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 2014  dicembre 03 Mercoledì calendario

IL CALO DEL GREGGIO È GIÀ UNA MANNA

Dopo il rimbalzo di due giorni fa, ieri i prezzi del petrolio sono tornati a scendere: a New York il Wti ha ceduto il 2,8% a 67,07 dollari al barile dopo aver toccato un minimo di giornata a 66,72 dollari, mentre a Londra il Brent ha perso il 2,6% a 70,88 dollari. Intanto si cominciano ad analizzare a mente fredda le conseguenze del calo dei prezzi, che tutti considerano duraturo. Durante il meeting annuale del Wall Street Journal, Ceo Council, la direttrice generale del Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde, ha spiegato che la discesa delle quotazioni del greggio è «una notizia positiva per l’economia globale». Il calo delle quotazioni beneficia da una parte i consumatori, ma dall’altra danneggia le compagnie petrolifere e le economie di alcuni Paesi produttori di greggio, come Russia e Venezuela, a causa di una riduzione delle entrate. Nel complesso però, secondo la Lagarde, l’impatto è positivo: l’economia Usa beneficerà della riduzione dei prezzi del greggio e il Fmi ora stima che il pil il prossimo anno crescerà del 3,5%, mentre le precedenti previsioni dell’Istituto di Washington, elaborate lo scorso ottobre, indicavano invece un’espansione dell’economia statunitense del 3,1% per il 2015. Un beneficio arriverà anche per Eurolandia, alleviando, ha spiegato la Lagarde, una situazione economica «mediocre» caratterizzata da crescita lenta, bassa inflazione e alto tasso di disoccupazione. E secondo il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, il calo del prezzo del greggio è l’equivalente di un mini-piano di stimoli. Pertanto non c’è un rischio di recessione in Europa, ma soltanto una bassa crescita strutturale che la politica monetaria non può risolvere. Anche stavolta, Weidmann non ha perso l’occasione per dimostrare la sua ostilità agli acquisti di titoli di Stato da parte della Bce. Hervé Amourda, economista di Société Générale, è invece convinto che il Brent a 70 dollari porterà la deflazione in Eurolandia rendendo sempre più necessario un Qe all’inizio del prossimo anno. Mentre secondo gli economisti di Credit Suisse, gli effetti benefici del calo del prezzo del petrolio sono in generale sottostimati: «La diminuzione registrata finora dovrebbe aggiungere uno 0,6-0,8% alla crescita di Europa e Giappone e avere un impatto positivo sulla fiducia dei consumatori». Ma è la Cina ad avere tutte le carte in regola per diventare la maggiore beneficiaria del calo-greggio, essendo dipendente dalle importazioni molto più degli Usa. Pechino sta inoltre già approfittando del ribasso dei prezzi per aumentare le proprie riserve strategiche, che ora equivalgono a 30 giorni di importazioni, con l’obiettivo di portarle a 100 giorni entro il 2020. Per questo motivo, malgrado la frenata dell’economia, la Cina ha aumentato gli acquisti di petrolio, con un incremento dell’8,3% delle importazioni nei nove mesi dell’anno, il ritmo più veloce dal 2010, pari a 460 mila barili al giorno. Nel frattempo le grandi banche d’affari stanno rivedendo al ribasso le loro stime sui prezzi: Société Générale le ha già tagliate del 20%, con il Brent a un prezzo medio di 70 dollari al barile e il Wti di 65 dollari nel 2015, mentre Crédit Suisse vede quest’ultimo a 62 dollari nel primo trimestre dell’anno prossimo.
Marcello Bussi, MilanoFinanza 3/12/2014