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 2014  dicembre 06 Sabato calendario

IL MILAN DEGLI INVINCIBILI AUTOPSIA DI UN MODELLO


A pochi giorni dal rinnovo dell’accordo di sponsorship tra Milan ed Emirates, la domanda sorge spontanea: i rossoneri hanno finalmente imboccato la via del cambiamento? O anche il club riflette la staticità del gruppo Mediaset? Sulla carta (del contratto con gli arabi) sembrerebbe di sì, ma l’ex club più titolato al mondo deve farne di strada, per cambiare davvero e raggiungere le altre big del calcio europeo.
Ciò che stupisce è l’incapacità negli anni di non riuscire a sfruttare la propria immagine. Un grande insuccesso, per una squadra che dall’avvento di Berlusconi ha fatto della comunicazione uno dei punti di forza. E da quando Mediaset ha chiuso i rubinetti economici, per il Milan la difficoltà è aumentata. Altri club come il Manchester United, pur essendo fuori dall’Europa, firmano contratti con gli sponsor da 60 milioni all’anno. Il Milan deve accontentarsi di 18.
Perché? Il modello di business. del club della famiglia Berlusconi risulta ancora largamente tradizionale. Legato a quel calcio italiano fatto di un uomo solo al comando e di bilanci legati più ai diritti tv che ad altro. L’uomo solo è ovviamente Silvio Berlusconi, che nonostante abbia suddiviso il mandato – quello sportivo ad Adriano Galliani e quello economico alla figlia Barbara – resta sempre la persona alla quale spetta l’ultima parola. Le decisioni importanti sono tutte sue. A cominciare dal caso esemplare di 3 anni fa, quando Galliani fu bloccato da una telefonata del presidente mentre stava vendendo Pato al Psg. Il brasiliano era all’epoca fidanzato con Barbara, che si oppose. Da quel momento, Galliani ha fatto capire di essere disposto a lasciare il posto di amministratore delegato, salvo poi essere confermato da Berlusconi in persona, che però gli ha affiancato la figlia. E mentre i due condividono in cagnesco sguardi e scrivanie a Casa Milan, Silvio Berlusconi continua a decidere in prima persona. È stato lui a volere come tecnico Clarence Seedorf, così come è stato lui quest’anno a imporre Pippo Inzaghi come nuovo allenatore.
Tutte scelte che pesano sull’economia rossonera. Per Pato il Milan rinunciò a 35 milioni, buona parte dei quali erano pronti per essere reinvestiti su Tevez, all’epoca al Manchester City, con il quale c’era già un accordo di massima. Seedorf venne blindato lo scorso anno con un contratto di 2 anni a 5 milioni lordi a stagione, ancora oggi pagati. Tutte voci che pesano sul bilancio. L’ultimo consuntivo rossonero al 31 dicembre 2013 parla di una posizione finanziaria netta negativa di 256 milioni di euro, compresi 144 milioni di esposizione verso le banche.
Un debito monstre rispetto ai ricavi. L’unica voce attiva davvero importante è quella dei diritti tv: 77 milioni. Che però costituiscono l’ossigeno per ripianare parte dei passivi, come accade in ogni club italiano. Alle altre voci, il Milan incamera ogni anno 17 milioni di euro da Adidas, oltre ai 12 di Emirates che però dal prossimo anno diventeranno 18. Più gli 11 dal botteghino di San Siro. Troppo pochi per pensare di usarli per il mercato. I soldi servono per coprire i buchi: se il Milan dovesse tornare in Europa, scatterebbero le indagini Uefa sul fair play finanziario. E non sarebbe un bel momento.