Antonio Satta, MilanoFinanza 2/12/2014, 2 dicembre 2014
AVVERTIMENTO DELL’ABI ALLA BCE
Non si possono continuare a cambiare le regole a gioco iniziato. Il messaggio che l’Abi lancia da Ravenna, nel decimo appuntamento seminariale con la stampa economica, non potrebbe essere più chiaro, e i destinatari sono la Bce e più in particolare il Consiglio di vigilanza, il nuovo organo a cui spetta il coordinamento della Vigilanza unica europea sulle banche. Proprio venerdì scorso, mentre il presidente, Antonio Patuelli e il direttore generale dell’Associazione bancaria, Giovanni Sabatini, aprivano i lavori a Ravenna, l’agenzia Reuters batteva un’intervista del presidente del Consiglio di vigilanza, la francese Danielle Nouy, nella quale ha fatto capire che l’organismo da lei guidato potrebbe usare i suoi poteri per imporre il rafforzamento delle riserve di capitale anche alle banche che hanno superato gli stress test con qualche affanno. Nell’intervista Nouy, infatti, ha spiegato che «c’è un numero di banche che ha superato il comprehensive assessment, ma potrebbe non riuscirci la prossima volta». Anche questi istituti dovranno dimostrare che sono in grado di generare profitti sostenibili, nel caso contrario potrebbero essere costrette a vendere le divisioni in perdita. In ogni caso, anche se non è certa la realizzazione di un nuova campagna di stress test nel 2015, la Bce condurrà una «campagna di supervisione» per analizzare la redditività degli istituti di credito, focalizzandosi su qualsiasi concentrazione di rischi legati alla scarsa qualità degli asset nei portafogli o a una cattiva condotta.
Segnali che preoccupano l’Abi, proprio perché gli ultimi stress test hanno lasciato l’amaro in bocca. Non tanto per i risultati delle banche italiane, che hanno superato tutte il vaglio dell’Aqr, ossia la revisione della qualità degli attivi, e solo due hanno avuto problemi di sostenibilità nella simulazione di nuove e ancora più violente crisi economico-finanziarie, quanto per i criteri utilizzati nella valutazione stessa, che hanno penalizzato gli istituti del Bel Paese. Negli stress test, e comunque nelle valutazione della Bce, secondo Patuelli, serve «una maggiore uguaglianza dei punti di partenza», per esempio, «il credito dato a imprese e famiglie non deve pesare troppo e non deve pesare troppo poco tutto ciò che è speculativo e di carattere finanziario non produttivo».
Come dimostrano le tabelle pubblicate in pagina, infatti, le banche commerciali già vengono penalizzate nella redditività dalla crisi e dalla caduta del pil, Se poi proprio questi istituti, che sono quelli che devono fornire il credito all’economia, finiscono per essere ulteriormente penalizzati rispetto alle banche d’investimento, anche dalle regole di vigilanza, la ripresa rischia di rimanere un miraggio. Ricordando che molte delle banche Ue sotto esame hanno goduto durante la crisi di 250 miliardi di aiuti pubblici decisi dai rispettivi governi, e che nessuna banca italiana ha preso soldi pubblici a fondo perduto, Patuelli ha quindi sottolineato che tale sostanziale differenza non è stata rilevata ai fini delle valutazioni Ue, come non hanno pesato neanche le multe inflitte a chi ha effettuato «manipolazioni gravissime degli indici. Può essere questo un elemento irrilevante?» L’Abi punta, insomma, ad assicurare agli istituti di credito nazionali un terreno di gioco livellato, chiedendo alle istituzioni Ue un testo unico bancario europeo oltre a un diritto unico penale in economia. «L’unione bancaria, senza un’Unione finanziaria e fiscale, rischia di restare zoppa. Un’unione incompleta», ha concluso Patuelli, «non risolve le contraddizioni, ma le fa esplodere». E sul tema, proprio ieri è arrivata l’apertura di Pier Carlo Padoan, secondo il quale «oltre all’Unione monetaria e al mercato interno va perseguita un’Unione dei mercati nei capitali, fare in modo che lo strumento finanziario sia posto veramente al servizio della crescita, e più in là forme concrete e realizzabili di Unione fiscale che implica problemi più profondi perché implica cessioni importanti di sovranità».
Antonio Satta, MilanoFinanza 2/12/2014