Paolo Bracalini, Il Giornale 7/12/2014, 7 dicembre 2014
SE IL DIRETTORE DEL CASINÒ GUADAGNA PIÙ DELLA MERKEL
In media i dirigenti stanno sui 140mila euro di stipendio l’anno (calcolo fatto dall’ex commissario antisprechi Carlo Cottarelli). Una media, appunto, superata da molti dirigenti delle società partecipate locali. Che godono molto spesso di trattamenti faraonici. Una pacchia, una delle tante nascoste nella giunga delle partecipate locali, che contano quasi 15mila poltrone solo tra gli organi sociali (Cda, presidente, collegio dei sindaci) più un esercito di dirigenti, pagati anche di più. Partiamo dalla maglia nera delle partecipate locali, l’Atac di Roma, l’azienda del trasporto della capitale. Un inferno per i passeggeri, ma un eldorado per i manager, molti dei quali guadagnano poco meno del presidente della Repubblica (240mila euro), ma qualcuno, come Antonio Abbate, capo di Atac Patrimonio, pure di più: 250mila euro l’anno. Poi, sui 200mila euro, ci sono i dirigenti del settore Investimenti di Atac, Angelo Emidio Cursi e Pietro Spirito, poi il dirigente del marketing Roberto Cinquegrani, e molti altri abbondantemente sopra i 100mila euro l’anno. «Nel corso del 2013 - specifica l’Atac - non è stato corrisposto alcun compenso a titolo di retribuzione variabile». Cioè nessun premio ai dirigenti. Forse perché, nel 2013, l’Atac ha chiuso con la perdita monstre di 219 milioni di euro? E volevi pure il premio?
All’Ama di Roma, altra partecipata comunale per la raccolta dei rifiuti, c’è il direttore generale che guadagna 220mila euro, poi dirigenti ben remunerati. Come la dott.ssa Giovanna Anelli, direttore del Servizio ricerca fondi per eco distretti dell’Ama, con i suoi 173mila euro e il responsabile Direzione Corporate dell’azienda della spazzatura romana, Leopoldo D’Amico, che guadagna 149mila euro. Cifre che non comprendono l’eventuale «componente variabili o legata alla valutazione del risultato», non previste nel 2013. Solo 140mila euro, invece, per il numero uno di Zètema Progetto Cultura Srl (100% Comune di Roma), Albino Ruberti. Va meglio al direttore generale di Lazio Service Spa (Regione Lazio), Giuseppe Tota, con i suoi 156mila euro.
Ma non è che la cuccagna riguardi solo Roma. A Venezia il direttore generale del Casinò, una delle partecipate comunali, guadagna più della cancelliera tedesca Angela Merkel: 306mila euro l’anno. Un’altra partecipata veneziana, la Veritas Spa ha un direttore generale da 200mila euro l’anno. A Brescia, invece, il Comune vorrebbe applicare il tetto di 240mila euro ai vertici delle partecipate, che però rispondono picche. Come Brescia Mobilità, che non ne vuol sapere - come racconta il Giornale di Brescia - di tagliare lo stipendio di 300mila euro del suo direttore generale Marco Medeghini. Che ricoprendo in contemporanea anche le poltrone di direttore generale di Brescia Trasporti, direttore generale di Metro Brescia e amministratore delegato in Apam, secondo la società partecipata farebbe risparmiare stipendi al Comune, altro che abbassarlo. Segno evidente, lì come altrove, che portare i compensi alla cifra simbolo di 240mila euro non è così semplice. «I tetti sono inutili se poi si lascia che ogni ente locale costituisca nuove società senza controlli - dice Andrea Mazziotti, capogruppo di Scelta civica e promotore di un taglio alla giungla - Bisogna vietare il proliferare di queste società e chiudere quelle vuote o inutili che servono solo a creare poltrone».
Non sempre si può sapere quanto guadagnano. Il presidente dell’Asia (rifiuti) di Napoli prende 60mila euro. E i dirigenti? La pagina (obbligatoria per legge) sulla trasparenza delle cariche aziendali e relativi stipendi della partecipata napoletana riporta questo messaggio: «Pagina in costruzione....Coming Soon». I compensi non rispecchiano le performance delle società, anche perché le nomine seguono logiche politiche più che di mercato. Molte partecipate sono in rosso, ma i compensi no. Il responsabile pianificazione di Finpiemonte Partecipazioni Spa, una delle partecipate della Regione Piemonte, prende 104mila euro, mentre la società ha perso nel 2013 15.563.486 euro (anche nel 2012 era in rosso, per 8 milioni).