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 2014  dicembre 04 Giovedì calendario

PERISCOPIO

Ieri ho finalmente capito perché ho votato Marino. Jena. la Stampa.

(mfimage) Salvini nudo sulla copertina di Oggi. Adesso sappiamo perché odia i negri. Spinoza. Il Fatto.

In Inghilterra anche la sinistra è liberale. In Francia, nemmeno la destra lo è. André Compte-Sponville, Dictionnarie philosophique. PUF.

Viviamo una lunga campagna elettorale segnata da febbrili attese. Claudio Velardi, L’anno che doveva cambiare l’Italia. Mondadori, 2006.

In Italia non ti perdonano il successo. L’invidia muove il mondo. Marco Goldin, il più grande organizzatore di mostre in Italia. Il Giornale.

Il quartier generale del partito socialista a Roma sorgeva nella centralissima via del Corso. Quel vecchio palazzo dell’Ina aveva qualcosa di affascinante nell’architettura e qualcosa di ripugnante negli interni improntati al cliché burocratico dei partiti dell’epoca. Intonati all’ambiente, stili di lavoro approssimativi, ciarlieri e distratti, ruvidi e ingrugniti, e ritmi ministeriali all’insegna di un lassez faire ora becero, ora lamentoso. Claudio Martelli, Ricordati di vivere. Bompiani.

La lotta alla corruzione è fallita, soprattutto nel caso degli appalti. La legge Merloni senza la riduzione dei soggetti appaltanti si è rivelata una foglia di fico. Poi anziché smantellare un sistema marcio fino al midollo, si è continuato ad andare allegramente in direzione opposta. I 257 articoli del codice degli appalti del 2006, per dire, hanno creato un brodo di coltura ideale per la corruzione. Giorgio Santacroce, presidente della Corte di cassazione. la Stampa.

I costi della criminalità sono ormai insostenibili, sono tra le principali cause del declino di questo paese. Francesco Greco, procuratore aggiunto a Milano. la Repubblica.

Quel che è stato riservato a Berlusconi e ai suoi elettori ora è materia da spalmare in faccia a Matteo Renzi, lui, il fellone che non ha «il consenso delle persone oneste». È venerdì 21 novembre, la frase entra nel mio taccuino mentre l’autore cerca di smentirla e rettificarla. Ci prova, Landini, a versare l’ammorbidente nella sua lavatrice. Ma il barattolone di Coccolino non gli basta, c’è un video di Sky che consegna la sua frase al giudizio dei contemporanei e dei posteri. Centrifugato. Mario Sechi. Il Foglio.

I quattro rabbini uccisi dai due palestinesi erano forti di matrimoni che durano per tutta la vita ed erano affollati di figli, perché il controllo delle nascite non è contemplato. Vivevano in case di pietra grigia, povere, sovraffollate, come in un’isola preclusa alla storia. Hanno lasciato 24 orfani, tutti avviati a una vita non certo facile nelle scuole di Bnei Brak, il quartiere ultrareligioso della secolarizzata, bellissima e lasciva Tel Aviv. Giulio Meotti. Il Foglio.

Sono approdata all’Università della Calabria, Arcavacata, a Cosenza per coprire un posto meraviglioso in una delle università migliori d’Europa. Non riesco a capire perché tutto ciò che è italiano debba sempre essere meno ai nostri occhi. E poi sono di nuovo a casa. Un posto dove i pomodori sanno di pomodoro e non costano tre euro all’etto, quanto li pagavo a Monaco di Baviera. L’unica che mi capisce è la mia parrucchiera: ha vissuto anni a Colonia e poi, appena ha potuto, è tornata a casa, a Cosenza. Sandra Savaglio, astrofisica, rientrata dalla Germania per insegnare all’università di Cosenza. Grazia.

Tutto il mio libro è un viaggio a Pompei, duemila anni fa. Racconta persone, arredamenti, luoghi. Provo anche a sfatare una serie di luoghi comuni hollywoodiani. Il Vesuvio, per esempio, non c’era. Chi arrivava nel Golfo vedeva il monte Somma e una piccola protuberanza ricca di boschi e cervi. Inoltre quando ci fu l’eruzione la vendemmia era finita. Quindi si era in pieno autunno. Nel mio libro l’ho datato venerdì 24 ottobre. Ho provato a raccontare la vita. Quello che si faceva, dove si abitava, la mentalità, i lavori. C’è persino un capitolo che si chiama «Mani sulla città». Già allora, infatti, c’erano collusioni tra imprenditori, politica e malaffare. Le speculazioni, gli sfruttamenti, le lottizzazioni. Alberto Angela, I Tre giorni di Pompei. Rizzoli-Rai Eri.

I nostri soldati erano stati mandati laggiù, in Cina, con uniformi leggere perché in Italia si pensava che «nei paesi esotici» facesse sempre caldo. Si ignorava che invece d’inverno il termometro poteva scendere molti gradi sotto lo zero. Allora i soldati avevano dovuto arrangiarsi coprendosi con strane pellicce cinesi che li facevano sembrare un esercito quasi di straccioni. Mio padre naturalmente scrisse queste cose. Ne venne fuori una furibonda polemica. Alcuni giornali lo attaccarono, altri si schierarono dalla sua parte, vennero presentate interpellanze in Parlamento, il ministro della guerra si difese dalle accuse. Ma il Corriere appoggiò mio padre fino in fondo. Sostenne le sue critiche. Questo accadeva quando lui aveva appena ventisei anni e il direttore, Albertini, ventinove. Luigi Barzini in Luciano Simonelli, Dieci giornalisti e un editore. Simonelli editore.

Ho letto recentemente Céline, in francese, nell’edizione Gallimard, con il glossario delle parole in argot (gergali, ndr). Fedele Confalonieri. Corsera.

L’8 settembre del 1943 ci colse in Giappone. Il governo giapponese chiese a me e a mio marito un giuramento di fedeltà alla Repubblica di Salò. Rifiutammo. Ci trattarono come spie al servizio del nemico. Fummo arrestati. Si aprì un incubo al quale non eravamo preparati. Ci misero in un edificio alla periferia di Nagoya. Eravamo un piccolo gruppo formato da una quindicina di italiani. La nostra famiglia, nel frattempo, era cresciuta. Tra il 1939 e il 1941 erano nate Yuki e Toni. Sentivo lievitare la disperazione. Come le avremmo accudite, nutrite, protette? Ci tolsero progressivamente il cibo. Ci ridussero alla fame. A volte erano i contadini a darci qualcosa da mangiare. Nelle torture che i poliziotti del campo avevano ideato c’era quella che non potevamo poggiare la schiena contro la spalliera, né contro il muro. Ci urlavano, ci colpivano con i loro bastoni. Mai ho visto tanto odio e ottusità. Topazia Alliata, madre di Dacia Maraini. Repubblica.

Antonio Guerra, conosciuto come Tonino, alla nascita, pesava sei chili e aveva già i denti. Rita Giannini, Tonino Guerra. Veronelli editore.

Il miglior modo per cavarsela è far togliere le castagne dal fuoco agli altri. Roberto Gervaso. il Messaggero.

Paolo Siepi, ItaliaOggi 4/12/2014