Marianna Aprile, Oggi 9/12/2014, 9 dicembre 2014
FEDE NON RICATTÒ MEDIASET
Milano, dicembre
Egidio Polito ha 45 anni e dal 2012 fino a novembre 2013 è stato l’autista personale di Emilio Fede, l’ex direttore del Tg4 finito nei guai – tra le altre cose – perché, secondo la procura di Milano potrebbe aver usato dei fotomontaggi per tentare un ricatto ai danni di vertici Mediaset col suo ex personal trainer, Gaetano Ferri. Polito ha scritto a Oggi, chiedendo spazio per raccontare la sua versione della storia. Per farlo, non ha chiesto denaro né altro.
Polito, questa storia va avanti da mesi. Perché lei parla solo ora?
«Perché ho letto che il direttore Fede è indagato per estorsione e ricatti e so che non li ha fatti, nel modo più assoluto».
È stato già sentito da chi indaga sulla presunta estorsione?
«No, perché nessuno ha fatto il mio nome. Ma sono a disposizione degli inquirenti e pronto a raccontare anche a loro quanto sto dicendo a voi».
Fede sa che lei sta parlando con noi?
«No. L’ultima volta che ci siamo visti è stato, per gli auguri, a Natale scorso. Poi più nulla».
Perché ha smesso di lavorare con lui?
«Lavoravo in nero in una società di autonoleggio a cui Mediaset aveva appaltato il servizio. L’azienda aveva promesso di assumermi, anche per una questione di sicurezza, visto che portavo in giro il direttore e un’auto da 100 mila euro. Poi non se n’è fatto più nulla. Alla fine ci siamo accordati e ho rinunciato a essere assunto, accettando una somma di denaro».
Che rapporto aveva con l’ex direttore del Tg4?
«Era burbero, capitava alzasse la voce, ma gli passava subito, e anche a me; dopo un po’ che lavoravamo insieme avevo capito com’era fatto. Una volta, in un accesso di ira siamo anche arrivati a uno scontro fisico. Lì per lì lo denunciai, ma poi capii che la sua non era cattiveria, e ritirai tutto. Non volevo essere per lui un altro fronte giudiziario. E poi aveva modi suoi per scusarsi. Per esempio, s’informava sulla mia cagnolina o sulla mia famiglia. Ha un carattere difficile ma è una delle persone più buone e generose che abbia mai frequentato».
Quando ha conosciuto Gaetano Ferri, il personal trainer di Fede, coinvolto nell’inchiesta?
«Quando sono arrivato a servizio da Fede, Ferri c’era già da circa un anno. Si era presentato come amico di Lele Mora, diceva di averlo conosciuto in carcere a Opera. Probabilmente per via di questa amicizia Fede non ha ritenuto di dover fare verifiche, e si è fidato. Ma Ferri non faceva il personal trainer: il direttore si allenava altrove, con altri. Con Ferri erano amici, si vedevano spesso, in alcuni periodi anche tutti i giorni. Andavano a cena, a bere».
Che impressione le faceva?
«All’inizio era un ospite del direttore come tutti gli altri, non davo importanza al suo passato burrascoso, il suo debito con la giustizia lo aveva pagato (Ferri è pregiudicato, ndr). Ma dopo pochi mesi, ho iniziato a notare cose che non mi piacevano, e siccome con Fede ormai c’era un rapporto di stima, mi sono permesso di metterlo in guardia. E anche lui si era pentito di avergli dato fiducia, solo che non riusciva a liberarsene».
Perché secondo lei?
«Lo pressava, gli stava addosso. E Fede lo aiutava perché era senza lavoro».
Nel senso che lo aiutava economicamente?
«Il direttore mi raccontò di avergli dato spesso dei soldi. E capitava almeno un paio di volte al mese che mi dicesse di portare a Ferri delle buste. Anche se non posso dire con certezza che dentro ci fossero soldi, perché non ne ho mai aperta una».
Ma secondo lei perché non lo allontanava?
«Da un certo punto, credo abbia iniziato ad aver paura di lui, specie dopo che a maggio 2013 gli è stata tolta la scorta. Ma, all’inizio, Ferri è stato abile a conquistarsi la sua fiducia. È arrivato in un momento in cui Fede era psicologicamente vulnerabile, era stato appena estromesso dal Tg4, si sentiva tradito dall’azienda in cui aveva lavorato per 25 anni. Era come una mamma cui avessero tolto un figlio. Ma non gli ho mai sentito dire che voleva vendicarsi con Crippa (Mauro, direttore generale dell’Informazione Mediaset, ndr) o Confalonieri (Fedele, presidente Mediaset, ndr). Aveva la convinzione di rientrare, prima o poi. Inoltre aveva un mensile alto, quando sono arrivato ben due autisti, le spese e la casa pagate da Mediaset. Non aveva bisogno di fare ricatti».
E con Gaetano Ferri di questo parlava?
«Quando sono arrivato io, il fotomontaggio esisteva già. Ferri gli aveva proposto di usarlo per vendicarsi. Capitava che ne parlassero, alludendo, in auto in mia presenza. Ho avuto la sensazione che Fede all’inizio, per rabbia o superficialità, abbia dato corda a Ferri e al suo piano, ma che poi si sia tirato indietro quando ha capito che Ferri faceva sul serio. Ma credetemi, è assurdo pensare che il direttore volesse davvero fare qualcosa del genere a Mediaset, perché significa farlo al presidente Berlusconi, a cui lui ha dato la vita. Quando ha visto Fede irrigidirsi. Ferri non l’ha presa bene, forse perché si aspettava di trarne un vantaggio economico. Per tenerlo buono, allora. Fede lo aiutava».
Parlavano anche di soldi?
«Capitava. Ferri ne chiedeva sempre con una scusa diversa: un parente malato, le bollette. Diceva anche di dovere dei soldi a degli svizzeri che lo avevano aiutato con il fotomontaggio, altre volte diceva di dover pagare foto di Confalonieri e altri dirigenti Mediaset in situazioni compromettenti. Ne inventava sempre una».
Cosa accadde quando lei smise di lavorare col direttore?
«Poco dopo. Ferri mi contattò. Ci incontrammo un paio di volte. A un certo punto, mi chiese di portare al presidente Berlusconi i nastri in cui aveva registrato Fede dire cose brutte su di lui (sono i nastri, diventati pubblici a luglio 2014, in cui si sente Fede parlare dei rapporti tra Berlusconi e Dell’Utri, Ruby e di altro, ndr). Diceva che così Berlusconi avrebbe capito con chi aveva a che fare e per riconoscenza si sarebbe sdebitato con noi. Mi diede anche una copia delle registrazioni».
E lei le portò ad Arcore?
«No. Le ascoltai per curiosità e gli dissi che doveva venire a riprendersele e che con questa storia non volevo avere nulla a che fare. Però non venne mai a riprendere quella chiavetta Usb, che ho ancora. Poi, verso maggio 2014, iniziò a mandare messaggi strani: sapeva che mi ero lasciato male con l’azienda e mi proponeva di vendicarci. Parlava di un colpo che voleva fare con me, perché conoscevo quell’ambiente. Rifiutai in modo categorico, ma lui continuò a mandarmi sms, che conservo, per convincermi. E minacciò di andare dai Carabinieri a dire che ero stato io a proporgli il furto. Una follia».
Era l’autista di Fede anche nel periodo del famoso viaggio in Svizzera con la presunta valigetta di denaro?
«Sono arrivato dopo. Ma posso dire che in Svizzera il direttore ci andava a fare lunghe camminate nei boschi. Quella storia è inverosimile: non aveva motivo per fare una cosa del genere».
Secondo lei cosa penserà Emilio Fede quando la leggerà?
«Non lo so, spero capisca che l’ho fatto per stabilire la verità».
Marianna Aprile