Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  dicembre 07 Domenica calendario

IL SOSPETTO: LA MADRE DI LORIS COPRE IL KILLER?

Si stringe il cerchio attorno a chi ha assassinato il piccolo Loris Stival. A otto giorni dal delitto, quelli che all’inizio erano soltanto frammenti di verità cominciano a prendere corpo. La domanda a cui i magistrati stanno tentando di dare una risposta è capire perché Veronica Panarello abbia mentito fin dal primo giorno su tutta la linea. Ogni elemento punta sulla madre, ma da una fonte investigativa si lascerebbe spazio a un quadro più ampio: «Il lavoro degli inquirenti sta andando avanti in modo spedito e si indaga su più direzioni». Frasi che inducono a pensare che la mamma non sia l’unica persona su cui sono puntate le lenti d’ingrandimento degli investigatori e che potrebbero riservare sorprese e aprire scenari clamorosi. Qual è la verità che le bugie di Veronica stanno coprendo? E se oltre a lei e all’unico indagato, l’ex dipendente Enel Orazio Fidone, ci fosse una terza persona fino ad ora rimasta nell’ombra? I riflettori puntati ossessivamente verso la donna potrebbero essere un’esca per stanare qualcun altro, aspettando, magari, un suo passo falso? Tutti quesiti sui quali per ora non c’è risposta. Le versioni della venticinquenne su quella mattina del 29 novembre sono state clamorosamente smentite una dopo l’altra. Prima le telecamere hanno accertato che lei non ha mai accompagnato il figlio a scuola, poi gli orari che non combaciano, le fascette consegnate alle maestre ritenute compatibili con l’arma del delitto e infine, la sua auto immortalata quella mattina a pochi metri dal luogo dove poche ore dopo è stato trovato cadavere. E ancora, i 36 minuti di "buco" durante i quali sarebbe rimasta a casa con Loris. E ieri la notizia di altre riprese video da cui emerge che la Volskwagen Polo di Veronica avrebbe impiegato 9 minuti a percorrere il tratto di strada vicino al Mulino Vecchio, che invece si percorre in 3 minuti. Pezzi di una verità ancora tutta da scrivere. E non può passare inosservato un altro particolare: ripetute conferenze stampa in questura a Ragusa e dichiarazioni ufficiali del procuratore capo Carmelo Petralia, avevano accompagnato le indagini dei primi giorni. Da 72 ore, però, dagli uffici giudiziari della città iblea si fa silenzio. Ed è un silenzio che potrebbe voler dire tanto: negli ultimi tre giorni, infatti, non è giunta nemmeno una dichiarazione ufficiale, ma tante notizie sono, comunque, arrivate alla stampa a singhiozzo, come se fosse una tattica snervante, mirata a stringere una morsa sempre più stretta attorno all’assassino o agli assassini di Loris. In paese, nel frattempo, le voci si susseguono fin dal primo giorno. Mezze frasi. Poi smentite. Come lo sfogo del padre a poche ore dall’omicidio, rivolto non si sa a chi: «Questa volta lo ammazzo». Un’affermazione, pubblicata prontamente dai giornali, ma subito smentita. E poi ancora l’altra frase di una zia, secondo cui gli Stival non fossero proprio una famiglia da Mulino Bianco. Accuse e illazioni sulla condotta della madre in paese non mancano e in più c’è l’assedio dei cronisti, piazzati da giorni davanti casa. Troppo, al punto che ieri Veronica non ce l’ha fatta più ed è uscita sul balcone, urlando da lì la propria innocenza: «Io ho detto la verità», ha gridato, «sono innocente, qui sono tutti contro di me». E poi, evidentemente logorata dallo stress, ha implorato «perché non me lo ridanno, rivoglio il mio bambino, voglio toccarlo, abbracciarlo». Da una settimana è una madre sotto pressione, passa le sue giornate a piangere, quando non è convocata in questura, in un misto fra dolore e atroci sospetti, dovuti alle contraddizioni delle sue versioni. E ieri a difenderla ci ha pensato anche il marito, fino ad oggi rimasto in silenzio: «Veronica è una mamma speciale», ha detto attraverso l’avvocato di famiglia, Francesco Villardita, «non voglio che si infanghi il nome di mia moglie». E poi ha lanciato anche un appello: «Chi sa parli. Aiutateci e dateci al più presto nostro figlio». Nel pomeriggio, poi, sono emersi altri particolari sulla morte del piccolo, a cui sarebbero stati legati i polsi con fascette dello stesso tipo di quella che lo ha strangolato.