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 2014  dicembre 04 Giovedì calendario

AMORI & BUGIE– No, non è “Caro, stasera ho mal di testa”. E nemmeno “Chi? La bionda con le gambe da levriero? Non l’ho notata”

AMORI & BUGIE– No, non è “Caro, stasera ho mal di testa”. E nemmeno “Chi? La bionda con le gambe da levriero? Non l’ho notata”. E neppure (poiché siamo gente di mondo) “Torno tardi, amore, ho del lavoro extra da sbrigare”. Qui non si parla delle bugie che coniugi e fidanzati si scambiano a fin di bene, quelle imbastite per dribblare i conflitti o non ammaccare l’amor proprio dei partner... in definitiva per non inceppare il delicato meccanismo della macchina coniugale. No, l’amore bugiardo è il grado più ripido della menzogna in una relazione, quando uno dei partner è titolare di almeno un paio di esistenze parallele, edificate con diabolica perizia per anni e con torri di bugie a tenuta stagna. Che resistono finché un evento traumatico o un disvelamento non interrompono la fabbrica dell’inganno. Finché una mattina, svegliandoci, non ci troviamo a chiederci chi diavolo è lo sconosciuto che ci dorme accanto da tanti anni. Certo, non è un mistero che il racconto di un amore viri al rosa o al grigio a seconda del partner che lo riferisce: ciascuno di noi si gira il suo personale film, in cui distribuisce meriti e responsabilità. Ma a volte il discrimine tra ciò che ci diciamo e ciò che facciamo diventa un canyon invalicabile: la “sindrome di Pinocchio” di chi persevera nell’inganno per corrispondere alle aspettative incontra il “complesso della Fata turchina” che nega l’evidenza, nel timore dell’abbandono o nella speranza di redimere un fedifrago. E il dramma è servito. Per radiografarne i dettagli più aberranti, cinema e televisione indulgono ultimamente nella struttura narrativa della doppia versione – dice lui, dice lei – impietosa lente d’ingrandimento sullo stato della coppia e sullo scollamento, doloso o preterintenzionale, che procura brividi di orrore e vertigine. Il più chiacchierato è certo L’amore bugiardo, bestseller di Gillian Flynn (Rizzoli), che il regista David Fincher ha portato al cinema (dal 18 dicembre), con Ben Affleck e Rosamund Pike impegnati a mostrare le conseguenze patologiche – e criminali – di una relazione in cui l’ostinazione a compiacere le aspettative del partner, dissimulando le proprie pulsioni, assume proporzioni raffinate e perverse. Al Torino film festival è appena stato presentato La scomparsa di Eleanor Rigby (dal 5 febbraio), in cui un amore analogamente disfunzionale è esaminato da tre punti di vista. Lui, Lei, Loro: questi i sottotitoli delle tre pellicole che compongono l’ambizioso progetto di Ned Benson, con Jessica Chastain e James McAvoy, che insegue la deriva di un matrimonio perfetto seguita a una tragedia familiare, integrando le ragioni e i fantasmi di lui e di lei. La novità è che le storie d’amore narrate in forma “polifonica” rendono finalmente conto delle dinamiche di genere, come accade in una serie tv non ancora approdata in Italia, ma che già fa parlare: The affair, anatomia di una relazione clandestina tra il padre di quattro figli e una cameriera che ha da poco perso il suo bambino. Dove lei, nei ricordi di lui, indossa sempre lo stesso abitino leggero e scosciato (non pervenuto nelle memorie “abbigliatissime” della donna). Proprio come L’amore bugiardo. The affair rappresenta omissioni e desideri inconfessabili con un’impietosa sequenza di flashback in apparenza incompatibili. La stessa sensazione distonica delle tre storie di amore bugiardo che abbiamo raccolto tra le nostre lettrici (che preferiscono restare anonime) e che vi raccontiamo qui di seguito. Solo un giro di danza «Riconosco che le premesse mi inchiodano nella posizione dell’allocca. Ho conosciuto Jaime a una lezione di flamenco, era il maestro, talentuoso e magnetico, di uno stage avanzato. Io, 28enne e single, sono caduta nella trappola della sua seduzione come va la gatta al lardo, verificando di persona l’attendibilità dei cliché sui ballerini di flamenco. Dopo la sua ripartenza per Jerez, è iniziata una relazione a distanza alimentata da messaggi e visite reciproche. Non mi sono mai fatta domande sul riserbo blindato con cui parlava di sé: conoscevo a stento il suo cognome e già mi ero cucita addosso una tranquilla esistenza andalusa al suo fianco pianificata in ogni dettaglio, fino al trasferimento della mia attività di sartoria per abiti da sposa in terra iberica. Quando gliene parlavo annuiva, tiepidamente compiaciuto, soffocando la mia insicurezza nei suoi baci umidi. La sua ostinata messinscena è durata fino al giorno prima della mia partenza definitiva per la Spagna, con una telefonata notturna in cui, in lacrime, mi confessava di avere una moglie e tre figli. Non l’ho mai perdonato. Non mi sono mai perdonata». Ricomincio da me «La mia vita è crollata a pezzi il giorno prima del mio 55esimo compleanno, quando la polizia ha bussato alla porta per annunciarmi che mio marito, il mio compagno da 32 anni, padre dei nostri due figli, aveva tentato il suicidio in un albergo alla periferia della città in cui viviamo ed era in coma in un certo ospedale. Io lo credevo in viaggio per lavoro. Io lo credevo un altro. Nei giorni in cui ho vegliato al suo capezzale, ho visto franare progressivamente tutte le certezze che avevo su di lui, su di noi. Aveva un’amante da dieci anni e una bambina di due, che vivevano nella città in cui si recava più di frequente per lavoro. La nostra azienda a conduzione familiare era in bancarotta e lui era strozzato dagli usurai e minacciato da una banda di criminali slavi. Appena si è rimesso in piedi l’ho lasciato. Eravamo entrambi sul lastrico, ma non potevo lasciarmi invischiare da tutto quel fango. Ho dovuto ricostruirmi, io e i ragazzi, partendo da zero. Non mi fiderò mai più di nessuno, l’ho giurato sulla testa dei miei figli». La doppia vita del principe «Lui era un principe vero, abitava in un castello come nelle fiabe e chiamava principessa anche me, che non lo ero. Lo incontravo a Ferrara, dove viveva parte della mia famiglia: avevo 25 anni e mi ero messa in mente di lasciare Milano per cercare lavoro lì. Qualunque cosa pur di stargli accanto. In attesa di un trasferimento definitivo, facevo avanti e indietro tutti i weekend, rimanendo stupita perché lui, pur giurandomi amore eterno, nella mia città non ci veniva mai. Era strano anche che ci vedessimo solo a orari assurdi: mi veniva a prendere a mezzanotte, poi stavamo assieme fino all’alba. La scusa era sempre il lavoro: gestiva ristoranti e locali notturni, doveva accertarsi che le serate partissero bene. Aveva ottime maniere, un’auto di lusso, era bello da togliere il fiato. Diceva di amarmi moltissimo. Un giorno mia cugina mi ha detto: “Ho visto la mia amica R. al campo di equitazione. Dice che lei e il tuo principe sono fidanzati da una vita e l’anno prossimo si sposeranno. Ecco perché ti incontra solo di notte. Fuori a cena, il sabato sera, ci porta lei” ».