Alessandra Ricciardi, ItaliaOggi 5/12/2014, 5 dicembre 2014
IL MALAFFARE ROMANO ERA NOTO
[Intervista a Roberto Morassut] –
Un Pd dove impazzavano le «tribù», dove invece di fare opposizione al governo della città, in mano al centrodestra, si occupavano posti di potere. E si gonfiavano i tesseramenti. A denunciare la degenerazione del partito democratico romano è Roberto Morassut, deputato Pd, ex assessore capitolino. Che oggi, forte delle denunce fatte negli anni passati, può dire: «Non sono sorpreso del coinvolgimento di pezzi del Pd». Il coinvolgimento nell’inchiesta sulla mafia romana che, secondo la procura guidata da Giuseppe Pignatone, pilotava appalti e finanziamenti e aveva a libro paga amministratori e politici.
Domanda. Lei dice di non essere sorpreso che ci siano anche esponenti dem nell’inchiesta sulla cupola romana.
Risposta. Sulle responsabilità dei singoli, vediamo cosa stabiliranno i giudici. Detto questo, l’inchiesta rende ancora più chiaro quello che sapevamo, che tutti sapevano. Che dal 2008 al 2013 c’è stata al governo di Roma una destra predona e intorno a quella amministrazione è cresciuta un sottobosco di aggregazione criminale. Il Pd ha avuto un atteggiamento consociativo invece che di avversione e opposizione.
D. Che cosa non andava nel Pd romano?
R. C’è stata una degenerazione politica, uno scadimento della vita interna al partito, una distorsione del pluralismo politico, non c’erano scontri sulle proposte ma uno scontro tra tribù per l’occupazione di posti di potere nel partito e nelle istituzioni.
D. Una spia?
R. Il tesseramento, per esempio. Quando si vedono circoli che gonfiano le tessere, in cui le iscrizioni non sono più individuali, ma arrivano per gruppi, per pacchetti, vuol dire che ci sono in campo dinamiche di potere, ci sono gruppi che hanno bisogno di pesare per conquistare il consenso.
D. Figurarsi allora alle politiche con le preferenze che il governo vuole ripristinare con la legge elettorale...
R. Sia con le liste bloccate che con le preferenze le tribù possono dividersi il potere. Va ridata voce ai cittadini, a partire dalle primarie, ma servono regole certe, non scavalcabili, fissate per legge, che assicurino democrazia e trasparenza. Bisogna impedire alle tribù di fare il loro gioco.
D. Anche le primarie che hanno portato Ignazio Marino a sindaco di Roma sono state alterate?
R. Per Marino l’affermazione è stata così forte che non era pilotabile.
D. Qual è stata la scoperta più amara di quei cinque anni?
R. Le mie sono scoperte dell’acqua calda! Tutti a Roma hanno visto come venivano fatte le nomine nelle società pubbliche.
D. Lei ha provato a denunciarlo?
R. Non c’erano elementi giudiziari.
D. A denunciarlo politicamente.
R. Ho fatto una battaglia nel partito perché uscissimo dai cda delle municipalizzate, per esempio. Sarebbe stato un gesto di rottura. In certi momenti di crisi i partiti devono saper uscire per tempo dal sistema. Dico questo nella consapevolezza che nel Pd queste cose non sono cose solo romane, abbiamo visto quello che è accaduto a Milano o a Venezia, e anche che ci sono tante energie positive, tante persone perbene, tanti militanti che lavorano con passione e intelligenza.
D. E che risposta ha avuto alle sue sollecitazioni?
R. Nel Pd c’è stato un confronto molto accesso, la mia non è stata un battaglia solitaria. Anche Lionello Cosentino (segretario del Pd romano, che si è dimesso dopo l’inchiesta, ndr) si è battuto per una maggiore trasparenza. Le decisioni finali sono state altre, si è optato per una scelta più consociativa invece che di rottura.
D. È stato penalizzato per le sue denunce?
R. No, sono stato in minoranza, come altri.
D. Lei data la degenerazione del Pd al periodo 2008-2013. Negli anni d’oro del centrosinistra romano, da Rutelli a Veltroni, tutto bene? Luca Odevaine, oggi agli arresti per l’inchiesta, è stato vice capo di gabinetto di Walter Veltroni, di cui lei era assessore.
R. Solo una persona di quella stagione risulta coinvolta nell’inchiesta. Io ho conosciuto Odevaine e come tutti ho pensato che fosse molto efficiente e rigoroso. Sono francamente sorpreso per quanto sta emergendo e aspetto le conferme giudiziarie.
D. Non sapevate che aveva cambiato cognome per nascondere una condanna?
R. Non risultava, non lo sapevamo.
D. Lei chiede una maggiore trasparenza sulle spese elettorali e nuove regole statutarie che facciano saltare il gioco delle tribù. A cosa si riferisce?
R. Intanto il tesseramento, che è la cartina al tornasole della buona salute di un partito: la quota versata non può essere fissa, questo consente il pacchetto di tessere. Il tesseramento deve essere individuale. E poi spese elettorali: soprattutto quando si parla di preferenze, occorre un sistema di controllo più rigoroso. Serve un’anagrafe patrimoniale di tutti gli eletti, controllabile da ogni cittadino, così da verificare cambi di tenore di vita.
D. E le regole chi le scrive, il singolo partito?
R. Sono convinto che le regole debbano essere le stesse per tutti, modificando l’articolo 49 della Costituzione e regolando la vita dei partiti e i suoi finanziamenti.
D. Sia Gianni Alemanno che Ignazio Marino risultano aver avuto finanziamenti per la campagna elettorale da una cooperativa di uno degli uomini della Cupola. Soldi dichiarati, tutto in regola, ma oggi risulta quantomeno antipatico averli avuti. Ora tutti i partiti, senza contributo pubblico, i fondi se li devono cercare sul mercato.
R. È stata una decisione sacrosante abolire la legge che dava rimborsi pubblici anche a partiti non più esistenti e per anni di legislatura non fatti. Il grande errore commesso è stato quello di pensare che questo risolvesse tutti i problemi.
D. Renzi ha scelto come commissario del Pd romano Matteo Orfini, avversario di Goffredo Bettini, dominus negli anni d’oro del centrosinistra a Roma. È finita un’epoca?
R. Non so di chi fosse avversario Orfini...Matteo Renzi si è mosso con tempismo. È ora che a Roma tornino le persone, che si valorizzino le qualità. E non è detto che il meglio sia anagraficamente caratterizzato.
D. In tanti, a partire da M5S, chiedono al prefetto lo scioglimento di Roma per infiltrazioni mafiose. Solo una provocazione?
R. È una decisione molto seria che spetta all’autorità competente.
Alessandra Ricciardi, ItaliaOggi 5/12/2014