Giorgio Ponziano, ItaliaOggi 9/12/2014, 9 dicembre 2014
AVEVO DENUNCIATO IL MALAFFARE
C’è assonanza nella denominazione: coop 29 giugno, associazione 21 luglio. Ma la prima è la coop presieduta da Salvatore Buzzi, accusato di essere una figura chiave del malaffare scoperto a Roma, la seconda è l’associazione presieduta da Carlo Stasolla, impegnata nella difesa e nell’integrazione dei rom. Quindi due mondi opposti. Con Stasolla che assicura che aveva già denunciato, senza avere riscontri, quanto succedeva attorno ai rom. Nessuna sorpresa quindi quando ha ascoltato la registrazione effettuata dalla procura in cui si diceva: «Il traffico di droga rende di meno. Noi quest’anno abbiamo chiuso con quaranta milioni di fatturato ma tutti i soldi, gli utili li abbiamo fatti sugli zingari, sull’emergenza alloggiativa e sugli immigrati».
Secondo l’associazione la decapitazione dell’Ufficio Nomadi di Roma Capitale, a seguito dell’arresto della sua responsabile, dovrà portare a un nuovo corso sull’intera materia. Per sollecitare questo nuovo corso c’è chi ha incominciato nei giorni scorsi uno sciopero della fame: «L’inchiesta di questi giorni sta dimostrando come la sofferenza dei rom», dice Stasolla. «che a Roma vivono stipati in insediamenti indegni e in centri di raccolta illegali, sia anche figlia di un processo politico-mafioso dovuto al fatto che i rom producono denaro e rendono voti. Riteniamo sia giunto il momento di mettere fine a un processo finalizzato a incassare denaro».
Da domani, in occasione della giornata internazionale dei diritti umani, la sua associazione organizzerà una raccolta di firme per chiudere quella che viene chiamata«la stagione dei campi». In Italia, le comunità rom sono la terza minoranza, con una consistenza numerica stimata in 180 mila unità. Di essi 40 mila vivono nei campi a loro dedicati.
Dice Stasolla: «Da anni denunciamo l’illegalità del sistema campi nomad”, con un fiume incontrollato di denaro pubblico che, con scarsa trasparenza, ha alimentato e continua ad alimentare un meccanismo istituzionale che concentra, allontana e segrega le comunità rom e sinti della Capitale. La punta dell’iceberg di tale «sistema» è rappresentata dal Centro di raccolta rom denominato Best House Rom, situato in via Visso, a Roma, dove vivono più di 300 rom in spazi angusti e privi di finestre e per ogni persona il Comune di Roma paga 600 euro mensilmente all’ente gestore».
Lo scorso anno, secondo il rapporto dell’associazione: «Le spese sostenute dal Comune di Roma per la gestione di 8 villaggi della solidarietà, dei 3 centri di raccolta rom e per le 54 azioni di sgombero forzato sono risultate superiori ai 24 milioni di euro, di essi sono stati spesi per l’organizzazione dei villaggi l’84% e soltanto lo 0,4% è stato destinato all’inclusione sociale dei rom. Sono 35 le organizzazioni che a Roma gravitano intorno al sistema campi e oltre l’80% dei servizi viene assegnato in affidamento diretto, cioè senza gara d’appalto». Che cosa chiedete al sindaco Ignazio Marino? «Un radicale cambio di indirizzo politico», dice Stasolla, «a partire dalla chiusura del Best House Rom che incarna tutte le contraddizioni di un sistema organizzato e redditizio. Va conclusa la stagione dei campi e avviata una politica di reale inclusione della comunità rom nella città”.
Secondo l’associazione, le cooperative che costruiscono il loro fatturato sui campi nomadi, non hanno nessun interesse a cambiare il sistema. «In occasione dell’apertura dell’ultimo villaggio nel 2012- dice Stasolla- abbiamo proposto alle associazioni Arci solidarietà, Ermes e Croce Rossa di boicottare le gare. Oggi quelle stesse organizzazioni lavorano con appalti di un certo valore all’interno dei campi. Tra i soggetti operanti nel sistema campi, Consorzio Casa della Solidarietà e Risorse per Roma risultano, nel 2013, i due destinatari principali dei finanziamenti: 4.242.028 euro il primo, 3.757.050 euro il secondo. Per gli altri soggetti i finanziamenti sono compresi tra i 2 milioni di euro e i 100 mila euro annui. A fronte di costi economici e sociali così elevati, il superamento definitivo dei campi si presenta come l’unica via che conduce a una inversione di tendenza e che si incrocia con quella dei diritti umani».
In un solo anno per spostare da un punto all’altro della città 1.200 rom attraverso 54 azioni di sgombero, il comune ha speso quasi 2 milioni di euro. «Colpisce -aggiunge Stasolla- il numero dei soggetti coinvolti, sono più di 400 le persone che operano all’interno dell’indotto che si muove attorno alla «questione rom». Per ogni nucleo familiare che si trova nell’insediamento di Castel Romano l’amministrazione comunale ha speso, dall’inaugurazione a oggi, 300 mila euro. Tanto denaro spesso fuori controllo e che ha consentito i fattacci emersi nell’inchiesta della procura. Commenta un operatore sociale, Roberto Dell’Aquila: «La cosa che più mi sconcerta nel boom mediatico è il silenzio del terzo settore sano, nessuno che prenda posizione».
Con un decreto approvato dal governo Berlusconi il 21 maggio 2008 la giunta guidata da Gianni Alemanno ha speso 32 milioni di euro in più di fondi pubblici per la gestione dei campi rom rispetto alla gestione ordinaria, per un totale di quasi 60 milioni di euro. Al contrario, secondo Stasolla: «In tre anni, con una spesa di 24 milioni di euro all’anno, sarebbe possibile risolvere l’emergenza abitativa dei rom. Nella capitale ci sono 1.200 ettari di edifici abbandonati che fanno parte del patrimonio pubblico e che potrebbero essere recuperati, chiudendo tutti i campi con un notevole risparmio di risorse pubbliche». Diritti ma anche doveri. Le comunità nomadi dovrebbero, nel loro interesse, farsi un esame di coscienza sugli anticorpi rispetto a gruppi borderline, dediti a furti e accattonaggio, che finiscono per coinvolgere in un cattivo immaginario collettivo l’intera comunità. Il rapporto sulla criminalità del ministero dell’Interno annota: «Il fenomeno dell’accattonaggio vede coinvolti soprattutto bambini nomadi rom, di origine slava, per lo più stanziali sul nostro territorio, e in percentuale minore ma tendenzialmente crescente, perché collegati ai flussi migratori clandestini, anche minori marocchini, rumeni e albanesi, specialmente nel Nord Italia. Spesso il minore è affidato dalla propria famiglia a organizzazioni criminali, che si occupano della sua collocazione» in Italia».
Tommaso Vitale, professore di sociologia urbana al Centre d’études européennes di Parigi, ha coordinato un sondaggio tra gli italiani. Chi sono i più simpatici? Senegalesi (10%), filippini (8), ebrei (8), cinesi (4), arabi (2), rumeni (2), albanesi (1), zingari (1). Cosa viene addebitato ai rom? Di sfruttare i minori e di vivere di espedienti e furti (64%). Il 71% degli intervistati ritiene che gli zingari non facciano abbastanza per rendere possibile la convivenza o comunque che la loro cultura non lo consenta.
Giorgio Ponziano, ItaliaOggi 9/12/2014