Pietro Pruneddu, pagina99 29/11/2014, 29 novembre 2014
COSA C’È DIETRO IL BOOM DEI GALEOTTI
Nel mondo, un carcerato su quattro si trova negli Stati Uniti.
Secondo i dati del Bureau of Justice aggiornati al 31 dicembre 2013 ci sono 1,54 milioni di prigionieri nei penitenziari statali e federali degli Usa, le cosiddette prison. A questi vanno aggiunte circa 750 mila persone rinchiuse nelle jail, i carceri locali, gestiti dalle contee e destinati a chi è in attesa di giudizio. In totale si arriva a quasi 2 milioni e mezzo di detenuti (di cui circa il 10% sono donne).
Nel 1984 erano poco più di 600 mila, in trent’anni sono quadruplicati. Le cause di questo boom sono due: l’inasprimento delle leggi antidroga varate a metà anni ’80 e la parallela parziale privatizzazione del sistema carceri, voluta da Ronald Reagan, che in maniera crescente strutturò gestioni in subappalto ai privati, lasciando però il conto alle casse dello Stato. Metodo punitivo più business: il risultato è una media di 750 prigionieri ogni 100mila abitanti, con picchi ancora più alti in Louisiana e Alabama. Se si applicasse lo stesso rapporto in Italia avremmo 450 mila detenuti, circa otto volte in più rispetto ai 55 mila che attualmente sono reclusi nel nostro Paese.
A questi numeri si deve aggiungere un’irrisolta questione di discriminazione razziale. Ogni 100 detenuti, 40 sono afroamericani nonostante rappresentino solo il 13% della popolazione statunitense. Una persona di colore su 15 e un ispanico ogni 36 è stato in prigione almeno una volta nella vita. Per i bianchi questo rapporto è di uno ogni 106. Il rapporto di incarcerati è di un bianco per ogni sei neri. Ma le sproporzioni sono tante.
Secondo il rapporto 2013 di Human Right Watch ci sono quasi 100 mila minori reclusi tra jails e prisons per adulti. Gli ergastolani sono più di 150 mila e almeno 3 mila di questi, senza possibilità di rilascio, sono minorenni. Tra i detenuti in attesa di giudizio ce ne sono circa 400 mila che aspettano di trovare un avvocato. Le persone in libertà vigilata sono circa 5 milioni, così come gli ex carcerati a cui è stato revocato il diritto di voto.
Come in Italia, esiste un problema di sovraffollamento, i cui dati però sono molto incerti. Si calcola che la capienza tollerabile sia superata del 40%. Eppure il sistema carcerario è anche una straordinaria macchina di posti di lavoro: tanti detenuti significano anche tanti addetti a sorvegliarli. Secondo l’Us Bureau of Labor Statistics nel 2012 le guardie carcerarie erano 470 mila, destinate ad aumentare di 10 mila unità all’anno. Tutto questo produce costi esorbitanti. Nel 2012 gli Stati Uniti hanno speso 80 miliardi di dollari per le carceri, circa 30 mila dollari a detenuto. Una persona condannata a vita, che per ipotesi passi 40 anni in detenzione, costa ai contribuenti 1 milione e mezzo di dollari.
Il Procuratore Generale in uscita Eric Holder, (equivalente del ministro della Giustizia nel sistema statunitense) negli ultimi cinque anni ha promesso a più riprese una riforma strutturale per abbattere il numero dei carcerati e i costi connessi. Si è dimesso a settembre. La patata bollente passerà al suo successore in pectore Loretta Lynch, nominata da Barack Obama, che diventerebbe la prima afro-americana a ricoprire la carica nel caso venisse confermata dal Senato.
(Pietro Pruneddu)