Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  dicembre 07 Domenica calendario

LA CORTE DEI CONTI IL GRANDE BLUFF DELLA LOTTA ALL’EVASIONE: INUTILE PIÙ DI UN ACCERTAMENTO SU TRE

Accertamenti virtuali. Così li definisce la Corte dei Conti nella Relazione sulla tax compliance. Si tratta di quelle operazioni di contrasto all’evasione fiscale effettuate dall’Agenzia delle entrate nei confronti di soggetti incapienti o nullatenenti che mai potranno versare il dovuto nelle casse dell’erario. In pratica, è un lavoro a vuoto compiuto dagli ispettori del fisco che serve solo a contabilizzare presunte entrate nel bilancio dello Stato e far vantare il direttore dell’Angenzia sui frutti della lotta all’evasione. Il problema è che questo tipo di accertamenti non costituiscono una parte marginale, ma una quota assai consistente dell’attività del fisco. Prendendo in esame il periodo 2009-2013 su un totale di 1.658.545 controlli ben 616.286 sono quelli che si sono risolti senza che il contribuente né accettasse il rilievo né lo impugnasse di fronte alle commissioni tributarie. Si tratta di una percentuale del 37,2% che sale, però, al 41,8% prendendo in esame le somme chieste dal fisco. La maggiore imposta che viene definita «per inerzia» ammonta, infatti, a 53 miliardi si un totale di 129 miliardi. Netto il giudizio della Corte dei Conti: «È agevole rilevare come l’elevatissima quota di accertamenti definiti per inerzia del contribuente si traduca in gran parte in una sorta di attività di accertamento virtuale priva di concreti effetti afflittivi stante la prevedibile inesigibilità delle somme poste in riscossione».