Gabriele Romagnoli, Vanity Fair 3/12/2014, 3 dicembre 2014
Qualcuno ricorderà un vecchio film con Woody Allen e Diane Keaton intitolato Misterioso omicidio a Manhattan
Qualcuno ricorderà un vecchio film con Woody Allen e Diane Keaton intitolato Misterioso omicidio a Manhattan. I due impersonavano una coppia residente in un palazzo di New York. Spiando il vicino si convincevano che avesse ucciso la moglie, morta poco dopo che l’avevano conosciuta. Il film aveva un finale a sorpresa. Qualcosa di molto simile mi è appena capitato. Era una sera particolarmente fredda e mi trovavo a cena dal mio amico Ned. Lui e sua moglie hanno da poco comprato un appartamento a New York. L’edificio si trova esattamente di fronte alla Freedom Tower, costruita dove un tempo sorgevano le Torri Gemelle. Dal terrazzo comune sul tetto se ne ha una veduta magnifica, che ha richiamato a vivere lì persone influenti e con disponibilità finanziarie. Il primo piatto era appena arrivato in tavola quando all’insolito trambusto sul pianerottolo han fatto seguito colpi decisi alla porta che potevano significare una sola cosa, come la voce dietro l’uscio ha spiegato: «Polizia!». Sono entrati due tipi da telefilm, con pistole, torce e scarponcini bagnati. Due porte più in là era stato trovato un cadavere. Così, nelle nostre vite è precipitata la storia dell’incredibile morte di Shawn Miller. Si trattava di un dirigente di banca, 42 anni, gay, fidanzato, 9 milioni di dollari di bonus nel 2013. Ma non uno squalo: si occupava di impatto ambientale nei progetti della banca, cercando di limitarlo. Quando finanziarono un gasdotto in Azerbaijan ne seguì l’intero percorso, per migliaia di chilometri, parlando con le popolazioni locali e verificandone il consenso. L’ultima immagine che di lui resterà è quella colta dalle telecamere dell’ascensore, alle 6 e 30 di un lunedì sera, la sera precedente. Sale insieme con un altro uomo. Si scoprirà poi che l’ha contattato su un sito di incontri e l’ha probabilmente pagato per passarci la notte. L’altro esce alle 3 e 30, infatti. Alle 4 tenta di rientrare, ma nel frattempo Shawn ha chiamato il portiere dicendogli di impedirglielo. Ha anche, in quella mezz’ora, telefonato due volte al 911 (il 113 americano) dicendo di essere perseguitato da uno stalker. La sua voce risulta alterata. Dalle 4 in poi, silenzio. Nessuno entra e nessuno esce da casa sua, almeno stando alle videoriprese a circuito chiuso. Dal mattino successivo alle tre del pomeriggio il fidanzato, lontano per lavoro, cerca invano di contattarlo. Nessuna risposta. In banca nessuno l’ha visto. Scatta l’allarme: viene chiesto al portiere di entrare in casa di Shawn. Apre con le doppie chiavi. Silenzio. Nessuno in sala. Nessuno in camera. Va in bagno e Shawn è lì: nudo nella vasca, a mollo nel suo sangue. È disteso, la testa appoggiata al bordo penzola perché ha un taglio alla gola. Altri tagli ai polsi. Nessun coltello. Il medico legale confermerà: è stato sgozzato. La polizia rileverà: manca l’arma del delitto, l’assassino se l’è portata via. Ma come è entrato? Il fidanzato ha un alibi di duemila chilometri. Lo sconosciuto, respinto alle 4, ha trovato ospitalità altrove. Interrogato dagli agenti, Ned rivela di aver incontrato quella sera davanti all’ascensore un tipo mai visto prima, vestito come uno che va in palestra. Erano le 7. Shawn poteva essere già morto a quell’ora? Nei filmati in effetti si vede Ned sul pianerottolo con un tipo la cui faccia è coperta da un cappuccio. Uno dei poliziotti chiede: «Sembrava un arabo?». Ned, perplesso, dice di no. L’agente: «Be’, capite: sgozzato, a due passi da dove stavano le Torri Gemelle... È una faccenda che sa tanto di Isis». La moglie di Ned ha un fremito: nella sua testa c’è già un cartello Vendesi alla porta dell’appartamento appena acquistato. La notizia è on line: siti e blog la sparano, esagerando. Parlano di «residenza per milionari», «catena di morte a Wall Street», «ombra del terrorismo». Qualcuno fa festa: un banchiere di meno. Pasdaran dell’ambiente non si danno la pena di verificare che cosa esattamente facesse Shawn, in banca. A Ned viene chiesto di andare l’indomani al distretto di polizia per registrare la sua deposizione. Lo fa. Quando torna il giallo è risolto. PAUSA PUBBLICITARIA Forget Simpson. Watch American Dad! Alla fine di Misterioso omicidio a Manhattan, Woody e Diane scoprono che non c’è stato alcun delitto: la sorella gemella della loro vicina è morta d’infarto. I coniugi della porta accanto hanno scambiato le identità per poter intascare l’assicurazione sulla vita della moglie, che nell’attesa si è nascosta in un albergo non lontano. Anche qui, al 120 di Greenwich Street, non c’è stato delitto, scopriamo. Quando il procuratore ha dato il permesso di rimuovere il cadavere e l’hanno sollevato, sotto la schiena è apparso un coltello. Shawn si è tagliato gola e polsi da sé. Il coroner aveva subito detto: ferite da suicidio, non fosse che manca l’arma con cui prodursele. Shawn si era imbottito di alcol, droga e sesso a pagamento. Alle 4 di notte ha visto cose che non erano lì. O, peggio, che c’erano e non poteva tollerare. La vita e i suoi doni, come la morte e le sue ferite, sono spesso equivocabili. Dai poliziotti, dai blogger e da noi stessi. E per questo non meritiamo perdono.