Fiamma Satta, Vanity Fair 3/12/2014, 3 dicembre 2014
Il 22 novembre apprendevamo che il canone Rai sarebbe stato esteso anche alle seconde case, incluso nella bolletta della luce e abbassato a una cifra compresa fra i 58 e gli 80 euro, per arginare le evasioni e far rientrare circa 300 milioni nelle casse di viale Mazzini
Il 22 novembre apprendevamo che il canone Rai sarebbe stato esteso anche alle seconde case, incluso nella bolletta della luce e abbassato a una cifra compresa fra i 58 e gli 80 euro, per arginare le evasioni e far rientrare circa 300 milioni nelle casse di viale Mazzini. Il 25 novembre il sottosegretario allo Sviluppo economico Antonello Giacomelli (non un passante, un avventore del bar all’angolo o un rapper) confermava che «il canone Rai sarà in bolletta elettrica dal gennaio 2015» abbassato alla «cifra plausibile» di 65,65 euro con l’esclusione, però, delle seconde case. Ma il giorno dopo fonti di Palazzo Chigi ci informavano che il canone non sarà in bolletta e non verrà abbassato. Viva la faccia delle idee chiare. Al di là dell’abominevole e (pare) sventata ipotesi delle seconde case, al di là della tassa su un servizio (questo dovrebbe essere la Rai) che a volte tutto sembra essere tranne che un servizio, perché invece di fare e disfare, annunciare e smentire, ministri & Co. (che dovrebbero essere al servizio del Paese) non forniscono precise e salde indicazioni, frutto di approfondite valutazioni dettate dal desiderio di ben amministrare il Paese? Tutto appare, invece, sempre molto confuso, approssimativo o umorale, all’ombra del «pare che». È come se lo chef di un grande ristorante facesse portare in sala le pietanze cucinate ma, nel tragitto dalla cucina ai tavoli, le richiamasse indietro perché, non convinto delle quantità e degli ingredienti usati, ha deciso di cambiarli. Quello chef parrebbe destinato al licenziamento. Parrebbe, come al solito.