Giancarlo De Cataldo, la Repubblica 7/12/2014, 7 dicembre 2014
MICHAEL DOBBS
ROMA
Per anni è stato il braccio destro della Thatcher, ma un giorno lei lo cacciò su due piedi. “Mi ritrovai con mia moglie su un’isoletta a leggere il best-seller del momento e a sbuffare. Mi disse: se credi di poter fare di meglio provaci, basta che non mi rovini la vacanza”. E così è nato F.U., il protagonista dei suoi romanzi poi diventati la fortunata serie tv House of Cards. “Racconto la sola cosa che conosco bene, la politica per com’è e per come deve essere: spietata e crudele, lì sta la sua grandezza. No, non posso dirle come finirà la storia; se lo facessi sarei poi costretto a ucciderla. E mi dispiacerebbe”
Michael Dobbs ha la stretta di mano franca, la battuta pronta e il sorriso caloroso che non ti aspetteresti da un nobile inglese. E tanto meno dall’ex braccio destro di Lady Margaret Thatcher. Come dire: la spocchia è prerogativa degli arricchiti, o degli snob d’accatto, mentre uno come me non ha niente da dimostrare. «Sono diretto discendente di Guglielmo il Conquistatore. Ma prima di vincere a Hastings e diventare re d’Inghilterra si chiamava Guglielmo il Bastardo...». Capita l’antifona? Michael Dobbs è uno che adora spiazzare. Un bastian contrario per vocazione. Tifoso dell’Arsenal, «proprio perché cresciuto in un quartiere di Londra dove tutti tifavano per i Tottenham Hotspurs». Europeista convinto nel regno degli euroscettici: «Non parlatemi di identità o di piccole patrie. Le differenze ci uniscono, e ci rendono più forti. L’Europa è nella sua cultura, non nelle sue istituzioni, su cui c’è troppa enfasi. Le istituzioni passano, il Colosseo, Westminster, Notre-Dame restano. È da lì che dobbiamo ripartire». Da lì, e da House of Cards, la serie tv originata dalla trilogia letteraria che ha regalato a Dobbs fama e successo (in Italia i primi due volumi sono usciti per Fazi, il terzo uscirà a marzo). Quando ne parla, il Lord che non t’aspetti si accende d’entusiasmo. «Avevo davanti a me una brillante carriera politica. Poi Lady
Thatcher mi ha cacciato su due piedi. Non sarei mai più diventato ministro o, chissà, ancora di più. Il presidente Mitterrand disse, una volta, che Margaret aveva le labbra di Marilyn Monroe e gli occhi di Caligola. A me, evidentemente, erano toccati gli occhi. Mi ritrovai con la mia allora moglie sull’isoletta di Gozo. Leggevo il best-seller del momento e sbuffavo.
Ero inquieto, insoddisfatto. Lei a un certo punto mi dice: “Piantala di fare l’arrogante. Se questo libro non ti piace, e credi di poter fare di meglio, provaci, ma non rovinarmi la prima vacanza da due anni a questa parte”. Me ne andai in piscina con un taccuino, una penna e una bottiglia di vino.
Al termine di un lungo pomeriggio, il vino era finito (ovviamente) e sul taccuino avevo scritto solo due lettere. F.U.».
Come Frank Urquarth, deputato conservatore nei romanzi. Come Frank Underwood, il memorabile, cattivissimo Kevin Spacey della serie americana. «Come Fuck You, fottetevi, per dirla tutta! Il modo migliore per descrivere il carattere del mio eroe. Uno che dice: perché strappare solo un braccio al tuo nemico visto che ne ha due?». Dobbs dice di essersi ispirato al Giulio Cesare di Shakespeare, ma qui sembra puro Machiavelli: le crudeltà funzionano solo se si fanno tutte insieme, al momento di prendere il potere. «Ma non immaginavo né di diventare uno scrittore, né che avrei avuto tanto successo. Oggi, ventisette anni dopo, posso ringraziare, per tutto questo, la mia ex moglie». Ma perché tanto successo, forse neanche Lord Michael riesce a spiegarselo sino in fondo. F.U. è davvero un bastardo. Eppure, non possiamo fare a meno di stare dalla sua parte. «Per fare House of Cards è bastato conoscere la politica per come è realmente e darne una rappresentazione edulcorata: altrimenti nessuno mi avrebbe preso sul serio! Nel corso degli anni, ho incassato attestati di stima da molti politici, e a tutti ripetevo: non è un documentario sulla politica, è finzione. Più di un politico mi si è avvicinato con fare da cospiratore per chiedermi “sono io, vero? Il modello di F.U., dico. Si è ispirato a me?”. E a tutti ho risposto: per niente! F.U. è un personaggio immaginario». Sarà. Ma nemmeno il più scatenato antagonista riuscirebbe a concepire un simile concentrato di perfidia. «Tutti quelli che si avvicinano alla politica, per il novantacinque per cento del loro tempo, si sforzano di migliorare le cose o quanto meno così descrivono se stessi, come servitori del bene comune. Il fatto è che il restante cinque per cento, il lato oscuro è maledettamente più affascinante. Ci insegna molto di più sulla vita stessa, attraverso la chiave drammatica che meglio rappresenta la realtà. E per la verità, non ho mai conosciuto in tutta la mia vita un politico che fosse generoso, altruista, aperto, leale. Il politico vive nell’ossessione del potere, tutte le sue energie sono finalizzate alla conquista, alla vittoria, alla distruzione del nemico. Troppi politici desiderano essere amati, mentre ciò di cui vive un politico è il rispetto. Per guadagnarsi il rispetto, occorre essere efficaci, fare cose che funzionano e che sono ricordate. La politica può essere, anzi deve essere, spietata, persino crudele. Ma è lì che sta la sua grandezza». Chissà se si può parlare di grandezza anche per i pedofili — forse assassini — che pare imperversassero negli anni della Thatcher. Lord Dobbs sembra perdere per un istante l’abituale understatement. «Per il momento sono solo rumors, voci. E poi, che dire? I politici sono uomini come tutti gli altri. Come si fa a escludere che fra loro possano esserci anche dei pervertiti?». Inutile insistere. Lord Michael è troppo innamorato della politica per spingersi oltre. Anche se la politica l’ha tradito. Anche se lui per primo la tradisce di continuo, svelandone il lato oscuro.
Siamo in una saletta del “palazzo Fandango”, in attesa dell’incontro con il pubblico. Molti giovani, qualche aspirante scrittore. C’è fermento, persino emozione per il faccia a faccia con l’autore di House of Cards. Lord Michael sorseggia un altro po’ di tè. Si affaccia un ragazzo con la barba, mi fa sottovoce «chiedigli di Renzi». Il Lord coglie il bisbiglio. «È vero, ho scritto a Matteo Renzi qualche riga, dopo aver visto che si era fatto fotografare mentre acquistava una copia del mio libro. Gli ho fatto presente che House of Cards è un romanzo, non un manuale di istruzioni. Tuttavia, penso che di politici come lui ci sia bisogno, perché è un uomo nuovo che non ha niente a che spartire con l’eredità — terribile — della politica degli ultimi venti anni ». Tutto qui? Eppure, gira voce di un, diciamo così, “feeling” con il nostro premier... «Meglio essere riservati» sospira, in un furbo “direnon-dire” che rivela lo stratega delle comunicazioni. «In ogni caso, e questo vale per Renzi come per chiunque altro, ho imparato dalla Thatcher che la cosa più utile per un politico è un robusto paio di stivali chiodati. Per camminare comodamente e per prendere a calci chi se lo merita».
Il presente di Dobbs è nella Camera dei Lord. «Un incarico consultivo, senza potere reale. Però ha un senso. Lo paragono a una macchina per il compostaggio dei rifiuti. Riceviamo un mucchio di merda dalla Camera dei Comuni, dove si decide, e per sei mesi la teniamo parcheggiata da noi. Dopo lunghi dibattiti, restituiamo un pacchettino di compost: che non sarà perfetto, ma è sempre meglio del magma originario. Questo fa di me un lombrico parlamentare». Il futuro è ancora House of Cards . «La terza serie è pronta. La vedrete presto anche in Italia. E dopo... Potrei farle qualche anticipazione, ma poi sarei costretto a ucciderla, e questo mi dispiacerebbe. Diciamo che dopo un quarto di secolo di vita in comune non vorrei liberarmi di F.U. Perciò: come escludere che possa continuare a vivere, mettiamo, dopo la morte? La verità è che non ho idea di cosa accadrà in futuro». La folla, di là, rumoreggia. Un ultimo sorso di tè, Lord Michael, e una dichiarazione al popolo dei lettori. «Lettori! Adoro i miei lettori! Una signora una volta mi ferma, dopo un reading. Tutta eccitata mi stringe la mano e mi fa: “Dobbs, lei è grande! Tutte le sere, prima di addormentarmi, leggo una o due pagine del suo libro. Sapesse come mi concilia il sonno...”. Voleva essere un complimento. Beh, a quella signora e a tutti gli altri direi: leggete, divertitevi, non prendetelo troppo sul serio...». Pausa. Lampo ironico nello sguardo. «Ma nello stesso tempo, prendetelo tremendamente sul serio!».
Giancarlo De Cataldo, la Repubblica 7/12/2014