Francesco Pacifico, IL 12/2014, 2 dicembre 2014
SCENE DI CONVERSAZIONE
I telegiornali della sera non sono tutti uguali. Ecco un campione di tg serali preso il 3 novembre, un lunedì.
Durante i titoli, il Tg1 ha una musichetta scampanellante dedicata ad Halloween, già sentita la sera prima su titoli come «Profanazione a Dachau». L’apertura è tutta su Matteo Renzi per diversi minuti («c’è un disegno per spaccare l’Italia...»), ma la cosa che svetta è la presa di posizione su Brittany, la donna americana malata terminale di cancro al cervello che ha scelto l’eutanasia: «Ma c’è anche chi con la stessa malattia ha fatto una scelta diversa». «Speriamo che sia stato davvero così... che la sua battaglia sia stata la scelta giusta». Si dà la parola a Giovanni Danza, un uomo malato di glioblastoma: «Non vorrei che in un momento di fragilità, di solitudine», qualcuno «potesse prendere ispirazione». «Il cancro mi ha dato la consapevolezza della fede». «La vita è un dono di Dio».
Il Tg5 si presenta così: conduttrice in abito nero quasi da sera, tono sobrio, legge i titoli senza musica. Parla in maniera equilibrata di Renzi e delle manifestazioni di Fiom e Cobas, poi all’improvviso lascia molto spazio a Berlusconi, che prima dice «meno tasse sulla casa», poi definisce «un tranquillo colpo di Stato» la sua esclusione dalla politica. Colpisce vedere una chiosa cattolica anche nel primo tg Mediaset, stavolta sulla vicenda dei sindaci che ratificano le nozze gay: il cardinale Poletto «spiega come il matrimonio vero è tra un uomo e una donna».
Dietro alle due ammiraglie troviamo un Tg2 più grigio di come lo ricordavo. Titoli pronunciati male su una sigla arrembante un po’ FoxNews. Come su Rai 1, scorre una miscellanea di interventi dei politici nel servizione senza verve. Sembra un tg che non appartiene a nessuno, ma con uno spin popolare in frasi come «intanto le previsioni dell’Istat non sono rosa». È pieno di cifre, compilativo, ottundente, per poi aprirsi in servizi di buon senso – «il negozio si trasforma in appartamento... badate: tutto in regola», per l’ex officina trasformata in loft, con l’esperto impagliato che parla a mezzo busto dentro il loft in questione – o sentimentale, come nel caso di Brittany, affrontata più dal lato del popolo che del clero: «Brittany è morta, ma la sua battaglia non è finita», e l’America è «divisa fra chi gggiudica» e chi no. Chicca finale, la prosa accorata del servizio sull’importanza dei vaccini, che critica le «tante campagne soprattutto in Rete che diffondono dati che di scientifico non hanno veramente nulla... e di morbillo si muore ancora».
Il Tg3 non è fazioso in politica e rivela le sue inclinazioni altrove: tutti i tg parlano dell’assoluzione in appello degli imputati per la morte di Stefano Cucchi, ma il Tg3 è l’unico a riferire della campagna virale A uccidere Stefano Cucchi sono Stato io, «con quella S maiuscola a inchiodare un intero sistema giudiziario alle sue responsabilità». Molto spazio allo sciopero degli infermieri, e «una ferita aperta nel cuore di Genova» per il lungo pezzo sul rischio idrogeologico, in attesa di nuove alluvioni. Infine, è l’unico tg a citare la lettera aperta al premier israeliano di cento ex militari israeliani di alto livello che scrivono: «Possiamo arrivare alla pace».
Per il Tg4 ciò che conta è il linguaggio: «Tasse e balzelli pesano sempre di più», «quello che non è mai a rischio sono i privilegi dei dipendenti pubblici», «e per i boiardi, premi a gogò», «in soldoni vuol dire altri due anni difficili per le famiglie», e il geniale servizio sulla crisi che dice «le famiglie italiane continueranno a ballare», su immagini di gente in palestra e musica techno.
Nel servizio successivo, la foto dietro la conduttrice è una mano che sfila banconote da un portafoglio. La cronaca: un servizio su una donna scomparsa si concentra su un’intervista all’amica, che si difende dalle accuse di essere troppo intima col marito della vittima: «Se una persona dà una mano a un’altra persona che è in difficoltà non per forza dev’essere l’amante», dice lei, sopra una musica da thriller che trasforma placidamente la tragedia in hard-boiled.
Infine, i tre “tg non-tg”. Quello di Enrico Mentana su La7 è discorsivo, è un racconto che parte dall’intro prima dei titoli, con frasi colloquiali eleganti come «quindi capite la portata della polemica», e il tono da editoriale scritto: «C’è una vicenda della Corte costituzionale... sfibrante...», «il premier evita accuratamente di dire come si crea lavoro, come si rilancia il Paese».
Lo stesso effetto lo cerca Sky con il tg serale, che dura un’ora, dalle sette alle otto, e con collegamenti tra studio e inviati crea un’idea di presa diretta, di appena fatto, con la conduttrice che chiede all’inviato come sta andando l’alluvione o Montecitorio.
Lo analizzo il 5 novembre, due sere dopo gli altri, in piena allerta meteo. Sigla, titolo breve, toni bassi. La conduttrice è in piedi dietro a un muro di schermi. Immagini da un elicottero che sorvola Carrara, come copertina per «dare il senso e la misura di quel che è successo». Tir che portano marmo per tamponare le esondazioni. Dopo un quarto d’ora, si chiede all’inviato da palazzo Chigi un menu dei temi politici. «Si sta vivendo una situazione di stallo». Dopo mezz’ora, uno stacco pubblicitario resetta il tg: si riparte come da zero, con i titoli, e poi subito un’intervista in diretta, stile «conversazione franca», a un’europarlamentare pd.
Ed è anti-tg anche Studio Aperto, infinito “magazine” di 43 minuti, che va in onda presto, alle 18.30, e ha un assetto originale. La parte politica si snocciola rapidamente, non ci sono titoli, e all’improvviso, prima del decimo minuto, il filmato sul rapper El Nigno, morto in strada per colpa di un pirata. Mandano un filmato del giovane che rappa un «rap fresco, scritto col cuore, il cuore di uno che ce la mette tutta per arrivare». «Se fosse stato soccorso subito, forse, si sarebbe salvato».
Seguono sciagure dai risvolti politici. Malasanità: una donna con forti dolori addominali viene dimessa dall’ospedale e muore. Guerra tra poveri per una casa abusiva a Milano. Ma pure Conchita Wurst, cantante transessuale, che canta all’Onu. È un contenitore vario, scatenato. C’è l’Isis, e la storia di Mohamed, francese maghrebino che progettava un attentato, arrestato. «Quei ragazzi», «adolescenze fragili», con uomini spietati a «manovrarli come burattini». E di giovinezza in giovinezza, teneramente, ecco la storia sul ragazzo americano genio della breakdance. E poi i criminali bòni, le cui foto segnaletiche fanno il giro del web. Questo carosello da serata su YouTube finisce con «il segreto del tormentone» e il delizioso, tautologico, «i brani più melodici sembrano essere i più orecchiabili».
I tg più orecchiabili, già che ci siamo, sono Tg La7, Sky Tg24 e proprio Studio Aperto. Si sa che La7 e Sky sono per gli snob. Il Tg3 è come il vinile. Quanto al ceto medio, la questione è: meglio l’imbambolamento del Tg2 o la più diretta, folle esperienza psichedelica di Tg4 e Studio Aperto? Una cosa è evidente: c’è più rispetto per le fasce alte e basse della popolazione che per la massa al centro. La brava gente del ceto medio deve prendere il tg come una medicina, agli estremi invece ci si può un po’ divertire.