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 2014  novembre 29 Sabato calendario

DUE MOSSE BEN FATTE


[Sara Carini]

«Che bello farsi truccare, acconciare e fotografare: mi era successo solo una volta, quando mi sono sposata». La piccolagrande Sara Cardin, 27enne di Conegliano Veneto, si gode il suo momento: stavolta non è andata all’altare, ma è salita sul gradino più alto del podio ai Mondiali di karate (-55 kg). Una vera impresa, se si pensa che è stata la terza italiana nella storia a riuscirci dopo Sara Battaglia, prima non giapponese a vincere nel kata, ossia nelle forme, nel 2006, e Greta Vitelli nel 2010, come lei nel kumite, l’arte del combattimento (ma nei68 kg).
«Fa scalpore perché di solito è il gruppo maschile che va forte. Nemmeno io me l’aspettavo anche se ci ho creduto fino alla fine... e pure all’inizio: mia mamma racconta sempre che da piccola correvo per casa vestita da guerriera, con una spada di legno in mano, gridando “campioni del mondo!”. Già allora pensavo solo al karate».
Quando ha iniziato?
«A 7 anni. Prima avevo fatto ginnastica artistica e danza, ma non erano per me: avevo troppa energia in corpo da sfogare. Ho provato il karate perché l’avevo scoperto in tv: io non guardavo Candy Candy, preferivo Karate Kid. Quando il mio vicino di casa, che era un maestro, mi indirizzò alla palestra di Ponte di Piave, capii subito che non me ne sarei più andata».
Ricorda la prima volta che ha indossato un kimono?
«Certo! Mi sentivo un po’ ingessata, come se stessi mettendo un’armatura, però ero così fiera della mia divisa e della mia cintura bianca!».
Il karate è uno sport da consigliare ai bambini?
«Sì, assolutamente. E lo dico con cognizione di causa, perché lo insegno da cinque anni. Sviluppa abilità di base come la coordinazione e l’equilibrio, aumenta l’autostima e la sicurezza in se stessi. Perciò lo consiglio anche alle donne: imparare qualche tecnica di autodifesa, in caso di aggressioni, aiuta a non irrigidirsi e a reagire nel modo giusto. Con tutto quello che si sente adesso...».
Il karate però non è visto come uno sport femminile: quando racconta a qualcuno che lo pratica, qual è la prima reazione?
«Mi chiedono sempre se rompo le tavolette! E se sono pericolosa, come se andassi in giro a menare la gente... Devo sempre spiegare che nel karate non bisogna ledere l’integrità fisica dell’avversario, che dobbiamo imparare a controllarci».
Controllarsi fa parte della filosofia del karate, che è anche una disciplina mentale: quanto l’ha cambiata come persona?
«Ha migliorato il mio autocontrollo, anche se resto molto emotiva. Mi ha insegnato a gestire meglio le situazioni, a non farmi prendere dall’ansia. In gara e nella vita».
A proposito: si può vivere di karate?
«Mi piace questa domanda perché fino al 29 settembre, giorno in cui finalmente sono stata arruolata nell’Esercito, è stata dura. Ho fatto tanti lavoretti per portare avanti questa mia passione: ho aiutato papà che è agricoltore, facevo la raccolta degli asparagi e la vendemmia, qui è zona di prosecco; ho fatto il promotore finanziario, la baby sitter... tutto quello che capitava andava bene».
Difficile entrare nell’Esercito?
«Sì, erano diversi anni che facevo domanda per un Gruppo sportivo, ma non essendo il karate sport olimpico c’erano molte difficoltà. L’Esercito era quello cui aspiravo di più perché mi ha sempre affascinato».
Secondo lei perché oggi si entra nell’Esercito: per il fascino della divisa, per la voglia di difendere la Patria o per il bisogno di trovare un lavoro?
«Un po’ per tutte queste cose, non ultima i valori che l’Esercito rappresenta. E che io condivido».
Ma, a livello pratico, che cosa fa un caporale come lei?
«Beh, io sono stata arruolata come sportiva, dunque il mio compito è allenarmi bene, fare le gare e cercare di portare in alto la maglia dell’Esercito».
Allora ha iniziato alla grande! Ha già chiesto l’aumento?
«Mi piacerebbe aver incrementato le possibilità di un rinnovo: come atleta ho un contratto a termine, che è di quattro anni».
Sperando allora che per il gentil sesso ci sia un occhio di riguardo: quest’anno, per la prima volta nella storia, una donna – la senatrice Roberta Pinotti – è diventata ministro della Difesa. Che cosa ne pensa?
«Penso sia un bel passo avanti e ne sono felice perché io sono sempre dalla parte delle donne. Credo che abbiamo una marcia in più, dunque mi auguro che ce ne siano sempre di più a ricoprire ruoli prestigiosi e impegnativi».
Per le donne conta anche la bellezza, qualità che a lei non manca. Questo titolo mondiale può essere l’occasione per lanciarsi in qualche avventura tipo la tv, com’è capitato a molte sue (belle) colleghe di altri sport?
«Sinceramente non ci ho pensato, ma se la mia immagine dovesse aiutare a far conoscere il karate, ben volentieri. Già adesso mi sto divertendo tanto: le feste, le interviste e questo servizio fotografico sono già un bel regalo post medaglia. Finché dura, me lo godo».
E poi torna sul talami...
«Ovvio, come sempre. Mi alleno tutti i pomeriggi, spesso anche la mattina per la parte atletica».
Restando in tema di allenamenti: ha sposato il suo allenatore. Paolo Moretto...
«Già, meglio non litigare in casa perché se no lo meno! A parte gli scherzi, essere allenati dalla persona che ti ama è il massimo: quello che ti dice vale doppio».
E gli svantaggi?
«Quelli di tutte le coppie che lavorano assieme: a volte non si stacca. Per dire: quando mi insulta, sportivamente parlando, capita che gli tenga il muso anche a casa».
Una curiosità: per le donne il rapporto con l’allenatore è sempre simbiotico. Quando ha capito che il suo era invece amore?
«Quand’ero ragazzina lo guardavo con occhietti adoranti, per me il maestro era la perfezione. Poi a un certo punto ho iniziato a vedere i suoi difetti: allora ho capito che lo stavo guardando con occhi diversi. E continuavo ad avere le farfalle nello stomaco...».
Da quanto vi allenate insieme?
«Da sempre! È stato il mio primo maestro, quando avevo 7 anni. Il rapporto è cambiato molto tempo dopo, ne avevo 20».
Tanti quanta la differenza d’età che c’è fra di voi: questo non ha mai costituito un problema, magari agli occhi degli altri, dei suoi genitori?
«Ma no, i miei l’hanno presa bene, anche perché lo conoscevano e sapevano che è una brava persona, che mi vuole molto bene. Magari speravano che lo dicessi prima perché per molto tempo l’abbiamo nascosto, e loro pensavano chissà cosa. Beh, non è stata una pazzia: dopo dieci anni siamo ancora insieme. Anzi: siamo marito e moglie».
Il giusto coronamento di una storia d’amore. Quello della sua storia sportiva, dopo aver vinto campionati italiani, europei e mondiali, sarebbe invece una medaglia ai Giochi. Però per l’Olimpiade di Rio 2016 non se ne parla: il Cio, al karate, ha preferito rugby e golf...
«Purtroppo sì. Io credo nel karate, per le qualità tecniche e di spettacolo, e anche perché ci sono tantissimi praticanti di tutte le età. È brutto che non sia stato ammesso ai Giochi, non so quale sia il motivo; credo difficoltà a livello politico, o di immagine. E mi spiace tanto perché partecipare ai Giochi, ovviamente, è il mio sogno come karateka».
E il suo sogno nella vita?
«Per ora li ho avverati tutti. Io penso sempre a una cosa alla volta, quindi il mio prossimo sogno è fare finalmente il viaggio di nozze: quando ci siamo sposati, a fine luglio, avevamo i Mondiali da preparare...».