Nicolò Cavalli, pagina99 29/11/2014, 29 novembre 2014
LA REGOLA DEL GIOCO – [COSÌ LA MANIPOLAZIONE DEI MERCATI FINANZIARI SI È FATTA SISTEMA]
«Si è seduto, piedi sulla scrivania, annunciando ai colleghi: mi sono guadagnato il bonus». Era il 24 dicembre 2010 e il trader della Ubs festeggiava perché aveva appena messo nelle tasche della sua banca 513 mila dollari nel giro di dodici minuti. Manipolandoli tasso di cambio euro-dollaro poco prima che la Banca centrale europea lo fissasse, come fa ogni giorno alle l4:15 in punto.
È quanto emerge dagli atti dell’indagine sul mercato Forex pubblicati nelle ultime settimane dalla Fca, l’autority inglese di vigilanza dei mercati, che ha portato Ubs, Citi, JPMorgan, Hsbc, Royal Bank of Scotland e Bank of America a patteggiare multe per 4,3 miliardi di dollari.
Altre 20 authorities in tutto il mondo stanno al momento indagando su più di 15 banche accusate di collusione per manipolare i cambi. Finora, almeno 33 tra i trader coinvolti sono stati allontanati o sospesi, da datori di lavoro che rivendicano la loro innocenza. Così secondo il Ceo di Ubs Sergio Ermotti i patteggiamenti «sono un passo importante nel nostro processo di trasformazione e verso la soluzione di un problema per l’industria». E assicura che «continueremo a cooperare nelle indagini in corso».
Eppure la mattina del 24 dicembre 2010 al desk Forex di Ubs era chiaro a tutti ciò che stava accadendo. Era solo l’ultimo tra gli episodi di pratiche dolose condotte dagli operatori del settore finanziario globale. Una condizione di illegalità sistemica emersa con sempre maggiore chiarezza a partire dalla crisi del 2007.
Solo negli Stati Uniti, dal 2007 a oggi sono stati 226 gli episodi contestati a 59 diverse banche tra evasione ed elusione fiscale, riciclaggio di denaro, manipolazione dei mercati e truffe o comportamenti scorretti verso i consumatori. Nel 2014 saranno in totale 56,7 i miliardi di dollari pagati dalle banche internazionali alle autorità di controllo statunitensi, per un totale di 150,8 miliardi dall’inizio della crisi. Il bersaglio più recente è anche il più grosso: quello dei cambi è il più liquido mercato finanziario al mondo, capace di movimentare almeno 5 mila miliardi di dollari ogni giorno, secondo i dati della Bank for International Settlement. Wall Street, a confronto, è un nano con i suoi 49 miliardi giornalieri.
I documenti della Fca permettono di ricostruire con precisione la fisiopatologia di questi tentativi di manipolazione. A partire dal 24 dicembre 2010, la mattina in cui il nostro trader avrebbe guadagnato il suo bonus. Quel giorno la Ubs era venditrice netta di euro contro dollari, aveva cioè più clienti disposti a vendere che a comprare euro.
Chiaramente, questi avrebbero beneficiato di un aumento del prezzo dell’euro, in quanto avrebbero incassato più dollari per ogni euro venduto. Per Ubs però era il contrario. Solitamente i clienti delle banche internazionali accettano infatti di vendere o acquistare valuta non ai prezzi di mercato, ma a un prezzo fissato in certi momenti della giornata da alcune agenzie pubbliche o private (come il Wm/Reuters delle 16:00 GMT o, appunto, l’Ecb fix delle 13:15 GMT). In casi come quello in cui si trovava il nostro trader, il “trucco” per le banche è quello di comprare euro dai propri clienti a un prezzo più basso di quello a cui mediamente si riesce a vendere sul resto del mercato.
Ed è qui che entrano in gioco consorzi di traders con nomi che tradiscono un’autorappresentazione sconcertante: i “tre moschettieri”, il “dream team” o l’ “A-Team”, a cui si rivolge il trader di Ubs le cui generalità sono tuttora ignote al pubblico. Il canale di comunicazione è una chat room condivisa con colleghi di altre banche ben selezionati («è un’orgia costruita su un’immensa fiducia», si legge nelle conversazioni intercettate dalla Fca). La chat room è la cabina di coordinamento per influenzare i movimenti dei prezzi delle valute. Così alle 14:03 del 24 dicembre, 12 minuti prima della fissazione del cambio da parte della Bce, i partecipanti all’orgia iniziano a creare le condizioni per la manipolazione al ribasso attraverso delle operazioni di netting-off, che consistono nel compensare una serie di ordini di acquisto con propri ordini di vendita, tentando di chiudere le posizioni di quei potenziali acquirenti che, piazzando un’offerta d’acquisto a ridosso della fissazione del cambio, ne avrebbero potuto fare alzare il valore sopra i livelli desiderati. In pochi secondi vengono “accontentati” compratori per almeno 155 milioni di euro e rimangono solo altri 10 milioni di ordini d’acquisto, sui quali viene data l’indicazione di eseguirli «arrivando in ritardo» – cioè dopo le 14:15.
Nel frattempo, Ubs e gli altri membri della chat room vanno corti sull’euro, scommettendo al ribasso sul cambio per un totale di 100 milioni, e si coordinano per una vendita di massa a ridosso delle 14:15. «È stato il miglior fixing della mia carriera in Ubs» – viene riportato sulla chat il commento di qualche giorno prima. «Sfida accettata» – è lo stimolo a fare ancora di più. Sono le 14:14 e 59 secondi quando Ubs piazza l’ultimo ordine a 1,3092 dollari per euro, 3 punti sotto il prezzo di mercato prevalente. Nemmeno un secondo dopo è quello il prezzo a cui la Bce fissa il suo tasso di cambio.
Nella chat è un tripudio: «We f**ing killed it right», li abbiamo fatti secchi, «We were EPIC at the fix», siamo stati epici al fìxing – un’operazione da 513 mila dollari. Solo un giorno nella vita di un Forex trader tra gli almeno 2118 in cui, tra il 2008 e l’ottobre 2013, è stata accertata l’esistenza di queste pratiche, che influenzano prezzi a cui, secondo la società di analisi Morningstar, sono direttamente ancorati i valori di fondi d’investimento indicizzati per un totale che oscilla tra i 3 e i 4 mila miliardi di dollari.
I 4,3 miliardi di multe inflitti alle banche in questa fase ancora iniziale sono già molto vicini ai 6 miliardi pagati in tutta la vicenda legata allo scandalo-Libor, la manipolazione del tasso di cambio interbancario londinese esplosa nel 2012 ma che, secondo alcune testimonianze, andava avanti almeno dal 1991. Andrew Lo, docente di finanza al Massachusetts Institute of Technology, l’aveva definita come la truffa che «ha fatto impallidire qualsiasi altra truffa nella storia dei mercati finanziari».
Durante le sue indagini sul Forex la Finma, l’autorità di vigilanza svizzera, ha dichiarato di aver identificato un «chiaro tentativo», sempre da parte di Ubs, di affiancare alla manipolazione sui cambi quella sui prezzi di riferimento dei metalli preziosi «con schemi di comportamento molto simili» a detta di Mark Branson, che della Finma è direttore. Secondo Elke König, presidente dell’autorità di controllo tedesca Bafin – anch’essa oggi impegnata in indagini su mercato dei cambi e dei metalli preziosi –, la manipolazione di questi mercati «è particolarmente seria perché, al contrario di Ubor ed Euribor, quei valori di riferimento sono basati su transazioni sui mercati liquidi e non sulle stime delle banche».
Per questo nell’aprile del 2014 la Bafin ha inviato una lettera formale a Deutsche Bank, una delle cinque banche (insieme a Barclays, Bank of Nova Scotia, Société Generale e HSBC) che, tra numerose critiche per la scarsissima trasparenza, fissano i prezzi dell’oro e dell’argento in due conference-call giornaliere un metodo presto sostituito da una piattaforma elettronica dietro le crescenti pressioni dei regolatori. L’invito di Barin a Deutsche Bank era quello di investigare sulla condotta dei propri dipendenti, sospettati di aver manipolato la fissazione dei prezzi di riferimento dell’oro. Sospetto che aveva condotto nel 2013 l’Antitrust europea a ispezionare gli uffici di banche e di alcune delle principali compagnie petrolifere globali – come British Petroleum, Shell e Statoil – per ottenere prove di una possibile collusione volta alla comunicazione di informazioni distorte su una serie di materie prime – come petrolio, carbone e minerali ferrosi – alle agenzie che ne computano i prezzi, come Platts e Argus, le cui stime sono la base di transazioni, quotidiane per miliardi e influenzano profondamente il mercato dell’energia a livello globale.
Il 20 novembre un rapporto del Congresso Usa ha accusato Goldman Sachs, Morgan Stanley e JP Morgan di utilizzare l’enorme quantità di riserve di alluminio, rame e uranio accumulate negli ultimi anni per «influenzare o anche manipolare il prezzo delle materie prime». A cui è legato un enorme mercato di attività finanziarie – 14 mila miliardi di dollari solo in derivati over-the-counter. Il mercato dei derivati sui prezzi delle materie, nati dalla necessità da parte dei produttori di assicurarsi rispetto alle fluttuazioni della produzione, è diventato oggi il regno della speculazione: nel maggio di quest’anno la Fca ha multato Barclays per 25 milioni di sterline dopo che uno dei suo trader aveva tentato di sopprimere il prezzo dell’oro per evitare una grossa perdita proprio su un contratto derivato.
Nel pieno dello scandalo Libor, Paul Tucker della Bank of England aveva fatto notare che proprio il mercato dei derivati (che nel suo complesso vale circa 20 volte l’economia mondiale) si basa su indicatori auto-certificati «chiaramente aperti al rischio di abusi» da parte delle banche d’affari. «Riteniamo che i trader si siano accordati sulla differenza tra prezzi di acquisto e vendita dei derivati prima di cederli ai propri clienti», rincarava sempre nel 2012 la Commissione per la competizione svizzera. Mentre Joaquìn Almunia – ex Commissario europeo alla Competizione – dichiarava di investigare sull’esistenza «di accordi di cartello sui derivati». Il 21 ottobre 2014 la Commissione europea ha imposto una multa da 61 milioni di euro a JP Morgan, che assieme a Rbs manipolava il Libor svizzero per guadagnare sui derivati legati ai tassi d’interesse (che contano per quasi il 70% di tutti i derivati over-the-counter). È il terzo caso emerso nel giro di pochi mesi dalle indagini della Commissione.
Difficile trovare esempi di mercati non manipolati nella finanza di oggi. La rivista scientifica Nature ha pubblicato nelle scorse settimane una ricerca in cui a 128 banchieri con un’esperienza media di 12 anni di lavoro veniva richiesto di lanciare in segreto per 10 volte una monetina, vincendo 20 dollari in base all’esito di ogni lancio. In base a variazioni dell’esperimento, i banchieri riportavano di aver ottenuto l’esito vincente tra il 52 e il 58% delle volte, ben al di sopra della ragionevole probabilità media del 50%. Nessun’altra professione ha mostrato questa tendenza. Ma forse più della natura è l’effetto di giocare una partita truccata in cui, come nell’opera di Stoppard Rosencrantz e Guildenstern sono morti, a ogni lancio di monetina esce sempre il risultato desiderato. Lo ha dichiarato lo stesso Almunia: «Forse la manipolazione oggi non è più l’eccezione ma la regola.» La regola del gioco.
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