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 2014  dicembre 08 Lunedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - IL CERCHIO SI STRINGE INTORNO ALLA MAMMA DI LORIS


REPUBBLICA.IT
SANTA CROCE CAMERINA - Poco dopo le 17 il capo della squadra mobile di Ragusa, Antonino Ciavola, è entrato insieme ad altri investigatori della polizia e dei carabinieri in casa Stival, in via Garibaldi, a Santa Croce Camerina. Alle 17.30 Veronica Panarello, madre del bambino ucciso il 29 novembre, è scesa con i funzionari di polizia e i carabinieri per essere portata alla procura della Repubblica di Ragusa. La casa è presidiata dalle forze dell’ordine. Sull’auto della polizia in cui è salita la donna c’era anche il marito, Davide Stival, che ha sempre difeso la moglie a spada tratta. La donna sarà sentita dal procuratore capo Carmelo Petralia e dal sostituto Marco Rota. "Nulla di nuovo rispetto a prima: la mia assistita è sentita come persona informata sui fatti. E lo ribadisco, non è indagata, meno che mai fermata o arrestata", afferma l’avvocato Francesco Villardita, legale della famiglia Stival. La nuova convocazione di Veronica Panarello, sarebbe stata decisa dalla Procura di Ragusa perchè, secondo quanto si apprende, è stato completato l’esame sia delle immagini di tutte le telecamere presenti lungo il tragitto che la donna sostiene di aver compiuto sabato, sia dei tabulati telefonici del suo cellulare. A questo punto, i pm intenderebbero chiedere alla donna puntuali chiarimenti su una serie di circostanze da lei riferite e che non combaciano con i dati emersi dagli accertamenti tecnici sulle immagini e sul traffico telefonico.
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Dal punto di vista delle indagini tutto adesso sembra ruotare attorno alle fascette. Quella che ha strangolato il piccolo Loris e quelle che gli stringevano i polsi. Troppe, forse, per essere state usate da una persona sola. Ed ecco che sulla scena del delitto entra l’ipotesi, in queste ore al vaglio degli inquirenti, che ad uccidere il bambino possano essere stati anche in due. Un’ipotesi sostenuta anche dagli esiti dell’esame autoptico che in questi giorni ha evidenziato tutta una serie di ferite e lesioni sul corpo di Loris. L’ombra di un secondo uomo, dunque. Ma chi? E che rapporto potrebbe avere con le tante bugie di Veronica? Interrogativi ai quali gli inquirenti, che stanno passando al vaglio anche i tabulati telefonici della mamma di Loris, stanno cercando di dare una risposta.
Omicidio di Loris, peluche, fiori e bigliettini al Vecchio mulino
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Quel sabato mattina, Veronica fa e riceve una decina di telefonate, tutte all’interno della cerchia familiare. Alle 9.23, riceve la chiamata del marito, due soli minuti. In quel momento - stando alla ricostruzione effettuata grazie ai video delle telecamere piazzate lungo le strade del paese - Veronica è a casa. E a casa dovrebbe essere anche Loris, rientrato alle 8.30 dopo essersi rifiutato di salire in macchina con la madre e il fratellino per andare a scuola. Da quell’ora fino a quando Veronica esce nuovamente da casa la telecamera piazzata sull’emporio di fronte che inquadra il portoncino di casa e la macchina non vede entrare ed uscire né Loris né altri. Quindi chi ha portato fuori il bambino, vivo o morto, non è passato da lì. E l’unico altro passaggio è la porta interna della palazzina che immette nel garage dove Veronica ha parcheggiato la macchina (cosa assolutamente insolita per lei) dopo aver lasciato il figlio piccolo alla ludoteca.
Loris, la sequenza filmata dalle telecamere

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Del possibile coinvolgimento di un altro uomo si sussurra in paese, voci alimentate da alcuni post pubblicati sul profilo Facebook di Antonella Stival, zia del piccolo Loris. Lei, che una settimana fa, proprio al Vecchio Mulino aveva parlato di una famiglia "non proprio da Mulino bianco", ieri ha scritto "InFausto pensiero", e poi "Bastardi, costituitevi", al plurale: cosa che in molti leggono come un chiaro riferimento a qualcun altro. Ma ci sono altre due tessere importanti nella ricomposizione di questo complesso mosaico al quale gli inquirenti stanno lavorando senza sosta: la ricerca dello zainetto mancante di Loris (al quale viene attribuita grande importanza) e il mistero delle mutandine, quelle che il bambino non indossava sotto i jeans slacciati (indicatori di una possibile violenza sessuale) ma anche quelle fatte ritrovare due giorni dopo il delitto proprio davanti la scuola, un possibile tentativo di depistaggio del quale deve ancora essere data una lettura chiara. Santa Croce Camerina, piena ieri di posti di blocco e sorvolata continuamente da elicotteri, attende con un misto di angosciata curiosità e di malcelata insofferenza per la pressione mediatica la soluzione del giallo che appare sempre più vicina.

LEGGI: Loris aveva i polsi legati, giallo sui tempi

Persino in chiesa sono risuonate parole durissime nei confronti dei giornalisti. A pronunciarle, nella sua omelia, il viceparroco don Flavio Maganuco. Nessuna preghiera per il piccolo Loris, ma parole di condanna per i media: "Bambini, è stata una settimana particolare. A scuola sono venute tante persone, troppe. Tante telecamere. Sono venute anche qui in chiesa, oggi. È una vergogna, evidentemente non hanno altro da fare". Ai giornalisti che sono andati a trovarlo dopo la messa, ha spiegato: "È inopportuno da parte mia dire qualsiasi cosa se prima non viene fuori la verità intera. Qui c’è anche l’occhio di Dio che tutto vede", ha aggiunto, riferendosi agli occhi elettronici delle telecamere che, fino ad ora, hanno segnato la svolta nelle indagini sbugiardando la versione di Veronica. Ma gli inquirenti cercano altri video per incrociare le immagini di cui sono in possesso con altri fotogrammi. Anche ieri, mentre tanta gente andava a portare fiori e pensieri al Vecchio Mulino, Veronica è rimasta chiusa nella casa di via Garibaldi. Ragazza fragile fin da piccola, Veronica. E nel giorno in cui la procura di Marsala ha riaperto le indagini sulla scomparsa della piccola Denise Pipitone, viene fuori che nel 2004, quando aveva 15 anni, la donna si presentò alla caserma dei carabinieri sostenendo di aver visto la bambina che non è mai stata ritrovata.

PEZZI SCRITTI STAMATTINA
CORRIERE DELLA SERA
GIUSI FASANO
DALLA NOSTRA INVIATA SANTA CROCE CAMERINA (Ragusa) Succede anche nel giorno numero nove. Ancora una volta l’inchiesta sull’omicidio di Loris Stival sembra alla stretta finale e di nuovo la giornata passa senza che nulla accada, nemmeno la restituzione del bambino alla famiglia per i funerali. In Procura è un continuo riunirsi per incrociare dati, immagini, tabulati, testimonianze, mentre si aspettano gli esiti degli esami di laboratorio sul dna.
Come anticipato dal Corriere il 5 dicembre, nell’arco di tempo che Veronica Panarello passa a casa con suo figlio Loris dopo aver accompagnato alla ludoteca il suo bambino più piccolo, parla al telefono una volta sola, e per pochi secondi, con suo marito Davide: «Solo un saluto», hanno confermato entrambi.
La conversazione avviene nei 36 minuti tra le 8.49 e le 9.25 di sabato 29 novembre, quelli in cui, secondo le riprese delle telecamere che la vedono entrare e uscire dal portone, Veronica Panarello rimane, appunto, sola con suo figlio Loris. Agli investigatori suo marito ha spiegato che no, non ha colto niente di strano nella voce di sua moglie. Tutto normale.
Era decisamente più agitata, invece, quando lo ha richiamato, più o meno alle quattro del pomeriggio. Le ricerche andavano ormai avanti da più di tre ore e sono stati i carabinieri a insistere perché avvisasse suo marito della scomparsa del piccolo. Secondo la versione di Veronica sparito da scuola, e con la luce del giorno che cominciava a diminuire. Ma l’uomo, in Veneto per lavoro, non ne sapeva nulla. «Ero convinta di ritrovarlo e non volevo che mio marito si preoccupasse per niente» ha detto lei quando qualcuno ha notato tutto quel tempo fra l’allarme per la scomparsa e l’avviso a Davide. Il bambino era già stato ucciso da ore.
Le indagini, per quanto seguano una pista precisa, non hanno ancora escluso ipotesi alternative. Nemmeno quelle sulle quali i primi accertamenti pare non abbiano portato a nulla. Per esempio la tesi secondo cui il bimbo potrebbe essere stato vittima di due persone che potrebbero coprirsi a vicenda, teoria che contemplerebbe anche la pista della pedofilia. Un’ipotesi con molti condizionali e ancora tutta da verificare. E resta non scartata anche l’eventualità che in qualche modo nello scenario di questa storia possa aver avuto un ruolo, fosse anche soltanto come confidente, il cacciatore che ha ritrovato il corpo. Che, va detto, è indagato «soltanto perché è un atto dovuto» come spiegano in Procura.
Una cosa è certa. Gli investigatori stanno scavando soprattutto nella vita di Veronica. Ed è cercando nel suo passato che hanno scovato quel vecchio tentativo di suicidio (uno dei due) che adesso è diventato un elemento delle indagini per l’omicidio di Loris, morto strangolato. Era il 2003 e Veronica provò a impiccarsi con una fascetta di plastica. Un laccio piuttosto sottile che rompendosi l’ha salvata.
Quell’episodio, documentato, ora è agli atti dell’inchiesta, nonostante l’avvocato della donna, Francesco Villardita, ieri pomeriggio abbia dettato alle agenzie di stampa un comunicato per «smentire nel modo più assoluto che la signora Veronica Panarello abbia tentato nel passato un suicidio, sia con che senza l’ausilio di fascette».
Tipo strano, Veronica. Un anno dopo quel tentato suicidio, a fine 2004, si presentò in caserma, a Santa Croce Camerina, per segnalare ai carabinieri la presenza nella zona di Denise Pipitone, la bambina scomparsa a Mazara del Vallo a settembre di quello stesso anno. «L’ho vista» giurò. Fu la sola segnalazione in zona.
Giusi Fasano

PEZZO SCRITTO SUL CORRIERE DI IERI
DALLA NOSTRA INVIATA SANTA CROCE CAMERINA (Ragusa) Anni fa, quando tentò di uccidersi per la prima volta, Veronica Panarello cercò di farlo con una fascetta da elettricista. Era poco più che una ragazzina, tormentata da un’infelicità perenne e mille insicurezze che avevano a che fare in buona parte con il rapporto conflittuale fra lei e sua madre. Oggi quel dettaglio del tentato suicidio — la fascetta — sembra quasi un particolare da libro giallo e, com’è ovvio, è diventato importante per l’inchiesta. Perché certo non può sfuggire la strana coincidenza di una madre che vuole togliersi la vita in quel modo e di suo figlio che, a distanza di anni, viene ritrovato morto in un canale ucciso «verosimilmente» proprio da una fascetta da elettricista, come dice l’autopsia.
Se Veronica fosse davvero la protagonista di un racconto giallo, quelle stringhe di plastica sarebbero la chiave di tutto. Ma anche se qui siamo nella realtà, i fatti sembrano suggerire la stessa cosa. Perché è sempre sulle fascette che l’inchiesta per l’omicidio di Loris ha registrato nei giorni scorsi un altro passaggio ritenuto «un po’ strano». E cioè la consegna di un mazzo di quegli stessi lacci plastificati alle maestre che erano andate a trovarla per le condoglianze. «Queste le aveva Loris per il compito di scienze. Saranno della scuola, ve le restituisco» ha detto Veronica alle insegnanti. Ma a nessuna maestra verrebbe mai in mente di utilizzare fasce come quelle, potenzialmente pericolose per i bambini. Così quel sacchetto è passato dalle mani di Veronica a quelle della polizia che ritiene compatibili le fascette consegnate con quella (mai trovata) che sarebbe stata usata per strangolare Loris.
«Sono offesa da chi diffonde sul mio conto informazioni false» si difende lei, barricata in casa da una settimana e protetta dal marito e dalla famiglia che non hanno mai avuto dubbi sulla sua innocenza. Con un filo di voce, sfinita dal pianto e dalla tensione, Veronica affida il suo sfogo all’avvocato Francesco Villardita. «Mi hanno già processata e condannata. Ma io sono innocente e ho detto la verità. L’ho detto e lo ripeto: quella mattina ho portato Loris a scuola. E confermo anche il tragitto che ho spiegato di aver fatto, la vigilessa mi ha vista, chiedete a lei».
Sulla storia delle fascette conferma invece che «ne ho parlato io stessa alle maestre. E quando mi hanno detto che non erano della scuola sono stata io a chiedere di chiamare la polizia perché potevano essere utili per le indagini».
La mattina del delitto una telecamera ha ripreso il passaggio della sua Polo nera a 50 metri dall’inizio della stradina che porta dove suo figlio è stato ritrovato morto. Doveva avere un motivo misterioso per andare fin laggiù, hanno interpretato gli inquirenti. «Quale mistero?», se la prende lei, «sono stata io ad avvisare la polizia di essere passata in quel punto, ma era per buttare via la spazzatura perché lì ci sono i cassonetti. E loro lo sanno che è andata così e che non è una sorpresa, anche perché abbiamo fatto due sopralluoghi assieme passando proprio da quel punto».
«State esagerando» aggiunge l’avvocato Villardita riferendosi ai giornalisti. «La signora non è indagata ed è sostenuta da suo marito e da tutta la famiglia. La sola cosa che vogliono tutti in questo momento è riavere Loris e trovare chi l’ha ucciso».
Loris aveva otto anni. È morto strangolato e, forse, non ha nemmeno potuto provare a difendersi perché piccoli segni trovati sui suoi polsi potrebbero voler dire che le mani erano legate con delle fascette. E chissà, forse quelle fascette sono nello zainetto del bimbo che non si trova da nessuna parte. Ieri lo hanno cercato anche con gli elicotteri di polizia e carabinieri. Sparito. Come sparì il piccolo quella mattina, l’ultima della sua vita.
Giusi Fasano

LA STAMPA
L’immagine è comparsa su molti media, ma è il programma televisivo “Chi l’ha visto” ora a sottolineare che il cartello “Vendesi” esposto sul balcone dell’appartamento in cui Loris abitava in via Garibaldi a Santa Croce Camerina era fissato con delle fascette da elettricista, simili a quelle che avrebbero provocato la morte del bimbo per strangolamento. Il dettaglio appare ben visibile in una foto diffusa dalla trasmissione.

Veronica Panarello esce dalla sua abitazione con il cappuccio nero di un giubbotto a coprirle il volto. La mamma di Loris Stival sale con il marito su un’auto civetta della polizia che la condurrà in procura a Ragusa per essere sentita dal procuratore Carmelo Petralia e dal sostituto Marco Rota

LASTAMPA.IT
Il clima d’attesa è stato rotto intorno alle 17.20. Quando gli agenti della polizia di Stato e i carabinieri sono entrati nell’abitazione degli Stival, la casa dei genitori del piccolo Loris, il bambino di 8 anni ucciso sabato 29 novembre. Dopo pochi minuti, sono usciti con Veronica Panarello, la madre. La donna è salita con il marito su un’auto civetta della polizia. Poi il convoglio si è fatto largo tra cameraman, fotografi e giornalisti per dirigersi verso la procura di Ragusa. La donna sarà sentita dal procuratore capo Carmelo Petralia e dal sostituto Rota «come persona informata dei fatti», specifica il suo legale.



UNA FAMIGLIA SOTTO PRESSIONE

Negli scorsi giorni la madre di Loris era già stata sentita «come persona informata dei fatti» . Presenti, tra gli altri, il capo della Squadra mobile Nino Ciavola e il comandante del Reparto investigativo dell’Arma di Ragusa, capitano Domenico Spadaro. Un elicottero sorvolava l’abitazione degli Stival prima dell’arrivo delle forze dell’ordine. La sensazione è che gli inquirenti vogliano far salire il livello di pressione intorno alla famiglia. «È sempre stata una mamma perfetta, affettuosa e attenta», hanno commentato i vicini di casa all’arrivo delle forze dell’ordine. «È un doppio dramma - commenta un’altra signora con il marito - per il bambino e anche per lei, noi siamo convinti che lei non c’entri alcunché».



VIDEO - Ragusa, la madre di Loris portata via dagli agenti



IL MISTERO DEI TABULATI TELEFONICI

Sono ore decisive per gli sviluppi dell’inchiesta. Inquirenti ed investigatori, in particolare, stanno cercando di ricostruire nel dettaglio la mattinata trascorsa dalla madre della piccola vittima. La donna non è indagata ma le sue dichiarazioni non coincidono con gli accertamenti e le verifiche degli investigatori. Inoltre, in base ai tabulati telefonici, nei 36 minuti tra le 8.49 e le 9.25 del mattino di sabato 29 novembre, in cui secondo gli investigatori e gli inquirenti la giovane madre sarebbe rimasta sola in casa con il figlio Loris, quest’ultima avrebbe ricevuto una sola telefonata dal marito. Orazio Fidone, il cacciatore, unico indagato, anche se come atto dovuto, per sequestro di persona e omicidio, oggi si è fermato in piazza a parlare con amici e conoscenti ostentando la massima tranquillità.



L’IPOTESI DELLA «COPPIA DIABOLICA»

I magistrati non hanno poi scartato l’ipotesi che a uccidere il bimbo sia stata una «coppia diabolica». Ci sono molti elementi che contrastano con la tesi dell’assassino solitario. Il bimbo aveva segni di legature con fascette in plastica ai polsi e al collo: difficile immaginare che abbia fatto tutto un adulto da solo. E poi resta il giallo nel giallo di quelle mutandine blu che furono depositate davanti alla scuola. Come si ricorderà, il corpo di Loris è stato trovato con i pantaloni slacciati e senza slip. Di qui il sospetto che sia stata costruita ad arte la pista di un pedofilo solitario per sviare le indagini. Un depistaggio? In tutta evidenza, se le cose fossero andate così, ci si troverebbe di fronte a una mente lucidissima che non solo pianifica l’omicidio del piccolo, ma anche le azioni delle ore e dei giorni seguenti.



LA PROZIA DI LORIS: «COSTITUITEVI»

In paese, inoltre, non sono passati inosservati i post sulla bacheca Facebook di una prozia di Loris che il giorno dopo il delitto scrisse «questa non è la famiglia del Mulino Bianco». La signora, poi, dopo aver invocato un «bastardi costituitevi!», ha anche scritto come in un gioco di parole «InFausto pensiero...». Poche ore dopo, però, Antonella Stival ha corretto il tiro e sempre su Facebook ha voluto puntualizzare di non avere alcun elemento sull’omicidio e di aver da solo sfogo alla sua angoscia: «I miei pensieri -ha scritto- non fanno riferimento alla mia diretta conoscenza delle cose ma sono il frutto di miei pensieri addolorati da questa tragedia che ha colpito la mia famiglia».