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 2014  dicembre 07 Domenica calendario

UN MISSILE PER JAFAR «IL PILOTA» UCCISO L’AMERICANO DI AL QAEDA

WASHINGTON Per anni lo conoscono solo come il sudamericano. Poi diventa Jafar il pilota. Qualcuno sospetta che sia Ciro, uno studente di un college dell’Ontario. È un abbaglio in una galleria di false identità, avvistamenti incerti per uno dei soldati perfetti di Al Qaeda: Adnan al Shukrijumah.
Latitante da anni, finito nella lista dei grandi ricercati dell’Fbi con una taglia da 5 milioni di dollari, ora non c’è più, ucciso da un raid di elicotteri e commandos pachistani a Wana, nel sud Waziristan. Colpo duro per il movimento che perde un pianificatore importante. Forse uno dei pochi della vecchia guardia.
Se avesse fatto un altro lavoro e non il terrorista, la storia di Adnan poteva essere citata ad esempio. Il militante nasce 39 anni fa in Arabia Saudita, cresce e vive in Guyana, piccolo Stato confinante con il Venezuela. Finisce a queste latitudini seguendo il padre, un imam stipendiato dai sauditi per diffondere il verbo integralista.
La permanenza nel quadrante geografico gli permette di imparare molto su questa parte di mondo. E apprende ancora di più quando la sua famiglia si trasferisce a Brooklyn. Il padre è nell’entourage dello sceicco cieco, Omar Abdel Rahman, figura carismatica e faro per gli estremisti poi coinvolti nell’esplosione alle Torri Gemelle, nel febbraio 1993. Adnan assorbe i precetti però non è ancora pronto. Il suo momento verrà presto, dopo un’altra migrazione.
Il giovane si muove di nuovo, insieme ai genitori. La meta è Fort Lauderdale, Florida. C’è da aprire un centro islamico. Adnan studia, è bravo nelle materie scientifiche, sembra destinato ad avere un buon futuro in America. Invece cambia strada. E in modo radicale: nel giugno 2001 parte per l’Oriente, prima in Pakistan, quindi in Afghanistan, dove entra nel movimento qaedista, anche se non è escluso che la sua adesione risalga ad un periodo precedente.
Per il militante sono mesi difficili, soffre d’asma, fatica nel training gestito da guerriglieri kashmiri. Finisce a lavare le pentole. La prende male, vuole contare di più, si impegna. Chi lo incontra lo descrive ambizioso, arrogante ma capace. Adnan fa breccia tra i mujaheddin. Anche perché possiede la carta verde Usa, sa come muoversi nei Paesi nemici, può agire da infiltrato.
La sua pelle scura e una certa padronanza delle lingue gli permettono di farsi passare per un latino. Informazioni — non precise — sostengono che faccia una ricognizione lungo il canale di Panama. Voci incontrollabili aggiungono: ha imparato a portare jet passeggeri. Lo avvistano ovunque, aumentandone il peso nel network. In realtà, l’Fbi — prima ancora di identificarlo con certezza — scopre che Adnan è un reclutatore e organizzatore.
Testimonianze lo collegano a diversi progetti di attacchi: nel 2003 la prima segnalazione seria, l’anno successivo è presenta alla riunione che porterà alle bombe di Londra, quindi scompare per poi riapparire sui radar nel 2009 come coordinatore per una possibile azione nel metrò di New York affidata ad un afghano. Gli interrogatori dei prigionieri di Guantanamo aggiungono dettagli al profilo del «pilota», forse anche Khaled Sheikh Mohamed, lo stratega principe di Al Qaeda, fornisce altri dati durante i pesanti interrogatori a cui è sottoposto.
E’ possibile che Adnan, con l’eliminazione per mano degli americani di molti «colonnelli», salga nel network oggi agli ordini di Ayman al Zawahiri. Le promozioni in Al Qaeda portano prestigio ma anche guai. Diventi un «Htv», sigla inglese che indica un bersaglio di alto valore, un bersaglio per i droni che vanno a caccia di terroristi nell’area tribale del Pakistan. Cresce l’attenzione degli informatori, fondamentali per individuare i most wanted. Al Shukrijumah riesce a beffarli per molto tempo, evitando missili e morte. Fino a ieri.