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 2014  dicembre 03 Mercoledì calendario

SE GLI STRESS TEST DELLA BCE AVESSERO SEGUITO I CRITERI DELLA FED, LA DEUTSCHE BANK SAREBBE STATA BOCCIATA

Da alcuni giorni sul sito del ministero dell’Economia, guidato da Pier Carlo Padoan, è in evidenza un curioso hashtag che, con un certo ritardo, difende la reputazione delle banche italiane da alcuni pregiudizi negativi che girano in campo internazionale, alimentati anche dai risultati degli stress test della Bce. Il titolo è in inglese (#prideandprejudice), ma il romanzo ottocentesco di Jane Austen non c’entra nulla: l’obiettivo del ministero, con tutta evidenza, è di difendere la reputazione internazionale dell’Italia, oltre che delle banche, spiegando che il nostro Paese, pur avendo un debito pubblico elevato e una bassa competitività, rappresenta «la seconda manifattura in Europa e la terza economia dell’eurozona». Dunque, «uno dei principali Paesi al mondo».
Che cosa abbia spinto il ministro Padoan a un simile scatto d’orgoglio, non è del tutto chiaro. Gli stress test della Bce, resi pubblici il 26 ottobre, sono ormai piuttosto vecchiotti. Le banche italiane costrette a mettersi in regola, poi, sono state soltanto due, Il Monte Paschi di Siena e la Carige di Genova, mentre altri sette istituti di credito, giudicati all’inizio con i conti non a posto, alla data del 31 dicembre 2013, grazie agli aggiustamenti compiuti nei mesi scorsi sono stati promossi. Insomma, nulla di drammatico. Eppure vi è stato qualcosa che deve avere fatto perdere le staffe perfino al mite Padoan. Forse sono stati i continui richiami della Commissione Ue sugli sforamenti del deficit pubblico, forse il rinvio a marzo del giudizio definitivo di Bruxelles. Forse certi articoli negativi sulle nostre banche pubblicati dai maggiori quotidiani economici stranieri. Fatto sta che, per tutta risposta, Padoan ha tenuto a sottolineare che l’Italia è tra i Paesi dell’eurozona che hanno concesso meno aiuti di Stato alle banche per fare fronte alla crisi finanziaria scoppiata nel 2007. Insomma, un Paese virtuoso e affidabile, che – come dice spesso il premier Matteo Renzi – «non va a Bruxelles con il cappello in mano».
In otto anni (2007-2013), sottolinea l’hashtag di Padoan, i Paesi dell’eurozona che hanno concesso gli aiuti di Stato più consistenti alle banche nazionali sono stati la Germania (247,4 miliardi), la Gran Bretagna (136,5) e la Spagna (56 ), mentre l’Italia non è andata oltre i 4,1 miliardi, che per il 75% sono stati già restituiti allo Stato, che ci ha pure guadagnato un interesse del 9%. A conti fatti, l’aiuto pubblico italiano alle banche è stato meno dell’1% del totale dell’eurozona, dove sono stati elargiti aiuti bancari per 517 miliardi. Dati Eurostat che, a giudizio di Padoan, dovrebbero giustificare l’orgoglio nazionale, invece dei pregiudizi stranieri.
Tutto vero. Ma questi stessi dati erano stati sottolineati con maggiore tempestività dai dirigenti della Banca d’Italia, con dichiarazioni rilasciate addirittura poche ore dopo la diffusione degli stress test. Rimane dunque un mistero la causa vera di questo orgoglio a scoppio ritardato. Tanto più che nell’ultimo mese sono state numerose le analisi critiche sui metodi usati dalla Bce per condurre gli stress test.
La stessa Banca d’Italia ha spiegato che, per certi aspetti, sono state favorite le banche del Nord Europa, rispetto alle nostre. In questa rubrica, ItaliaOggi ha fatto poi notare una strana anomalia: tra le banche che hanno superato senza problemi gli stress test, vi è la Deutsche Bank, che ha un’esposizione ai derivati stimata in 75 mila miliardi di dollari (75 trilioni), pari a 5 volte il pil europeo. Un rapporto tra derivati e risorse proprie più da tavolo da poker che da istituto di credito solido. Il che ha vieppiù alimentato le voci e le ipotesi che si sia trattato di stress test «taroccati».
A confermarlo giunge ora uno studio di Giuseppe Montesi, economista dell’Università di Siena, pubblicato sul sito bocconiano lavoce.info. Dotato di una padronanza non comune delle tecniche di analisi bancaria, Montesi ha confrontato i metodi degli stress test della Bce con quelli usati dalla Fed per le banche degli Stati Uniti. Risultato: se le banche europee fossero state sottoposte agli stessi stress test della Fed, sei grandi istituti (promossi dalla Bce) sarebbero stati bocciati piuttosto severamente. Con un ricco corredo di tabelle e di confronti, Montesi ne fa i nomi: guarda caso, c’è la Deutsche Bank, in compagnia di Credit Agricole, Bnp Paribas, Groupe Bpce, Ing Bank e Societé Générale.
Visto che un hashtag, di solito, serve a raccontare una storia sul web (nel nostro caso una storia di orgoglio nazionale), lo studio dell’economista Montesi potrebbe essere associato all’hashtag del ministro Padoan, con un link sul sito del ministero dell’Economia. Possibilmente in lingua inglese, visto che le lingue ufficiali della Ue sono in teoria 24, ma quelle praticate e tradotte nelle comunicazioni ufficiali, sia a Francoforte (Bce) che a Bruxelles (Commissione Ue), sono solo tre: inglese, francese e tedesco, un trilinguismo che da tempo esclude l’italiano. Sennò, ministro Padoan, chi mai capirebbe in Europa il suo grido di orgoglio?
Tino Oldani, ItaliaOggi 3/12/2014