefinito, solo perché non esiste una classe politica capace di riorganizzare la macchina dello Stato.
Stessa musica per le privatizzazioni: Enav, Ferrovie, Poste Italiane erano state annunciate come entrate una tantum per il 2014, ma neanche un euro su questo fronte verrà incassato dal bilancio pubblico. Le municipalizzate, poi, sono nello stesso contesto dei tempi d’oro, quelli precedenti al default di Lehman Brothers, come l’inchiesta Mafia Capitale certifica bene.
In questo quadro la prossima stangata fiscale, soprattutto (ma non solo) sull’Iva, è già dietro l’angolo, e lo sbarco a Roma della Troika è un’eventualità che nel tempo si è fatta più probabile.
Resta da chiedersi: che senso ha mantenere l’autonomia nazionale in politica economica se poi si è del tutto incapaci di fare le riforme e gli aggiustamenti necessari a far ripartire la crescita? Agli storici la risposta.
Edoardo Narduzzi, MilanoFinanza 11/12/2014