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 2014  dicembre 07 Domenica calendario

IL GRANDE FRATELLO IN PAESE QUELLE CENTO TELECAMERE CHE NON LASCIANO SCAMPO

SANTA CROCE CAMERINA.
Solo attorno alla scuola ce ne sono sette, anche se due da qualche tempo non funzionano, messe fuori uso da un temporale. “Zona monitorata da telecamere”, è scritto su decine di cartelli in città. In sei lingue, persino in arabo e in albanese visto che, dei diecimila abitanti di questo paese divenuto suo malgrado teatro di questo reality dell’orrore, tremila sono extracomunitari, soprattutto maghrebini e albanesi, trasferitisi qui da decenni per lavorare nelle serre della piana di Vittoria.
Quarantuno telecamere “pubbliche”, più quelle dei tanti privati, esercizi commerciali, distributori di benzina, banche — con cui si arriva a sfiorare il centinaio — fanno di Santa Croce Camerina uno dei paesi più monitorati della Sicilia. Una sorta di “Grande fratello” della sicurezza che da due anni veglia sugli abitanti del paese per “rendere il territorio meno aggredibile da fattispecie criminose...”. Così si legge nell’obiettivo del Pon sicurezza del ministero dell’Interno che nel 2012 ha finanziato con 350 mila euro il progetto di videosorveglianza di Santa Croce Camerina, paese-pilota di un più vasto progetto per il Sud Italia che in Sicilia ha portato all’installazione di circa mille telecamere e alla posa di 3000 chilometri di fibra ottica.
Piazzate su pali della luce, cornicioni, tetti, gli “occhi” del ministero dell’Interno sono riusciti a seguire quasi passo dopo passo il percorso di Veronica Panarello, aprendo gravi falle nella sua versione dei fatti. Il progetto di videosorveglianza, che nella provincia di Ragusa trova la sua punta di diamante con 150 occhi elettronici, si compone di telecamere e sistemi di lettura di targhe, i cui flussi video sono veicolati attraverso reti di trasmissione dati che hanno il loro terminale nelle centrali operative delle forze dell’ordine tra loro interconnesse. Il monitoraggio di questa rete è affidato al Centro elettronico nazionale della Polizia di Napoli, ma la centrale operativa dell’impianto è al comando della Polizia municipale.
È lì che sabato, subito dopo che la mamma ha denunciato la scomparsa di Loris dalla scuola, gli investigatori sono andati a cercare le immagini che avrebbero dovuto dare un’indicazione sui movimenti del bambino. Ma la telecamera “dome 360” piazzata sul chiosco dei panini della piazza delle scuole, una di quelle omnidirezionali con lo zoom, non ha mai inquadrato Loris. E neanche le altre due che coprono la zona dei plessi scolastici, in via Fratelli Cervi e in via Giuseppe Di Vittorio. Sono entrambe fisse, ma se Loris o la macchina di Veronica quel sabato mattina fossero passati da lì non sarebbero sfuggiti all’occhio elettronico. E a dare un contributo fondamentale alle indagini sono state le telecamere dei privati che hanno risposto all’appello del procuratore Carmelo Petralia mettendo a disposizione le immagini dei loro impianti. Come il distributore di benzina della rotonda all’uscita del paese che ha immortalato la macchina di Veronica mentre sfrecciava in direzione del Mulino Vecchio, là dove sette ore dopo sarebbe stato ritrovato il corpo senza vita di Loris.
Alessandra Ziniti, la Repubblica 7/12/2014