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 2014  dicembre 05 Venerdì calendario

IL GRAN MISTERO DELLA CARTA INGIENICA IN GIAPPONE


TOKYO. Chissà perché, si domanda l’uomo della strada giapponese in questi giorni, tra i tanti problemi economici, politici, diplomatici che assillano il governo sembra sia quello degli approvvigionamenti di carta igienica a preoccuparlo maggiormente.
Se lo chiede mentre sta ordinatamente in fila nei supermercati aspettando il proprio turno per acquistare una maxiscorta di Tp (toilet paper) e rispondere così con la consueta diligenza all’accorata raccomandazione del Ministero dell’economia, del commercio e dell’industria.
La stessa domanda se la pongono sociologi, scienziati e governanti. Perché ogni qualvolta l’alacre popolo del Paese del sol levante sente aria di catastrofe, si rovescia in massa nei supermercati per fare man bassa di carta igienica, svuotando gli scaffali e scatenando l’ormai noto fenomeno del «Tp Panic» (panico da carta igienica).
La novità di oggi è che da una parte il governo sbandiera ottimismo in ogni campo, e dall’altra il ministero continua a sollecitare la popolazione ad affrettarsi a rifornirsi della quantità di carta igienica necessaria per la famiglia per almeno trenta giorni, per non correre il rischio di rimanere sprovvisti dei preziosi rotoli. Cosa causerebbe questa emergenza non viene rivelato. C’è chi si chiede se le autorità non siano in possesso di dati segreti su un prossimo disastro (terremoti, tsunami, eruzioni, incidenti nucleari) e chi sospetta che si tratti di una speculazione per far salire vertiginosamente il prezzo, ricordando come durante la grande crisi energetica degli anni 70, il prezzo della carta igienica aumentò del 30 per cento in poche ore. Nel più recente disastro, la tripla tragedia di Fukushima nel marzo 2011, si scatenò un’isterica corsa all’acquisto di carta igienica in tutta la nazione e il governo dovette imporre un razionamento, un solo pacco a persona.
Una comprensibile motivazione dell’iniziativa ministeriale potrebbe essere il fatto che il 41 per cento del milione di tonnellate di carta igienica prodotte annualmente in Giappone viene dalla regione Shizuoka, Giappone centrale, l’area più sismica del Paese (gli esperti ritengono che ci siano oltre l’80 per cento di probabilità che vi si verifichi un terremoto di massimo livello entro 30 anni). Il ministero ha chiesto alle 40 maggiori aziende del settore di immettere subito sul mercato rotoli specialmente concepiti per l’approvvigionamento d’emergenza casalingo, senza il rotolo di cartone centrale, con 150 metri di carta, 2,5 volte più lunghi del normale. La quantità ritenuta sufficiente per un mese per una famiglia di quattro persone è un pacco da sei di questi rotoli, costo 460 yen (3,5 euro circa). Quello che la gente non capisce è perché ci sia tanta urgenza per la carta igienica e nessuna per il cibo e l’acqua.
Ma il mistero dei misteri è che tutti sembrano aver dimenticato che la maggior parte dei giapponesi non ha più bisogno da anni della carta igienica: il 70 per cento delle famiglie ha infatti uno o più Wc ad alta tecnologia (il mitico washlet) che lava, asciuga, deodora, profuma, idromassaggia, attutisce i rumori indesiderati, diffonde musica senza che le mani di chi è seduto su questa meraviglia debbano intervenire. Basta un dito per spingere i bottoni giusti (attenti: ci sono i bottoni per gli uomini e quelli per le donne). Se il ministero ha così tanto a cuore l’igiene intima della popolazione, dovrebbe forse aprire un’altra campagna per convincere la gente ad acquistare piccoli generatori di corrente autonomi, in grado di garantire il funzionamento dei washlet durante le interruzioni dell’erogazione di energia elettrica, in caso di gravi disastri. E rimane comunque senza risposta la domanda: perché i giapponesi pongono la carta igienica al primo posto tra i beni indispensabili per la sopravvivenza? «Costa poco e non deperisce» taglia corto un sociologo. Forse una risposta più soddisfacente la si potrebbe cercare nei manuali di psicoanalisi, ma le teorie di Freud, Jung & Co. hanno lasciato sempre freddi i giapponesi. Chissà perché.