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 2014  dicembre 04 Giovedì calendario

TRATTA, COLPO AL CUORE DEL RACKET

«Con mia moglie ci siamo imbarcati su un natante che da una località di mare vicino Tripoli ci ha portato in Italia. Nell’imbarcazione eravamo circa 450 persone. Prima di partire siamo rimasti in Libia per circa 2 mesi rinchiusi all’interno di una masseria...». È il 16 maggio quando due coniugi eritrei, I. e W., ascoltati dagli inquirenti, raccontano la loro odissea in cerca di un futuro migliore. Tre giorni prima, la nave Grecale della Marina militare, li aveva salvati in mezzo al mare, trasportandoli a Catania in un gruppo di 206 migranti di varie nazionalità e insieme alle salme di altri 17 sfortunati profughi. Da quella e da altre deposizioni, i poliziotti del Servizio centrale operativo e della squadra mobile di Catania, insieme alla Direzione distrettuale antimafia, sono partiti per ricostruire, sommando alle intercettazioni telefoniche le indagini tradizionali, l’organigramma di una banda internazionale di trafficanti di vite umane, con basi in Libia, Eritrea, ma anche in Italia, accusata di aver gestito tra maggio e settembre almeno 23 viaggi verso le coste italiane e ritenuta responsabile del tragico naufragio di un’imbarcazione al largo delle coste libiche, tra il 27 e il 28 giugno, che causò la morte di 244 persone e il salvataggio in extremis di altre 27. In manette, su disposizione del gip di Catania Giovanni Cariolo, sono finiti in undici, di età compresa fra i 18 e i 30 anni, accusati d’associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Gli agenti li hanno scovati fra Marsala, Roma, Milano, Monza e Munchenberg (Germania), dove d’intesa con la polizia tedesca e col tramite dell’Interpol hanno stretto le manette ai polsi del 28enne Measho Tesfamariam, ritenuto fra gli organizzatori e fra i responsabili del naufragio di giugno. Al termine dell’operazione (chiamata «Tokhla», che in eritreo vuol dire sciacallo), il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha parlato di un «durissimo colpo» a un’organizzazione transnazionale»: «I mercanti di morte, i trafficanti di vite umane – ha assicurato – non avranno tregua».

Da scafista a profugo in Germania. Giunto in Italia mimetizzandosi fra i profughi di un barcone (sul quale, secondo alcune testimonianze, avrebbe fatto da scafista), Tesfamariam si era dileguato prima di essere identificato, riuscendo a raggiungere la Germania. Della sua esistenza, il team di investigatori dello Sco è venuto a sapere anche grazie a dichiarazioni di parenti dei migranti, che avevano provato a contattarlo.

Minori sequestrati. Prima dell’esecuzione dei provvedimenti, i poliziotti tenevano d’occhio una delle basi logistiche italiane del gruppo: un appartamento in via di Prima, a Catania, dove la banda faceva stazionare alcuni migranti, in attesa di far loro proseguire il viaggio (con treni, pullman o anche auto private) verso altre nazioni europee. Ma quando gli agenti hanno fatto irruzione, hanno scoperto in un sottotetto una donna e otto minorenni somali, chiusi a chiave in attesa che i parenti inviassero il denaro per il loro trasferimento. Il loro custode-carceriere. il 36enne Yemane Andemariam è stato arrestato con l’accusa di sequestro di persona.

Le reti in Libia. Ma l’inchiesta avrebbe anche identificato altri presunti capi dei traffici, attivi in Libia ma ben informati sulle leggi, sulle notizie italiane e sulla logistica per spostare i migranti nel territorio Ue. Nel provvedimento del gip viene citato un certo Jamal Saoudi, di cui riferiscono diverse testimonianze: «Quando eravamo pronti a partire, dovevamo contattarlo... Le spese consistevano in 600 dollari americani cadauno per la tratta Sudan-Bengasi, altri 700 per andare da Bengasi a Tripoli via aereo, ed altri 1.600 cadauno per giungere via mare dalla Libia all’Italia». Ma servizi e tariffe comprendevano tutta Europa, come spiegava un indagato a un ragazzo e una ragazza che da Milano volevano andare l’uno in Germania, l’altra in Svezia: nel primo caso «il prezzo è 550 euro, nel secondo 900».