Piero Ignazi, L’Espresso 5/12/2014, 5 dicembre 2014
RE GIORGIO LASCIA UN’EREDITÀ DIFFICILE
La presidenza di Giorgio Napolitano non ha avuto sempre lo stesso “tono”. È partita in sordina, in continuità con quella, molto notarile, di Carlo Azeglio Ciampi. Poi, dopo la vittoria del PdL nel 2008 e lo straripare del potere berlusconiano, Napolitano ha incominciato progressivamente a fare argine alle disinvolture istituzionali della destra.
Il punto di svolta arrivò con il caso Englaro quando il presidente si oppose al varo di un decreto del governo volto a impedire che i medici e la famiglia interrompessero lo stato vegetativo di Eluana Englaro. In seguito, di fronte ai ripetuti sfregi istituzionali delle varie leggi ad personam, alla insipienza sul piano economico, e al dileggio internazionale per i comportamenti “disinvolti” del capo del governo il presidente ha dovuto innalzare la propria figura a protezione del sistema politico-istituzionale e della credibilità internazionale dell’Italia.
LO SFARINAMENTO etico-politico della maggioranza di centro-destra in assenza di una alternativa credibile e forte ha obbligato Napolitano a un’opera di supplenza come mai si era visto in precedenza. Dalla crisi dell’ agosto 2011 in poi la presenza sulla scena politica del Quirinale è diventata sempre più forte. Insomma, di supplenza in supplenza il presidente ha occupato stabilmente la cattedra. Napolitano ha potuto farlo sia per la sua autorevolezza politico-personale, sia per il vuoto di moralità, di capacità e di legittimazione che si era creato.
Ora, di figure come la sua - politica a tutta tondo e di lunghissima esperienza, ma senza accenti antagonistici - ce ne sono pochissime in circolazione. E tuttavia non è possibile tornare ad un presidente notaio. Per due ragioni. In primo luogo per i tempi incerti e burrascosi che si profilano nei prossimi anni. Il sistema partitico non si è stabilizzato. Il grande successo del M5S è in via di riassorbimento, la meteora montiana si è spenta e Fi segue il declino del suo leader: ciò significa che più di un quinto di elettori è pronto a cambiare casa (e non tutti andranno al Pd: Renzi abbandoni l’illusione di ripetere il risultato delle europee). Altrettanto sta accadendo in parlamento con la - ormai consueta - frammentazione post-elettorale dei gruppi parlamentari.
IL PAESAGGIO POLITICO è in uno stato fluido, e nuove elezioni a breve sarebbero opportune, vista l’enorme distanza tra la composizione attuale delle camere e la realtà politica del paese. Quindi, il profilo dell’inquilino del Quirinale dovrebbe avere i tratti di una personalità esperta ed autorevole. Ma una scelta sulla base di queste considerazioni rimanda, inevitabilmente, a persone navigate e mature; proprio quel profilo che non piace al king-maker Renzi, insofferente di chiunque non sia adeguatamente gestibile. E invece proprio la bulimia di potere del premier costituisce il secondo motivo della opportunità di avere un personaggio politico di lungo corso al Colle, perché in questo modo si assicura un equilibrio tra i poteri. Un tempo valeva l’alternanza tra cattolici e laici nella scelta del presidente, criterio poi abbandonato per l’irrilevanza della questione. Ora si tratta piuttosto di garantire che i pesi e contrappesi previsti dall’assetto costituzionale funzionino bene e non ci sia uno squilibrio eccessivo in direzione del governo (così come invece c’è stato, in questi ultimi tempi, a favore del Quirinale).
Infine, il presidente della Repubblica, come sappiamo, incarna l’unità della nazione in quanto super partes. Napolitano veniva da una storia a lungo considerata “antisistemica” come quella comunista dei primi decenni post-bellici; eppure la sua azione si è ispirata agli interessi collettivi, senza indulgenze per la propria origine politico-partitica. E tutti lo hanno riconosciuto. Sono queste le qualità di buon presidente, oggi: autorevole, non partigiano, libero da condizionamenti e padrinaggi, e con una caratura morale tale da far comprendere agli italiani che la politica è una attività nobile e importante. E riguarda tutti noi.