Anna Rotili, Prima 11/2014, 5 dicembre 2014
IL MAGNIFICO SQUALO
[RUPERT MURDOCH]
A sbirciare l’immagine dell’Europa pubblicata sul sito di Sky, con tratto minimalista se non addirittura infantile, attraversata da una ampia fascia scura che parte dalla Sicilia e arriva fin su in Scozia passando per Austria e Germania, vengono in mente le fascinose cartine che arricchivano i libri di storia d’antan, chiamate a dare l’idea dell’incontenibile espansione dell’Impero romano in tutto il Vecchio Continente. Nel caso di Sky si tratta della definizione dei confini dell’evoluto impero televisivo, costruito tenacemente centuria dopo centuria, legione dopo legione, da Keith Rupert Dylan Murdoch, secondo Forbes il 78esimo uomo più ricco del mondo con un patrimonio di 14,4 miliardi di dollari.
L’impresa prese l’avvio venticinque anni fa con la pay tv inglese BSkyB, per servire il pubblico britannico e quello irlandese, continuò nel 2003 con la nascita di Sky Italia, e poi passò in Germania e Austria con l’acquisto della vecchia e disastrata Canal Plus Germania di Leo Kirch, trasformata per l’appunto in Sky Deutschland. Se in Francia e in Spagna i manipoli di Murdoch non avessero dovuto fare marcia indietro, ora ‘The Shark’, lo squalo, come amici e nemici si divertono a chiamarlo in un mescolo di stizza e di lode, meriterebbe davvero, uno dopo l’altro, gli epiteti di Caesar, Augustus, Imperator, Pontifex Maximus, Princeps e Dominus della tivù europea. Scherzi a parte, l’operazione della Grande Sky è un colpo da maestro che permette a 21st Century Fox di controllare con il 39% delle azioni un colosso da 20 milioni di clienti e con un giro d’affari di 11 miliardi di sterline.
Non a caso Murdoch all’assemblea dei soci della holding, di cui è ceo e presidente e che si è tenuta a Los Angeles il 12 novembre scorso, ha dichiarato con orgoglio che “proprio questa mattina abbiamo completato il passaggio di Sky Italia e delle nostre quote di Sky Deutschland in BSkyB, creando una televisione digitale paneuropea leader grazie alla combinazione di questi asset. Eravamo convinti da tempo”, ha proseguito Murdoch senza mostrare un filo di esitazione nella voce ancora possente a dispetto dei suoi 83 anni, “che mettere insieme le Sky europee avrebbe creato un enorme valore a lungo termine, e l’accordo che prevede il mantenimento del nostra quota proprietaria del 39% ci mette nella condizione di beneficiare della crescita futura del gruppo che ne esce così rafforzato”.
È vero che Murdoch inseguiva quel sogno da tempo e pensava di attuarlo già sei anni fa quando tentò di conquistarsi l’intera BSkyB, fermato però dal malaugurato quanto improvvido scandalo di News of the World che lo rese a dir poco impopolare nel Regno Unito e che lo costrinse a fremere in panchina in attesa di tempi migliori.
Formalizzata la nascita il 28 giugno 2013, 21st Century Fox – dopo la separazione di televisione e intrattenimento da una parte, e carta stampata, editoria libraria, servizi di informazione, educazione digitale, eccetera, dall’altra – ha potuto concedersi un breve rodaggio prima che Murdoch cominciasse a spingere a tutto gas.
2014: anno irrequieto – L’anno che sta per consumarsi ha assistito a un impressionante movimento dei maggiori gruppi dell’entertainment e delle telecomunicazioni e Murdoch, che non è secondo a nessuno per dinamismo e irruenza, sui mercati ha giocato la sua parte. Il 16 luglio scorso il New York Times aveva pubblicato la notizia secondo la quale il tycoon australiano aveva messo sul tavolo 80 miliardi di dollari per acquisire Time Warner, il colosso dell’intrattenimento concorrente di 21st Century Fox, ma la proposta era stata rifiutata malgrado due banche, Jp Morgan e Goldman Sachs, fossero pronte a finanziare l’operazione per i 25 miliardi di cash che occorrevano per coprire parte dell’acquisto.
Non ancora spenta l’eco oltreoceano, il 25 luglio gli inglesi di BSkyB annunciano l’accordo raggiunto con 21st Century Fox per acquistare il 100% delle quote di Sky Italia in loro possesso e il 57,4% di Sky Deutschland, dando vita a un unico gruppo televisivo, subito soprannominato ‘Grande Sky’ che, racconta Jeremy Darroch, ceo acquirente, può contare su 20 milioni di abbonati, con un mercato potenziale di 97 milioni di abitazioni di cui 66 milioni non hanno servizi di pay tv. Dal punto di vista dei ricavi BSkyB (che dal 21 novembre, data dell’approvazione dell’assemblea degli azionisti, si chiama ufficialmente Sky plc) calcola una crescita a 11,2 miliardi di sterline (pari a 14,1 miliardi di euro) dagli attuali 7,6 miliardi (9,6 miliardi di euro). Sky Italia viene valutata 2,45 miliardi di sterline, di cui 2,07 miliardi pagati cash a 21st Century Fox, mentre la differenza viene conguagliata con il trasferimento del 21% in mano a BSkyB delle azioni di National Geographic Channel International (valore 382 milioni di sterline). Per la quota di Sky Deutschland il costo è di 2,9 miliardi di sterline in contanti, valutando l’azione a 6,75 secondo la quotazione di Borsa. BSkyB lancerà un’offerta incondizionata sulle azioni restanti della società. Nel caso di una integrale adesione all’opa l’intero riassetto potrebbe costare 7 milioni di sterline in contanti. Il piano di finanziamento dell’operazione prevede remissione di 156,1 milioni di nuove azioni ordinarie, per circa il 9,9% del capitale azionario della società, risorse di cassa esistenti e nuove linee di credito, è il 20 novembre l’azienda comunica di aver completato il finanziamento dell’operazione con emissioni di obbligazioni.
Murdoch e le due parti in commedia – La fusione non è stata solo una partita industriale ma anche finanziaria nella quale Murdoch ha giocato le due parti in commedia: da una parte ha comprato e dall’altra ha venduto con l’obiettivo di riempire di liquidità le casse di 21st Century Fox e ripulire il consolidato del gruppo dalle partecipazioni italiane e tedesche poco redditizie. Lo si apprende dalla trascrizione della call sulla trimestrale di fine novembre (la prima dell’anno fiscale 2015 che per Fox si chiude alla fine di giugno) dove si legge che “il segmento Dbs (cioè la trasmissione diretta via satellite: ndr), dopo il closing, non sarà più incluso nei nostri ricavi consolidati, dato che”, si sottolinea, “tali attività hanno contribuito appena per circa l’1% del risultato”. Dunque, il business delle piattaforme non sarà più una linea operativa della holding, che mantiene però la partecipazione di controllo di BSkyB e della Super Sky. Rispondendo alla domanda di Merrill Lynch sui ricchi proventi in arrivo dalla transazione, Chase Carey, presidente e coo di Fox, ha dichiarato che saranno utilizzati “per restituire il capitale agli azionisti con il buyback già in corso e per investire sul nostro core business”.
Il perimetro ‘core’ delle attività di 21st Century Fox sembra sempre più concentrato sulla produzione di contenuti e canali. Lo dimostra, tra l’altro, il recente acquisto di Endemol, al 50% col fondo Apollo, a cui è stata aggregata Shine, società di produzione inglese fondata da Elisabeth Murdoch, per far nascere un grande polo capace di creare format di caratura mondiale.
In una recente intervista, James Murdoch, direttore operativo di 21st Century Fox con responsabilità dirette sulle attività televisive, ha fatto il punto sul business mondiale del gruppo che si sta molto rafforzando sullo sport con acquisizioni di canali (Espn Sports e Fox Pan Americans Sports), di diritti e team sportivi, dicendosi convinto che per giocare sull’attuale scenario dei media “l’ordine di grandezza è importante ma conta di più la qualità dei contenuti”.
James Murdoch è stato anche un ostinato fautore della fusione delle tre Sky perché “abbiamo sempre pensato che mettendole insieme sarebbero diventate molto più potenti. Creare un player paneuropeo con prospettive di sviluppo in mercati dove la pay ha alti margini di crescita è la strada maestra per riorganizzare questo business”.
L’Europa dice sì – Ottenuto il nulla osta di Bruxelles e delle Authority nazionali e completata la transazione societaria, la pay britannica ha cambiato il suo nome in Sky e il suo amministratore delegato, Jeremy Darroch, guiderà il nuovo polo televisivo integrato con attività in cinque Paesi: Gran Bretagna, Irlanda, Italia, Germania e Austria. La filiale italiana e quella tedesca mantengono però la loro ragione sociale e le loro identità e continueranno a essere guidate dai rispettivi amministratori delegati Andrea Zappia e Brian Sullivan. Nella sede milanese di Santa Giulia dicono che “sarà la fusione più facile del mondo” perché è una fortuna poterla fare tra aziende abbastanza omogenee, accomunate dallo stesso logo, la stessa filosofia di fondo, un approccio simile alla tecnologia e al cliente, e un buon affiatamento tra i manager. Zappia e Sullivan hanno già lavorato a stretto contatto con Darroch: Sullivan era stato a lungo a BSkyB come direttore vendite, marketing e operazioni (da cui dipendono l’acquisizione dei nuovi clienti e la loro gestione per l’offerta pay tv, broadband e telefonia) e quando era stato nominato capo della pay tedesca nel 2010 era arrivato a Londra proprio Zappia, che a Milano aveva avuto le stesse responsabilità prima di venire nominato president Sport Channels.
L’arte di trasformare la debolezza in forza – Alcuni osservatori fanno notare che la Grande Sky nasce dall’unione di una forza, BSkyB, con due debolezze (Sky Italia e Sky Deutschland). Alla pay di Zappia viene riconosciuto un andamento stabile e di aver consolidato la presa sui contenuti premium e sulle produzioni originali, ma il suo problema è di non crescere. Dal traguardo dei 5 milioni di abbonati raggiunto nel 2010 è scesa a 4,7, in leggero trend calante, e i conti registrano perdite per 8 milioni, anche se in miglioramento rispetto ai 38 dell’anno precedente. La forte recessione, che ha ridotto i consumi voluttuari delle famiglie italiane, ha il suo peso, ma l’ostacolo principale al suo sviluppo è la coabitazione con Mediaset Premium, essendo il nostro l’unico mercato in Europa con due operatori pay, e l’elevato numero di canali in chiaro – anche questo un unicum in Europa – non è un assist.
Sky Deutschland, che era la vecchia Canal Plus Germania ereditata prima da Leo Kirch poi da Murdoch, è la pay più piccola, con 3,7 milioni di abbonati, ma per la bassa penetrazione è considerata un business con prospettive promettenti. Anche perché il buon lavoro fatto negli ultimi anni sul marketing e sul calcio ha dato risultati: gli abbonati sono cresciuti di un milione e i conti nell’ultima trimestrale sono tornati positivi. Cosa che non succedeva dal 2007. In Germania la pay tv ha sempre avuto difficoltà per la presenza di una solida offerta sul cavo e un servizio pubblico molto ricco e imbottito di diritti.
Tutta la forza della Sky europea sta invece dentro BSkyB, acronimo di British Sky Broadcasting, che è un rullo compressore con 11,5 milioni di abbonati (pari al 40% delle famiglie inglesi) e con ricavi per 9,6 miliardi e utili per 1,2 miliardi. Numeri che fanno una certa impressione e non conoscono rivali in Europa. Sempre precorritrice dei tempi, la pay senior di Murdoch, in servizio da un quarto di secolo, è stata quella che ha fondato il modello di business e la filosofia dell’offerta che sono stati ricalcati dalle più giovani pay dello stesso sangue Sky Italia e Sky Deutschland.
C’era una volta Sky Television – La sua ascesa sul mercato inglese è stata lenta e costante. In origine era Sky Television che nel 1989 lanciò un servizio via satellite con quattro canali in chiaro, tra cui Sky News, prima ali news europea, e Sky Channel, il canale dell’intrattenimento che prenderà il nome di Sky Uno e successivamente raddoppierà con Sky Due. Fusasi quasi subito con British Satellite Broadcasting (un analogo servizio della Bbc e di Itc) Sky Television prende il nome di BSkyB e triplica i canali del pacchetto coprendo l’esclusiva del campionato inglese.
Nel ’94 il 17% di BSkyB viene quotato in Borsa. Altra data da ricordare è il 2001 che vede il lancio di Sky Plus, l’antesignano di MySky (lo strumento che consente di registrare e mettere in pausa un programma), e la festa per il primo milione di abbonati raggiunto. Da allora comincia l’escalation tecnologica che non si è più fermata: dalle offerte in Hd e 3D, tra cui il canale sportivo in 3D unico al mondo, fino ai servizi via Intemet fisso e mobile. Nel 2006 Sky Plus Hd è la prima tivù inglese in alta definizione con sport, film e intrattenimento da scaricare sui personal computer. Sky Mobile Tv porta news e sport in diretta sui telefonini mentre Sky Anytime Plus è il primo servizio on demand via Internet. Seguono Sky Go e Zeebox per la fruizione contemporanea di Internet e tivù e nel 2012 il servizio Now Tv Ott.
La tecnologia e la costante evoluzione della programmazione e dei propri canali, in cui investe 2,6 miliardi di sterline per Premier League, Formula 1 e Champions, film serie e produzioni originali, sono le armi con le quali BSkyB ha conquistato le famiglie britanniche. E se nel 2012 nasce Sky Atlantic, è dal 2007 che entra nel bouquet di proprietà Sky Arts, primo canale inglese dedicato alla cultura e che, ramificatesi in Sky Arts 1, Sky Arts 2 e Sky Arts Hd, svolge il ruolo di pontiere con il sistema culturale e artistico del Paese. Relazioni che il suo direttore Phil Edgar-Jones vuole incrementare annunciando un investimento di 3 milioni di sterline in programmi per i prossimi tre anni.
L’assedio della concorrenza – Se gli azionisti indipendenti di BSkyB hanno votato quasi all’unanimità a favore del progetto della Grande Sky è perché c’è consapevolezza che la società, raggiunto l’apogeo, non potrà che veder decrescere il proprio posizionamento. Anche perché la scena dei media, sempre più simile a quella americana, è accerchiata da player bellicosi. Netflix e Amazon già da un po’ impazzano con le loro offerte, tanto che BSkyB per non vedersi portar via i propri abbonati è stata lesta a lanciar Now Tv che è un servizio Ott vero, competitivo anche sul prezzo. Al contrario dell’offerta Sky Online di Sky Italia che, allo stato attuale, è solo una vetrina promozionale. La nuova Sky è anche la risposta all’assedio della concorrenza presente e futura che Murdoch non sottovaluta. Suo rivale diretto è John Malone che controlla Liberty Media Corporation e Liberty Global Inc., protagonista di un’intensa espansione nel Vecchio Continente. Quel che gli inglesi chiamano ‘a tough nut’ e noi ‘un osso duro’. In Gran Bretagna ha fatto diversi raid: l’anno scorso si è comprato per 16 miliardi di sterline Virgin Media e ne ha sborsato un altro per acquisire la società di produzione All3 Media. A luglio ha poi allungato i suoi tentacoli su Itv, il primo network commerciale inglese, rilevando per 481 milioni di sterline la quota del 6,4% in mano a BSkyB che si è disfatta della partecipazione (pur mantenendo lo 0,8% dentro Itv) per avere ossigeno finanziario in vista della fusione. E, tanto per non farsi mancare nulla, Malone si è appena comprato anche Eurosport, mettendo un piedino nel business sportivo.
Per non parlare poi dei sempre più temibili operatori telefonici che con le loro proposte combinate di telefono-Internet-tivù hanno in mano il 90% della banda inglese. British Telecom con a capo Gavin Patterson, è andato a insidiare Murdoch sui diritti calcio strappandogli la Champions League per rafforzare la sua offerta sportiva e, non bastasse, Ofcom ha obbligato BSkyB a cedergli a un prezzo equo due suoi canali. Se Bt se la batte sullo stesso campo con Talk Talk ed Ee che già vendono offerte integrate, in pista si prepara a scendere anche un operatore pesante come Vodafone. Finora concentrato esclusivamente sulla telefonia mobile, il gruppo guidato da Vittorio Colao ha fatto sapere che la prossima primavera si farà sotto con un nuovo pacchetto di servizi collegato al contratto telefonico che potrebbe essere del genere ‘quad play’ (banda larga, tivù, fisso e mobile) come già propongono sul mercato francese e su quello tedesco.
Poi le beghe – quisquilie al confronto – con i player televisivi domestici: Itv fa la voce grossa perché BSkyB paghi un fee per la ritrasmissione dei suoi canali sulla piattaforma. Un diritto riconosciuto in America da una legge del ’92 che i broadcaster europei, tutti alle prese con il calo delle risorse, cominciano a rivendicare e che diventerà il prossimo cavallo di battaglia di Mediaset nei confronti della pay di Zappia.
Il futuro delle tre sorelle – Ora che hanno vita più facile grazie alla fusione in un’unica società, quali saranno in concreto le sinergie che potranno essere messe in campo dalle tre sorelle Sky? Jeremy Darroch ha calcolato risparmi per 200 milioni all’anno con il processo a regime, a fronte di 150 milioni di costi che saranno necessari per fare l’integrazione. A sentire gli analisti, la vera sfida della Grande Sky rilevante sul mercato europeo “sarà l’integrazione delle piattaforme tecnologiche per mettere in comune la gestione degli abbonati, i set top box, l’alta definizione, il 3K e il 4K e naturalmente Internet”. Lo scopo è di colmare le distanze che ci sono oggi tra le due Sky minori e la punta avanzata BSkyB, già attrezzata per misurarsi con il mercato inglese, molto più moderno e complesso di quello tedesco o italiano. Per cominciare, un’ottimizzazione della fusione potrebbe essere l’unificazione dell’It (Information technology) che riguarda principalmente i sistemi di gestione dei clienti, area chiave di una pay tv. L’altro aspetto dell’It è la gestione della pubblicità, per cui si parla di identificare una piattaforma comune per gestire le nuove forme della comunicazione digitale.
Anche in questo caso a fare scuola è BSkyB che da circa un anno utilizza la piattaforma AdSmart, che consente anche alla tivù lineare di segmentare la propria audience in specifici cluster di pubblico che vengono serviti da spot mirati e differenziati da quelli che raggiungono tutte le famiglie che guardano lo stesso programma. In tutto questo si dovrà capire quale sarà l’approccio a Internet, che è sempre di più il terreno dove si sposterà la competizione e pensare anche a un’unica piattaforma ‘over the top’ da proporre sui nuovi mercati.
È inoltre evidente, se si vuoi risparmiare, che comprare diritti per cinque Paesi potrà permettere di spuntare prezzi più vantaggiosi scegliendo il meglio sui mercati internazionali. Già adesso Sky può contare sull’élite del prodotto cinematografico e televisivo, come ad esempio le serie di Hbo, ma con il nuovo assetto potrà incrementare queste esclusive. Certo è che si troverà contro gli aventi diritto che preferiscono vendere Paese per Paese per massimizzare il risultato della vendita. Ma non è improbabile che, gradualmente, di fronte a una tale corazzata non siano costretti a fare buon viso a cattivo gioco.
Altro punto di vantaggio per la Super Sky potrebbe essere avere a disposizione un pool di diritti originali autoprodotti da scambiarsi e promuovere contemporaneamente. Andrea Zappia in un’intervista a Repubblica ha affermato che, all’interno del nuovo corso, Sky Italia “agirà da acceleratore dell’innovazione e la produzione dei contenuti”, potendo mettere a fattor comune la sua expertise produttiva e la qualità artistica italiana. Per fidelizzare la clientela i manager di Sky Italia in questi ultimi anni hanno puntato, e con buoni riscontri, sempre di più sulle produzioni originali di intrattenimento e di fiction. Un bel colpo è stato ‘Gomorra’, epopea nera della famiglia camorrista dei Savastano prodotta da Cattleya e Fandango con un forte ruolo di Stefano Sollima, direttore artistico del progetto e regista di parte delle puntate. La serie, distribuita in tutto il mondo da Jan Mojto della Beta Film e venduta in cento Paesi, non è passata inosservata nei Paesi europei in cui è andata in onda. In Gran Bretagna, per esempio, ha debuttato il 4 agosto su Sky Atlantic di BSkyB con rating superiori alla media del canale. Ma, risultati d’ascolto a parte relativamente poco significativi nel mondo pay – ‘Gomorra’ ha raccolto l’interesse della stampa inglese. Un buon viatico per Sky Italia che nel 2014 ha avviato prove tecniche di collaborazione con le produzioni di due serie in gestazione che vedono coinvolti come coproduttori i cugini inglesi e tedeschi: ‘Diabolik’ del noto Dante Ferretti, e ‘The Young Pope’, otto episodi da 50 minuti scritti e diretti dal regista premio Oscar Paolo Sorrentino con la produzione esecutiva di Wildside.
Tutto cambia perché niente cambi? – Che conseguenze avrà la vendita sul cammino di Sky Italia e Sky Germania? All’indomani della fusione Darroch spargeva miele: “Le tre Sky marceranno compatte”; e Zappia, rassicurando l’azienda e la politica, si è affrettato a dire che non cambierà nulla.
Siamo davvero alla polverosa filosofia del gattopardesco principe Salina che al perplesso inviato sabaudo ripeteva che “se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”? Francamente c’è da dubitarne e gli effetti si faranno presto vedere, con la rapidità che sembra contrassegnare lo stile manageriale di Murdoch e del suo devotissimo Darroch. Intanto l’integrazione avanza senza sosta. James Murdoch, che in Inghilterra ha dovuto fare i conti con l’opposizione rumorosa del Lapff (il Locai Authority Pension Fund Forum che unisce 61 fondi pensione del settore pubblico), alla sua riconferma nel board di Sky, di cui era stato chief executive dal 2003 al 2007 e poi presidente fino al 2012 quando è diventato non executive director, ha lasciato il posto di presidente di Sky Deutschland a Darroch. Rimane però nel board di cui è entrato a far parte anche Andrew Griffith, direttore finanziario e manager di punta di BSkyB. L’assemblea dei soci a Londra ha votato al 99,76% la riconferma di Darroch, che si è presentato esibendo i buoni risultati degli investimenti sulle nuove offerte tecnologiche, con effetto già visibile sui profitti (+11%) e parlando di aumenti agli abbonamenti.
Gli amministratori delle tre Sky negli ultimi mesi non hanno fatto che viaggiare da una sede all’altra per mettere insieme i pezzi del nuovo grande puzzle televisivo europeo. La centrale del potere decisionale avrà come base Londra, anche se le autonomie locali saranno garantite. A metà di dicembre, in coincidenza con la finale di ‘X Factor’, il talent fiore all’occhiello di Sky Italia (prodigioso il suo successo grazie anche a una sapiente presenza sui social media che ha influenzato la crescita degli abbonamenti, spinta dai giovani), si terrà a Milano un incontro-convention con tutti gli executive dei tre gruppi per una conoscenza in diretta dell’azienda.
Dal punto di vista degli effetti immediati o dei cambiamenti che le novità in casa Sky potranno avere sulle dinamiche nostrane è scettico Augusto Preta, presidente di ItMedia Consulting e attento studioso delle aziende e del mercato dei media. “In prospettiva, far parte di un gruppo con una notevole capacità di gestione ed esteso anche fuori dall’Italia”, dice, “sarà sempre più importante e nel prossimo futuro metterà Sky Italia nelle condizioni di affrontare con molto più know how e spalle coperte le sfide meno tradizionali con cui dovrà misurarsi”. Preta, che non ravvisa invece vantaggi significativi sul breve periodo: “Sky plc comanderà di più. Si taglieranno un po’ i costi e forse si avrà maggior peso nella trattativa sui diritti e questo darà ossigeno a tutte le Sky europee. Ma nel breve e medio periodo non vedo una Sky Italia accrescere i propri abbonati né modificare le proprie dinamiche. In tal senso sarebbe più rilevante una eventuale vendita di Mediaset Premium o l’eventuale acquisto da parte di Premium di un socio industriale vero. Questo sì che innescherebbe davvero un cambiamento in Italia”.
Anna Rotili