Carla Bardelli, Vanity Fair 3/12/2014, 3 dicembre 2014
INTERVISTA A LEÏLA SLIMANI
Una provocazione? Un sogno? No. È l’incipit di un libro uscito in Francia, Dans le jardin de l’ogre. L’autrice – Leïla Slimani, 33 anni – racconta le vicende di una sex addicted: giovane giornalista, moglie di un medico, con un figlio piccolo, Adèle è alle prese con una dipendenza sessuale che la porta a passare da un uomo all’altro, moltiplicando amplessi a ritmo incessante, alla ricerca di un piacere che non riesce a soddisfare.
«Dei sex addicted uomini si conoscono storie e volti, come nel caso di Dominique Strauss-Kahn o di altre persone celebri. Le donne che hanno lo stesso problema si nascondono. Le statistiche dicono che il fenomeno riguarda il 95% di uomini e solo il 5% di donne, ma gli psichiatri mi hanno spiegato che sono numeri irrealistici, così come l’adulterio non è una pratica prevalentemente maschile», dice Leïla.
Ridiamo, nel bar dell’hotel parigino Amour, un nome simbolico per questa conversazione, ma anche un posto non lontano da casa sua, a Pigalle. Giornalista come Adèle, nata in Marocco, a Rabat, e cresciuta a Parigi: la scrittrice debuttante è ancora stupita dal successo del suo romanzo, arrivato alla terza ristampa.
Si è chiesta perché Dans le jardin de l’ogre abbia suscitato tanto interesse?
«Durante la promozione, incontrando i lettori, ho capito che molti si chiedono perché non sia mai esistito un caso DSK, Michael Douglas o Tiger Woods al femminile».
Perché, secondo lei?
«Nella mia lunga inchiesta, mi sono accorta che le sex addicted sono mostri di furbizia e discrezione. Non dimentichiamoci che, fino all’inizio del secolo scorso, in molti Paesi civili le donne con problemi di questo tipo venivano sottoposte a elettroshock, mutilate con l’infibulazione, o immerse nell’acqua gelata per ore, mentre gli uomini erano considerati dei Don Giovanni. C’è una paura ancestrale che, unita alla vergogna, è un deterrente molto forte all’idea di uscire allo scoperto».
Chi sono le donne che ha incontrato prima di scrivere il libro?
«Quasi tutte sono sposate, con figli spesso piccoli, e hanno una facciata di rispettabilità che difendono con le unghie e con i denti. Insomma, hanno una doppia vita, a compartimenti stagni, con continue corse contro il tempo per riuscire a conciliare momenti di sesso selvaggio e situazioni totalmente normali».
Ma il suo è un romanzo autobiografico?
«Ho messo molto della mia vita nel libro: la mia solitudine, i problemi delle mie coetanee che, dovendo gestire famiglie e figli, si sentono tagliate fuori dalla vita da single e dalla possibilità di multiple avventure sessuali. Il mio è stato un atto di ribellione, ho voluto esagerare. Mi chiede se Adèle sono io? No, però abbiamo molte cose in comune».
Adèle vive in una ricerca spasmodica di sesso a tutte le ore, con la famiglia che l’aspetta a casa. Le sembra possibile?
«È la realtà di molte, che vivono sempre sul filo, come gli uomini del resto. Strauss-Kahn insegna che si può perdere tutto nella vita, quando il bisogno di sesso è più forte della ragione».
Quali sono le differenze sostanziali, fra una donna e un uomo, per quanto riguarda la dipendenza sessuale?
«Per un uomo è fondamentale l’eiaculazione, non importa se provocata da masturbazione, pornografia, prostitute. Per le donne, spesso frigide o con evidenti difficoltà nell’arrivare all’orgasmo, il piacere principale invece è quello della conquista. Attirare un uomo nella rete del proprio desiderio, sentirsi rassicurata dall’interesse che suscita, per lei è un elemento indispensabile. Per questo, quasi mai le donne pagano gigolo o consumano pornografia. Ma la continua ricerca di incontri, facilitata dai siti Internet, si rivela spesso pericolosa, e moltiplica il rischio di essere scoperte».
Quando il marito scopre quello che fa la moglie, di solito perdona?
«Normalmente non ce la fa a sopportare la verità. Molti uomini mi hanno raccontato la loro sofferenza. Non parlo solo di mariti, ma anche di amanti trattati come oggetti di consumo: erano tutti provati dall’esperienza, quasi nessuno però era disposto ad accompagnare la donna in una terapia, o ad affrontare insieme un cambiamento di vita. Ma la vera paura femminile non è il marito: quello che le mette in una situazione di incredibile angoscia è il sapere che a scoprirle, un giorno, possano essere i figli».
E i marocchini, come hanno reagito?
«Sono rimasta stupita dall’apertura mentale di molte donne, anche velate, che hanno vite sessuali davvero libere. Ho incontrato anche uomini – anziani, vecchi professori, intellettuali – che hanno molto apprezzato il mio coraggio. E mi hanno fatto i complimenti».