Angelo De Mattia, MilanoFinanza 11/12/2014, 11 dicembre 2014
FRENATE LA TROIKA, SENNÒ ATENE STAVOLTA METTERÀ IN PERICOLO L’EURO
L e vicende che riguardano la Grecia continuano a evidenziare un perseverare diabolicum da parte delle autorità europee e della Troika. Si tratta della prosecuzione di uno stato di miopia crescente. La ricomparsa, martedì scorso, dei venti di crisi mentre l’economia greca, pur martoriata da una disoccupazione al 25%, si sta risollevando, con la riattivazione di una ancorché debole crescita, è da attribuire al concorso di due serie di fattori, rispettivamente economici e politici. Quanto al primo ordine di cause, vi è principalmente la richiesta della Troika di un nuovo pacchetto di misure di austerità per accedere alla concessione di un ulteriore prestito di 7 miliardi, motivata con un presunto buco di 1,7 miliardi che, secondo il Fmi, sarebbe presente nel bilancio della Grecia. Fra i fattori politici vi è il fatto che la candidatura di Dimas alla presidenza della Repubblica nelle elezioni del 17 dicembre, sostenuta dalla Nuova Democrazia del premier Antonis Samaras e dai socialisti, rischia di non passare e di aprire la strada a elezioni anticipate in cui è assai probabile che si affermi Syriza, il partito di Tsipras, che ha mantenute salde le posizioni anti-austerity. Di qui il deflagrare di un contrasto tra libere scelte democratiche di un Paese, sottoposto a una «cura» durissima in questi anni, i mercati e, in specie, gli investitori. È la replica dello scenario già visto precedenti le elezioni politiche che portarono alla formazione dell’attuale governo, quando a una fase di instabilità e di forti rischi di contagio seguì a poco a poco una normalizzazione con l’assoggettamento dell’esecutivo alle richieste della Troika nonostante le gravissime condizioni in cui venne a trovarsi una parte non piccola della popolazione. Certo, il debitore può finire con il cadere sotto l’egemonia del creditore; ma in questo caso si tratta della vita di milioni di uomini e donne sia pure di un piccolo Stato. Il primum movens fu l’errore gravissimo compiuto dal governo Merkel - e bisognerebbe frequentemente ricordarglielo - quando frappose un enorme ritardo alla concessione di aiuti comunitari al governo greco, facendo sì che sono stati fin qui necessari 240 miliardi di sostegni, quando il tutto si sarebbe potuto risolvere con meno di 20 miliardi se si fosse tempestivamente intervenuti. Ma gli aiuti furono alla fine concessi solo quando Berlino capì che il dissesto si sarebbe ripercosso anche sulle banche tedesche e finì con il cedere alle pressioni di queste. Da quel momento iniziò una politica ispirata a un forsennato rigorismo da parte della Troika. I segnali di miglioramento accennati avrebbero potuto essere ben più consistenti se si fosse messo a fuoco il problema della crescita anziché proseguire con l’impostazione del salasso. Oggi si pagano le conseguenze di questo rigorismo. Praticato con un approccio talebano, è bastato che si ipotizzasse che con un nuovo governo tale linea potrà subire mutamenti perché si scatenasse una prima ondata sulla borsa di Atene e di qui si propagasse un iniziale effetto-domino, che ieri si è attutito. Ma bisogna mantenere alta la guardia anche perché sempre ieri si è registrata una risalita dei rendimenti dei titoli pubblici triennali, attribuita al rischio di default che il mercato avvertirebbe. In sostanza, il solo possibile e probabile mutamento dell’assetto di governo non sarebbe stato tale da creare la turbolenza che si è determinata se non si fosse vista l’eventualità della messa in discussione della filosofia della Troika: errata quanto si vuole, resta una strada da cui è difficile allontanarsi. Se dunque il debitore deve valutare bene i propri passi, è innanzitutto il creditore che deve rivedere la propria impostazione prima che si apra una nuova fase di errori a catena che questa volta porterebbero alla messa in discussione dell’euro così come è oggi. Già si torna a parlare di una moneta comune di serie A e di serie B o di un euro a due velocità. Se poi a questo focolaio si unissero le difficoltà dell’economia cinese, i problemi del Giappone e il rallentamento di tutti i Paesi emergenti, mentre sul versante europeo sono tuttora presenti le difficoltà dei rapporti con la Russia, si creerebbe una miscela esplosiva anche per l’Unione. Allora ci si rifletta bene. Non vorremmo trovarci ancora una volta a dovere lamentare che, se si fosse agito prontamente temperando il rigorismo della Troika, si sarebbero evitate le oggi temute più gravi conseguenze. L’Europa deve svegliarsi finalmente. E l’Italia deve assumere un’iniziativa anche per far chiarezza nell’Unione, dove ieri si sono registrate espressioni di Juncker non proprio incoraggianti quando ha detto che, se l’Italia (ma anche la Francia) non mantiene le promesse sulle riforme, si potranno verificare conseguenze non piacevoli: un monito equivoco e che però esigerebbe una risposta del nostro governo, sempre pronto fin qui a replicare e che ora non può tacere.
Angelo De Mattia, MilanoFinanza 11/12/2014