Gabriella Greison, il Fatto Quotidiano 04/12/2014, 4 dicembre 2014
SOTTO IL BURQA, I DOLLARI: IL BOOM DELLA MODA ISLAMICA OLTRE IL JIHAD
Abu Dhabi (Emirati arabi uniti)
Uno studio dell’Università di Dubai pubblicato su Bloomberg mostra che l’unico mercato in crescita vertiginosa e costante da dieci anni a oggi è quello della moda musulmana. Si rivolge a 1,8 miliardi di musulmani in tutto il mondo. Secondo Thomson Reuters, la moda musulmana due anni fa ha raggiunto i 224 miliardi di dollari: il secondo più grande mercato globale dopo quello degli Usa, che raggiunge 494 miliardi. L’unica maniera per rendere interessanti queste cifre è avere un confronto con la vita quotidiana. Per questo mi sono vestita con abaya nero e burqa, e ho passato tutto il giorno con le donne musulmane di Abu Dhabi. Per capire cosa fanno, cosa dicono, come spendono, come si comportano sotto i veli.
Colazione all’alba al Marina Mall, sul mare, popolatissimo, perché uno snodo comodo per i mezzi pubblici. Cinque donne musulmane sono sedute ai tavolini, mi siedo con loro. Una delle prime cose che fanno è mostrarmi la differenza tra il mio abaya (la tunica nera che copre dal collo ai piedi) e il loro. C’è quella con i ricami fatti a mano, quella di seta che pare avere tra le mani zucchero a velo, quella con pietre preziose incastonate, ma è quella internamente rivestita d’oro (dall’esterno non si vede niente) che mi colpisce. Oro lavorato con la stoffa, al tatto nemmeno troppo morbido, e di una brillantezza accecante. Non hanno solo oro come decorazione dei loro vestiti, i ricami richiamano forme e sagome citate nella Sura, le stesse scendono lungo il burqa ad accompagnare il viso. Mi dicono quanto hanno speso per il loro abbigliamento e capisco. Anche 20 mila euro. “È un segno distintivo, come a voler mostrare il nostro valore. Non siamo tutte uguali”, mi dicono. Le borsette le tengono sotto la tunica, sono per la maggior parte Luis Vuitton, così come i bracciali e le collane e gli abiti haute couture. Il loro trucco è perfetto fino al millimetro. Poi passeggiata lungo la Corniche. I rituali sono gli stessi per tutte, e quando parli con loro ti mostrano quello che hanno sotto. Incrociano lo sguardo di un uomo, e i loro gesti diventano sensuali ed ammaliatori. Centro estetico, metà mattina. Qui le donne ci restano anche quattro o cinque ore. Appuntamenti fissi tre volte la settimana. Sotto il burqa i loro capelli sono una scultura elegantissima, costo anche mille euro. Usano creme e lozioni con estratti di ostriche, di siero di vipera, e l’immancabile oro. Oro coprirughe, oro liftante, oro snellente.
Il prezzo sale a 5000 euro per trattamento. Tra di loro parlano continuamente delle ultime novità, e come si sono trovate con la cura precedente. Ora la moda più in voga è quella della chirurgia estetica, un mercato che sta spopolando tra le donne degli Emirati, Libano e Qatar. Organizzano viaggi per andare in un centro di Dubai con 1700 medici e 90 cliniche, chiamato Healthcare City. Ci deve essere sempre l’uomo che accompagna la donna e garantisce all’ingresso per lei. Parlano di queste ricostruzioni di guance o seno entrando nel dettaglio dell’operazione più recente subita, come da noi dall’estetista si parla dell’ultima preparazione della pasta all’amatriciana. Pranzo al volo in un bar con tavolini esterni, mi unisco ad altre donne. Argomento di discussione è il trucco di Haifa Wahbi paragonato a quello di Nancy Ajram, salvo poi approvare quello di Alissa visto su una rivista. Tre pop star, modelli delle donne mediorientali. Mi raccontano di lavorare per l’Expo 2020 di Dubai. Le donne arabe seguono corsi durante tutto l’anno ad Abu Dhabi per avere una pronuncia e una dialettica molto fluida, in modo da essere scelte per le letture iniziali e finali di tutti i convegni. Mangiano molto, ordinano anche più di quello che sono in grado di finire, alzano il velo con le mani solo quando stanno per mettere la forchetta alla bocca, e poi lo riabbassano subito. Scendo verso il centro città, passando per il suq. Ad una bancarella di vestiti sportivi chiedo informazioni a una donna sullo sport come pratica professionistica. Si crea subito un capannello intorno a me, e ci tengono subito a ricordare che alle Olimpiadi di Londra 2012 sono state ammesse per la prima volta le donne con il burqa. Ora sperano in Rio 2016. Proseguo nel Madinat Zayed, il centro commerciale, tutte sono indaffarate negli acquisti più costosi. Ceno in un ristorante vicino. La regola per ogni azione di una donna vestita con le regole dell’halal è che gli uomini che si trovano nelle vicinanze devono aprire le portiere delle auto, spostare le sedie per farle sedere, chiedere se hanno bisogno di qualcosa , anticiparle insomma. La tv accesa nella sala mostra telegiornali alternati a una serie tv con protagoniste musulmane. Vicino a me quattro donne che la guardano, mangiano, danno un’occhiata al Madinat che si intravede fuori dal vetro. Sanno riconoscere stoffa, tessuti, ricami, intarsi preziosi nell’abaya e nel burqa di chi è inquadrato dalla tv. Sanno quanti uomini ci sono in sala e cosa hanno ordinato. Sanno fare il conto dei soldi spesi di chi esce dal centro commerciale di fronte nei primi cinque secondi di sguardo complessivo.
@greison_anatomy
Gabriella Greison, il Fatto Quotidiano 4/12/2014