Francesco Semprini, La Stampa 6/12/2014, 6 dicembre 2014
VIA GLI HOMELESS DAL CAMPO NEL CUORE DELLA SILICON VALLEY. E A MARSIGLIA ARRIVA IL TRIANGOLO PER I CLOCHARD
L’ordine è scattato all’alba di giovedì, quando una trentina di poliziotti, quindici funzionari dei servizi sociali, e decine di operai in tute ed elmetti bianchi hanno dato il via alle operazioni di sgombero e demolizione dell’accampamento sul letto del fiume in secca che costeggia San Jose, in California. Si chiama «Jungle», la Giungla, ed è il «campo nomadi» che si trova nel cuore di Silicon Valley, nomadi intesi come «homeless», persone di diversa provenienza, ex lavoratori piegati dalla crisi, ma anche sbandati. Costretti a vagare ai margini del distretto tecnologico più importante del mondo, prima di «conquistare» un posto nella «Giungla».
Nel campo all’ombra dei quartier generali di Google, Apple, Yahoo! ed eBay, dove baracche in lamiera si alternano a tende e roulotte dismesse, hanno trovato per anni «ospitalità» 350 persone, alternandosi in condizioni di grave precarietà. «Per tutti quanti è immondizia, ma per noi questa è casa», dice Nancy Ortega. La donna piega i pochi stracci e la coperta che ha, e li carica su un carrello, mentre le ruspe iniziano a raccogliere tutto ciò che si trova per terra, scatole di cibo, bottiglie, escrementi e resti di ogni genere. Intanto il popolo della «Giungla» guadagna l’uscita prima che si proceda a buttare giù tutto ciò che rimane del campo. «La gente rallenta con le auto e ci guarda come animali da circo», prosegue la donna, mentre ai margini della strada gruppi di protesta manifestano al ritmo di slogan come «I senzatetto contano» e «Noi stiamo con la Giungla».
Le autorità di San Jose hanno speso solo lo scorso anno e mezzo oltre 4 milioni di dollari per risolvere i problemi al campo nomadi della Silicon Valley, e sono riusciti a dare casa a 135 persone. Alcuni tuttavia si sono rifiutati di trovare una sistemazione, come spiega il responsabile delle politiche per i senzatetto, Ray Bramson: «Vogliono vivere accanto ai propri animali, e poi rifiutano le regole di sobrietà». Il punto è che la situazione al campo da un punto di vista igienico è divenuta insostenibile, a causa dell’inquinamento procurato al vicino torrente Coyote Creek che attraversa la città. E poi c’è il problema della sicurezza: lo scorso mese un abitante della Giungla ha tentato di strangolare un compagno, un altro è stato quasi ucciso a martellate.
Situazione insostenibile per le autorità che già nel 2012 avevano provveduto a uno sgombero, ma questa volta sono decisi ad andare fino in fondo con ronde e pattuglie di polizia che impediscono il ritorno dei «nomadi». Per mesi i servizi sociali hanno tentato di trovare una sistemazione agli abitanti della «Giungla», sino a quando è arrivata l’ordinanza con scadenza di 4 giorni. Così anche coloro che speravano in una trattativa a oltranza, una sessantina, sono stati costretti ad andar via, tranne un gruppo di irriducibili, come Valentina Cortes, ex operaio edile determinata a rimanere. «Non capisco tanta agitazione», spiega mentre accarezza il suo cane. La polizia però è pronta ad arrestarla. «La Giungla è casa mia - dice ancora - vorrà dire che passerò la notte in galera».
Francesco Semprini, La Stampa 6/12/2014