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 2014  novembre 29 Sabato calendario

VIVO SOLO DI VOLUMI E FORME (D’AMORE)


«Ricordo ancora l’indirizzo della casa dove, a 19 anni, andai a vivere a Firenze. Avevo una stanza in via Panicale, al 9. Mi ero potuto permettere il viaggio grazie al premio in denaro del concorso nazionale per giovani pittori colombiani. La mia “scuola” furono i musei: ogni giorno andavo a studiare le tecniche del colore usate da Masaccio, Piero della Francesca, Andrea Mantegna. Rimanevo per ore seduto davanti a quadri e affreschi del Rinascimento. E poi adoravo i Macchiaioli, e Giovanni Fattori. Sono un autodidatta, piazzavo il cavalletto davanti a Palazzo Vecchio e dipingevo». Sono trascorsi più di sessant’anni e Fernando Botero, nel frattempo, è diventato l’artista contemporaneo più prolifico, ricco (il prezzo medio di un suo dipinto è di 450 mila dollari, mentre le sculture partono da 830 mila) ed esposto del mondo. Con le mostre in corso all’Ambasciata della Colombia di Santiago del Cile incentratate sul ciclo di pitture Via Crucis, la Passione di Cristo, al Museo de Antioquia di Medellin e quella di prossima apertura all’Art Fair di Singapore (nel 2015 esporrà anche al Festival dei Due Mondi di Spoleto e al Palazzo dei Normanni di Palermo), l’82 enne colombiano ha battuto il record mondiale di “personali”. «Ho superato le 180 mostre, di cui la metà in musei. Se penso a mio padre che si guadagnava da vivere andando a vendere a dorso di mulo la mercanzia nei villaggi delle Ande, mi vengono i brividi» racconta nel laboratorio di scultura di Pietrasanta, il paese in provincia di Lucca dove coi suoi “fedelissimi” della fonderia Mariani dà vita a procaci e monumentali matrone. «In quella pensione di Firenze io pagavo l’equivalente di un dollaro al giorno, con tre pasti inclusi. Il mio corpo si è trasformato da allora, ho raggiunto l’agiatezza, ma posso assicurarvi che dentro non sono cambiato: ho ancora la stessa energia, sono animato dal medesimo terremoto creativo interiore che mi scuoteva quando, a 17 anni, decisi di fare il pittore. C’è ancora dentro di me una parte nuda, vergine, ignota che ogni giorno, col pennello in mano, provo a colorare, riempire. Penso che l’arte sia l’unica forma per cercare di semplificare le preoccupazioni della vita, per alimentare quel desiderio di eternità che c’è dentro ognuno».
Antonio, il suo fedele assistente, gli passa per un attimo la fiamma ossidrica. C’è una delle “sue” donne che ha bisogno di un ultimo ritocco. «Mi chiedono sempre, ancora, perché amo le signore grasse. Se ci pensate, è semplice: esprimono la sensualità, l’esaltazione della vita. L’arte ha la capacità di esagerare: tutti calcavano la mano col colore, io ho realizzato che il mio stile sarebbe stato unico se avesse ecceduto nelle forme dei soggetti. Il volume per me è tutto. Però nella vita sentimentale sono piuttosto eclettico, ho amato sia donne magre che grasse. La mia terza e attuale moglie (l’artista greca Sophia Vari, ndr) pesa 55 chili! Quindi non sono ossessionato dal peso, anche se ammetto che quando ho fatto l’amore con donne dalle forme più abbondanti ho provato molto piacere».

Anche la vita di Botero si è come snellita. L’artista vive tra la Colombia, il Principato di Monaco, la Versilia e New York dove è stato appena pubblicato un pregiatissimo volume illustrato intitolato Bullfight («Da ragazzo presi lezioni per diventare matador, poi la corrida preferii dipingerla»), ma il suo stile di vita è morigerato. «Mi alzo presto e dipingo per almeno cinque ore. Esco a prendere il caffè nella piazza di Pietrasanta, che mi ha adottato e a cui, per ricambiare, ho regalato tantissime sculture monumentali. Ormai non posseggo quasi più alcuna opera: ne ho donate duecento - tra opere mie e capolavori che ho collezionato - al Museo di Bogotà che porta il mio nome. Ho posto come condizione al governo che l’ingresso fosse gratuito per l’eternità. Ogni anno lo vengono a visitare più di mezzo milione di persone, tra i quali tantissimi giovani, attratti dalle mie donne, certo, ma anche dai dipinti di Degas, Renoir, Sisley, Chagall, dalle sculture di Giacometti, Manzù, Marini. Il barrio della Candelaria è rifiorito, le strade sono sempre piene di gente, hanno aperto ristoranti, strutture ricettive. Tutti i governi, soprattutto quello del vostro Matteo Renzi, dovrebbero investire partendo da un atto di generosità che alla lunga può rivelarsi economicamente più vantaggioso di un semplice biglietto di ingresso regalato». E chissà che, confuso tra i visitatori, con il quaderno degli schizzi in mano e il cavalletto tra le gambe, non ci sia il nuovo Botero.