Massimo Oriani, La Gazzetta dello Sport 6/12/2014, 6 dicembre 2014
POZZECCO: «PER VARESE TORNEREI A GIOCARE»
Pozzecco, ci tracci un bilancio di questi primi due mesi da allenatore di Varese.
«Impagabile comunque. Solo il fatto di essere tornato nella mia città e di vivere emozioni come quelle del debutto casalingo contro Cantù, che metto tra i più belli in assoluto della mia vita, vuol dire che ne è valsa la pena. Ci sono stati momenti indimenticabili, come il primo ingresso in campo a Masnago, la prima vittoria, travolgente, perché do sempre tutto me stesso e per questo gioie e dolori sono proporzionali».
Quindi dopo 6 sconfitte consecutive, non sta benissimo...
«Sto male, soffro tantissimo perché i risultati non arrivano, qualche sconfitta è stata rocambolesca ma fa parte del gioco. Non mi perdono il fatto di far soffrire la stessa gente che in passato ho fatto felice, con cui ho un rapporto particolare. Lo so, è una storia banale, ma la parte bella resterà per sempre in me. Combatterò sempre per il bene di Varese e se mi dovessi rendere conto, tra un giorno o una settimana, che sarebbe meglio per la squadra che io facessi altro, mi farei da parte».
Sarebbe quindi pronto a dare le dimissioni?
«Ne ho già parlato con Cecco Vescovi, il bene di Varese viene prima del mio. Non parlerei nemmeno di dimissioni, è un concetto diverso. Mi sento talmente in debito con Varese che se servisse a farla vincere, sarei pronto a pulire il parquet. Diritti ne avevo solo quando giocavo. E’ una situazione che valuto di giorno in giorno con Vescovi, che è una persona capace di cui ho grande stima».
E cosa le dice?
« Per ora, ovviamente... di continuare. Ma se accadesse non sarebbe un problema, non è quello che mi fa star male. Se Ugo Ducarello (il suo vice, ndr. ) vincesse a Brindisi, esulterei come ho fatto contro Cantù. Fossi da un’altra parte probabilmente reagirei diversamente. Non sono mai stato così male in vita mia. Soffro ma allo stesso tempo ho speranza per il futuro, non vedo tutto in maniera così negativa. Il nostro percorso è stato condizionato da partite che si potevano vincere, non abbiamo mai mollato o dato segni di cedimento. Da questo punto di vista mi sento sereno. Ma non riesco a vivere le sconfitte in un altro modo. Odio la frase “io sono questo” ma è la verità. Mi terrò sempre la mia carica agonistica con tutti i problemi che ne derivano. E’ la stessa che da giocatore mi faceva vincere».
Problemi che sono esplosi nell’espulsione contro Milano.
«Lo rifarei, magari senza che si possa leggere il labiale... Non è una scelta, so semplicemente che in quella medesima situazione reagirei allo stesso modo. Non ho nulla di cui vergognarmi in vita mia, un giorno scriverò tutto in un libro. Ho sempre pagato di tasca mia e lo stesso è accaduto contro Milano. Pure la camicia... Che peraltro verrà messa all’asta per beneficenza domenica 14 prossima a Masnago».
Si è dato una spiegazione per le sei sconfitte in fila?
«La mia inesperienza. Potessi tornare indietro farei scelte e valutazioni diverse nella costruzione della squadra. Avrei cercato di più determinate cose, innanzitutto la conoscenza della serie A, cosa che ci è venuta clamorosamente a mancare con l’infortunio di Kangur. Ma non stravolgerei nulla però. Diciamo che le idee derivavano dal fatto di aver allenato solamente in LegaDue. Non erano sbagliate in partenza ma la realtà dei fatti me le ha fatte cambiare. C’è un esempio che faccio sempre: sono in contropiede e da una parte ho Michael Jordan, dall’altra Sandro De Pol. A chi passo la palla? Ovviamente a Jordan, che magari sbaglia, mentre Sandrino, con le palle che ha, avrebbe fatto canestro. Questo però non vuol dire che la scelta di darla a MJ fosse sbagliata. Come dice Toni Cappellari (ex gm di Milano e Varese, ndr. ), nello sport 2+2 non sempre fa 4. Dire che ho fatto degli errori è scontato, anche se è prematuro trarre un giudizio definitivo. Proseguo facendo di tutto per cambiare i risultati, convinto che possiamo migliorare, è il nostro destino. Quello che ho vissuto assieme a Varese sin qui è stato comunque positivo, ora dobbiamo rimetterci in carreggiata».
In effetti siamo solo alla 9a giornata e siete a 4 punti dai playoff.
«Avendo vinto le prime due le aspettative sono cresciute. Avessimo portato a casa due successi inframezzati alle sei sconfitte, la situazione sarebbe meno drammatica. Mi ha scritto il mio ex compagno Boris Gorenc, dicendomi: “Poz, allenare non è uno sprint, è una maratona”. Io invece ora sto vivendo la professione come fosse la finale dei 100 metri».
In precedenza ha parlato di essere disposto a pulire il parquet se aiutasse a vincere la squadra. E a tornare in campo?
«Se potessi aiutare Varese in quel modo, lo farei. Nemmeno per i Lakers ci penserei, solo per Varese, sapendo bene che non dovrei farlo, che sarebbe la scelta più sbagliata della mia vita. Ci avevo già pensato una volta, quando Meo Sacchetti allenava ad Udine. Se mi avesse chiamato, sarei andato. Ma da grand’uomo qual è, non lo fece, sapendo che sarebbe stato sbagliato. Ripeto: se fossi convinto di fare il bene di Varese, tornerei a giocare, rischiando la più grossa figura di merda della mia vita. D’altronde guardandomi alle spalle l’unica scelta che non rifarei è quella di lasciare Varese. Potessi tornare indietro non andrei più via».